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A fine locazione l’inquilino di un immobile non è obbligato a eliminare le “conseguenze del deterioramento” provocate dal suo uso.

Il proprietario, cioè, non può pretendere che l’inquilino, al termine del contratto di affitto, rimetta la casa a nuovo, ad esempio ritinteggiandone le pareti eventualmente rovinate. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che, con la sentenza 29329/2019 depositata il 13 novembre 2019 – sentenza che sta facendo discutere –  ha sciolto una volta per tutte il nodo rappresentato dai vari aspetti del fine locazione, spesso specificati all’interno del contratto, talvolta pretesi dal locatore anche se non scritti da nessuna parte.

 

Un contenzioso tra locatore e locatari

La vicenda. Il Tribunale di Ancona, a cui si era rivolto il proprietario di un immobile, con sentenza n. 900/2015 aveva dichiarato la legittimità del recesso dal contratto di locazione esercitato dai due affittuari e aveva respinto le altre domande  del ricorrente, volte ad ottenere la risoluzione per inadempimento del contratto di locazione e la condanna dei conduttori e dei due garanti delle loro obbligazioni al pagamento delle spese condominiali, dei canoni di locazione insoluti, delle spese di registrazione del contratto e delle spese di tinteggiatura dell’appartamento.

Il proprietario aveva appellato la decisione di prime cure dinanzi alla Corte d’Appello di Ancona, insistendo per l’accertamento dell’illegittimità del recesso esercitato dai conduttori, per la risoluzione del contratto per il mancato pagamento dei canoni di locazione, aggiornati secondo le variazioni Istat previste dal contratto, dall’1 luglio 2010 al 31 maggio 2012, per un totale di 13.573,80 euro, per il mancato pagamento degli aggiornamenti Istat sui canoni di locazione di maggio e giugno 2010, per un totale di euro 15,45 euro, per il mancato pagamento delle spese condominiali dall’1 giugno 2008 al 31 maggio 2012, per un totale di euro 1150,31, e per la mancata tinteggiatura dell’appartamento al momento della riconsegna dell’immobile nonché per la condanna dei due garanti tenuti a garantire le obbligazioni dei conduttori in virtù di scrittura privata del 30 aprile 2008.

La Corte d’Appello aveva accolto parzialmente l’appello, dichiarando risolto il contratto e condannando gli appellati in solido al pagamento di euro 650,63 più 134,10 più 1697,11 oltre agli interessi dal dovuto al saldo, rigettando l’appello incidentale e liquidando le spese di lite compensate per metà.

 

Gli inquilini ricorrono per Cassazione

Contro questa sentenza gli affittuari e i garanti hanno proposto ricorso per Cassazione. Ciò che qui interessa, però, è uno dei motivi del ricorso incidentale condizionato opposto dal locatore.

Il quale contestava il fatto che la corte territoriale non avesse preso adeguatamente in esame uno dei punti al centro del contenzioso, ovvero l’articolo 4 del contratto di locazione nonché il punto 1 del verbale di consegna, aventi ad oggetto e disciplinanti le spese di tinteggiatura dell’appartamento.

La Corte territoriale aveva escluso che i conduttori fossero tenuti a ritinteggiare l’appartamento con una motivazione  – “le condizioni dell’immobile non sono dovute all’utilizzazione del medesimo ma ad inconvenienti strutturali” – secondo il proprietario del tutto avulsa dalle obbligazioni contrattuali che imponevano di ritinteggiare l’immobile a prescindere dalle cause di restituzione.

 

Il proprietario non può pretendere la ritinteggiatura del suo appartamento dagli inquilini

Ed è appunto qui che la Corte di Cassazione, respingendo il motivo di doglianza, spiega che “la costante giurisprudenza della Suprema Corte è nel senso che la clausola che obbliga il conduttore ad eliminare, al termine del rapporto, le conseguenze del deterioramento subito dalla cosa locata per il suo normale uso (nella specie, ponendo a suo carico la spesa per la tinteggiatura delle pareti) deve considerarsi nulla, ai sensi dell’art. 79 della stessa L. n. 392 del 1978, perché, addossando al conduttore una spesa di ordinaria manutenzione, che la legge pone, di regola, a carico del locatore (art. 1576 c.c.), attribuisce a quest’ultimo un vantaggio in aggiunta al canone, unico corrispettivo lecitamente pattuibile a carico del conduttore.

Ne consegue – conclude la Suprema Corte – che la spesa per la tinteggiatura non può essere posta a carico del conduttore, atteso che rientra nel normale degrado d’uso il fatto che dopo un certo periodo di tempo i mobili e i quadri lascino impronte sulle pareti”.

Dunque, secondo gli Ermellini, laddove il proprietario di un immobile obbligasse l’inquilino, a fine locazione, a ritingere le pareti, otterrebbe un vantaggio extra-canone.

La Cassazione ha imposto lo stop a questo tipo di vantaggi, anche se sottoscritti con altri patti. Certo, la casa dovrà essere riconsegnata al legittimo proprietario in uno stato commisurato alla durata della locazione, accettabile e quanto più vicino al primo giorno di locazione, ma il proprietario non può comunque pretendere che l’immobile sia completamente rimesso a nuovo dall’inquilino al termine della locazione. Nel caso in cui dovessero rendersi necessari lavori di rimaneggiamento, come ad esempio verniciare le pareti, dovrà farsene carico il proprietario.

Per anni la questione della tinteggiatura dell’appartamento al termine del contratto di locazione non era di fatto disciplinata da alcuna norma legislativa specifica. Fin qui era previsto che il locatore dovesse consegnare l’immobile in “buono stato manutentivo” affinché potesse essere mantenuto “idoneo all’uso convenuto”.

Ma da ora in avanti il locatore non potrà più obbligare o pretendere gli inquilini a eliminare le conseguenze del deterioramento.

 

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Responsabilità della Pubblica Amministrazione

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