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Com’è noto, le cosiddette strade urbane di scorrimento possono essere soggette ai controlli mediante autovelox e alle contestazioni differite, ma questi sono ammessi solo nei percorsi che per intero o per tratti estesi presentino i requisiti necessari per questa classificazione stradale.

A precisarlo la Cassazione, con l’ordinanza n. 9682/21 depositata il 13 aprile con la quale la Suprema Corte è tornata sull’annosa questione.

 

Un automobilista presenta opposizione contro una multa per eccesso di velocità

A monte, naturalmente, il ricorso proposto da un automobilista contro una sanzione amministrativa che gli era stata irrogata per la violazione del limite di velocità rilevato a mezzo autovelox lungo viale Etruria a Firenze. Il giudice di pace aveva accolto la sua opposizione al verbale, ma il Tribunale fiorentino, con sentenza del dicembre 2018, aveva accolto il ricorso presentato dal Comune confermando quindi la multa. Secondo i giudici, il viale in questione possedeva i requisiti minimi della strada urbana di scorrimento, ai fini dell’applicazione del disposto di cui all’art. 4 d.l. n. 121 del 2002, conv. dalla 1. n. 138 del 2002.

In discussione la classificazione come strada urbana di scorrimento

L’automobilista però non si è dato per vinto ricorrendo per Cassazione. La particolarità del ricorso sta nel fatto che il suo promotore ha contestato il fatto che l’accertamento svolto dal Tribunale, e condotto a mezzo dell’esame di rilievi fotografici, avrebbe riguardato solo alcuni tratti di quel viale e non l’intero percorso stradale, e quindi sarebbe stata priva di riscontro la ritenuta presenza, su di esso, dei requisiti minimi della strada urbana di scorrimento.

Secondo il ricorrente, quell’arteria, al contrario, non avrebbe presentato le caratteristiche per essere classificato come strada urbana di scorrimento, in quanto mancavano la banchina pavimentata a destra e i marciapiede e, al contrario, vi erano diverse  intersezioni a raso non semaforizzate.

 

La Suprema Corte gli dà ragione

Per la Suprema Corte i motivi di doglianza sono fondati “nella parte in cui – spiegano gli Ermellini – contestano la genericità dell’accertamento effettuato dal Tribunale riguardo alle caratteristiche del percorso stradale lungo il quale è stato rilevato l’eccesso di velocità del veicolo del ricorrente”.

La Cassazione ribadisce che “possono essere sottoposti al controllo con sistema automatizzato e alla contestazione differita delle relative violazioni i percorsi che – per intero o per tratti ragionevolmente estesi – presentino i requisiti necessari per la classificazione come strada urbana di scorrimento, indicati dall’art. 2, comma 3, lett. D), del codice della strada”.

Nello specifico, secondo i giudici del Palazzaccio, la sentenza impugnata non ha chiarito se questi requisiti minimi (per l’appunto, la banchina pavimentata a destra, marciapiede e aree di sosta) “fossero presenti sull’intera lunghezza di Viale Etruria o su uno o più tratti indicati, che debbono essere specificamente indicati nel decreto prefettizio ex art. 4 d.l. n. 121 del 2002”.

Inoltre, la Suprema Corte ha rilevato anche che il pronunciamento oggetto di ricorso aveva fornito una nozione di banchina “non conforme a quella enucleata dalla giurisprudenza di questa Corte e incentrata sul profilo funzionale dell’elemento in questione, il quale deve assicurare la fluidità del traffico in caso di sosta di emergenza”.

Di qui dunque l’accoglimento del ricorso con rinvio al Tribunale di Firenze, in persona di altro magistrato, per un nuovo esame dell’opposizione alla sanzione sulla base dei principi riaffermati dalla Cassazione.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Responsabilità della Pubblica Amministrazione

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