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Il ristoratore che usa cibi surgelati deve segnalarlo adeguatamente nel menu, altrimenti rischia una condanna penale. È quanto emerge dalla recente sentenza n. 56105/2018 della Cassazione, che ha confermato la condanna a carico del titolare di un ristorante per il reato di frode in commercio, fissando un importante paletto a tutela della trasparenza alimentare e del consumatore.

L’uomo era stato condannato in primo grado a pagare 600 euro di multa per il reato di cui agli artt. 56 e 515 del codice penale, data la detenzione per la vendita di prodotti ittici congelati senza renderne edotti i consumatori nel menu. In secondo grado, la corte d’Appello concedeva al ristoratore i doppi benefici di legge. L’imputato però adiva il Palazzaccio ritenendo che non poteva dirsi concretizzata la fattispecie del tentativo di frode in commercio, atteso che il problema si era posto solo per due piatti (nella specie sfogliata di polpo e gambero rosso e la crudità di scampi di Sicilia e gamberi) e che, in ogni caso, gli alimenti in questione dovevano essere posti in vendita esclusivamente come congelati per espressa disposizione di legge, senza necessità quindi di alcuna comunicazione.

Per la terza sezione penale della Suprema Corte, però, il ricorso è inammissibile. Basta la “mera disponibilità, nella cucina di un ristorante, di alimenti surgelati, seppure non indicati come tali nel menu, indipendentemente dall’inizio di una concreta contrattazione con il singolo avventore” per integrare il reato tentato di frode in commercio. Infatti, proseguono gli Ermellini, “la detenzione di alimenti congelati o surgelati all’interno di un ristorante, senza che nella lista delle vivande sia indicata tale caratteristica, è idonea ad integrare il reato de quo, trattandosi di condotta univocamente idonea a consegnare ai clienti un prodotto diverso, per qualità, da quello dichiarato“.

Al riguardo, osservano i giudici, secondo il costante e condiviso insegnamento della giurisprudenza, “può infatti concretizzare la fattispecie di reato anche il semplice fatto di non indicare nella lista delle vivande, posta sui tavoli di un ristorante, che determinati prodotti sono congelati, in quanto l’esercizio di ristorazione ha l’obbligo di dichiarare la qualità della merce offerta ai consumatori, di tal che la mancata specificazione della qualità del prodotto (naturale o congelato) integra il reato di tentata frode nell’esercizio del commercio, perché la stessa proposta di vendita non veritiera, insita nella lista vivande, costituisce un atto diretto in modo non equivoco a commettere il delitto di cui all’art. 515 cod. pen. (cfr. Cass. . 5474/2013, Cass. n. 899/2015, e più di recente Cass. n. 38793/2018)”.

Da qui, data la manifesta infondatezza dell’impugnazione, l’inammissibilità del ricorso.

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Dott. Nicola De Rossi

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Blog Responsabilità della Pubblica Amministrazione

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