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Com’è ampiamente noto, la tutela del terzo trasportato dal punto di vista risarcitorio è (o dovrebbe essere) massima e in caso di incidente va sempre risarcito indipendente dalla dinamica e dalla responsabilità dei conducenti interessati.

C’è tuttavia un caso in cui esiste un “vulnus”, quello del sinistro che veda coinvolto unicamente il mezzo di cui era passeggero, come la classica fuoriuscita di strada autonoma, e in tal senso l’ordinanza n. 40558/21 depositata dalla Corte di Cassazione il 17 dicembre 2021 fa riflettere.

 

Il passeggero di un ciclomotore chiede i danni di un incidente al conducente

Il caso su cui si sono espressi gli Ermellini è quello del passeggero di un motociclo rimasto seriamente ferito a casa di un incidente causato dal proprietario e dal conducente del mezzo il quale, nell’effettuare una svolta a sinistra, ne aveva perso il controllo con conseguente rovinosa caduta del danneggiato. Il quale aveva quindi citato in giudizio per essere risarcito dei danni patiti, quantificati in circa diecimila euro, il conducente del ciclomotore e la compagnia di assicurazione del veicolo, Generali Italia.

Domanda rigettata per mancanza di prova

Il giudice di pace di Sciacca, tuttavia, con sentenza del 2016, aveva rigettato la domanda reputandola sfornita di prova e ritenendo che, dal solo mancato interrogatorio formale del conducente, che vi si era sottratto, non si potessero acquisire con sufficiente grado di certezza gli elementi probatori necessari.

Il terzo trasportato ha quindi appellato la sentenza dinanzi al tribunale di Sciacca quale giudice di secondo grado obiettando che la descrizione della dinamica del sinistro, come contenuta nell‘atto di citazione, non era stata contestata dalla compagnia di assicurazione e quindi il giudice di pace, in assenza di contestazione specifica, avrebbe dovuto ritenere provato quanto dedotto, aggiungendo poi che la descrizione della dinamica del sinistro era stata indicata come oggetto dell’interrogatorio formale del conducente del motociclo, il quale, senza addurre giustificazioni, non si era presentato a renderlo, ragion per cui anche qui il giudice avrebbe dovuto considerare provati ed ammessi i fatti oggetto dell’interrogatorio formale.

Il danneggiato ricorre per cassazione

Ma il tribunale, con pronunciamento del 2019, ricondotta la fattispecie oggetto di causa alla disciplina dell’art. 2054 c.c., aveva confermato la sentenza di prime cure, di qui la decisione del danneggiato di ricorrere anche per Cassazione. Nel ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360 n. 3 c.p.c., in relazione all’art. 115 c.p.c. ed all’art. 232 c.p.c., perché il Tribunale aveva dato atto che la qualifica di terzo trasportato non era stata contestata, e quindi, avrebbe dovuto ritenerla provata. In aggiunta, i giudici territoriali avrebbero erroneamente ritenuto che la decisione del Giudice di Pace circa gli effetti probatori derivanti dalla contumacia e dalla mancata risposta all’interrogatorio formale fosse stata motivata.

La Suprema Corte rigetta le doglianze del passeggero

Per la Suprema Corte tuttavia i motivi sono infondati. Il Tribunale, spiegano i giudici del Palazzaccio, aveva innanzitutto (e correttamente), ritenuto che l’azione del ricorrente fosse da condurre sotto l’egida dell’art. 2054 c.c., dopo aver messo in evidenza le differenze rispetto alle altre opzioni in astratto nella disponibilità del terzo trasportato previste negli artt. 141 e 144 del Codice delle assicurazioni private, precisando che il passeggero può avvalersi delle presunzioni di cui all’art. 2054 c.c.: segnatamente, “può invocare i primi due commi dell’art. 2054 c.c., per far valere la responsabilità extracontrattuale del conducente, ed il terzo comma per invocare la responsabilità solidale del proprietario”.

 

Non è contestata la circostanza che il ricorrente fosse terzo trasportato

I giudici territoriali, prosegue quindi la Cassazione nel ripercorrere la vicenda giudiziaria, hanno rilevato come preliminare ad ogni indagine in tal senso sia tuttavia “la prova, che deve fornire l’istante, di rivestire la stessa qualifica di terzo trasportato, circostanza non contestata nel caso di specie”. Secondo la Suprema Corte, contrariamente a quanto ipotizzato dal ricorrente, la sentenza impugnata, con tale affermazione, non avrebbe voluto porre a carico del passassero “esclusivamente l’onere di dimostrare la circostanza di essere stato terzo trasportato a bordo del motociclo, onde ottenere la richiesta tutela risarcitoria”: l’espressione “preliminare ad ogni indagine in tal senso”, secondo gli Ermellini, andrebbe riferita e posta in relazione “con la verifica dei presupposti per applicare le presunzioni di responsabilità di cui all’art. 2054 c.c. che, infatti, il Tribunale ha ritenuto che nel caso di specie giovassero anche al terzo trasportato”. Infatti, osservano gli Ermellini, subito dopo aver confermato che non era contestata la circostanza che il ricorrente fosse terzo trasportato, la sentenza contestata è passata ad occuparsi della prova del fatto storico del sinistro.

Ragion per cui, tira le fila del ragionamento la Suprema Corte, i giudici territoriali avrebbero fatto corretta applicazione della giurisprudenza di legittimità secondo la quale, asserisce la Cassazione, “non solo l’interpretazione letterale, ma anche quella funzionale, inducono a ritenere che quando il veicolo coinvolto sia uno solo, come nel caso in esame, il trasportato deve agire contro il proprietario o il conducente e può avvalersi dell’art. 2054 comma 1 c.c., che infatti esprime dei principi di carattere generale, che possono applicarsi a tutti i soggetti coinvolti nella circolazione, compresi i trasportati”.

 

Nei sinistri con unico mezzo coinvolto il passeggero ha anche l’onere probatorio

In questa evenienza, cioè laddove non vi sia stato il coinvolgimento di altri veicoli nell’incidente, però, secondo i giudici del Palazzaccio “difettano presupposti che giustificano la semplificazione, sul piano dell’onere probatorio, della posizione del terzo trasportato, che consente di richiedergli solo la prova dell’esistenza del danno e dell’essere stato a bordo del veicolo coinvolto nell’incidente nella veste di terzo trasportato”.

Infatti, chiarisce meglio la Suprema Corte, “l’esigenza di non ritardare il soddisfacimento della pretesa risarcitoria del trasportato e, dunque, di non pregiudicare il principio solidaristico “vulneratus ante omnia reficiendus”, ricorre solo quando siano coinvolti almeno due veicoli e, perciò, si renda necessario ricostruire la dinamica del sinistro e accertare le differenti responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti. Non v’è da soddisfare tale esigenza quando, invece, il veicolo implicato nel sinistro sia solo quello a bordo del quale viaggiava, in posizione diversa da quella di conducente, il soggetto danneggiato”. Il quale però può sempre avvalersi, “onde giovare di un alleggerimento del proprio onere probatorio, del disposto di cui all’art. 2054 c.c., comma 1, in considerazione del fatto che esso esprime, in ciascuno dei commi che lo compongono, principi di carattere generale applicabili a tutti i soggetti che da tale circolazione comunque ricevano danni e, quindi, anche ai trasportati, quale che sia il titolo del trasporto, di cortesia ovvero contrattuale, oneroso o gratuito”.

Ne consegue pertanto, secondo gli Ermellini, che “il trasportato, indipendentemente dal titolo del trasporto, può invocare i primi due commi della disposizione citata per far valere la responsabilità extracontrattuale del conducente ed il comma 3 per far valere quella solidale del proprietario”.

 

Bisogna provare la responsabilità del conducente

In altri termini, secondo la Cassazione, se l’incidente in moto avviene a causa di uno sbandamento sull’asfalto da parte del conducente o per la caduta su una buca, il passeggero che chiede il risarcimento del danno deve anche provare la colpa del conducente. Il passeggero può avvalersi della presunzione di responsabilità prevista dall’art. 2054 del Codice civile, ma in questo caso, a differenza degli altri, non basta solo la prova dell’esistenza del danno e dell’essere stato a bordo del veicolo coinvolto nell’incidente nella veste di terzo trasportato.

Venendo allo specifico, Cassazione afferma che, applicando questi principi alla fattispecie oggetto di causa, il Tribunale “ha giudicato che il ricorrente, pacificamente terzo trasportato, non avesse soddisfatto gli oneri probatori su di lui gravanti, ai sensi dell’art. 2054 c.c. Quanto alla descrizione della dinamica del sinistro, ha correttamente affermato che la contumacia del convenuto e la mancata risposta del medesimo all’interrogatorio formale non esonerano l’attore dall’onere di provare la fondatezza della propria domanda né gli permettono, in assenza di altri apprezzabili elementi probatori addotti a sostegno della propria pretesa, di ritenere provati i propri assunti. Ha confermato, quindi, la decisione del Giudice di Pace, ritenendo che essa avesse giustificato l’assenza di rilievo probatorio alla contumacia del convenuto ed alla mancata risposta all’interrogatorio formale, la quale, restando soggetta al prudente apprezzamento del giudice, può essere appunto ritenuta priva di valore probatorio se i fatti dedotti non trovano supporto in altri elementi acquisiti al giudizio.

In conclusione, con una sentenza che per la verità lascia spazio a non poche perplessità, per gli Ermellini il Tribunale non è incorso nella asserita violazione del principio di non contestazione ed ha fatto corretta applicazione della giurisprudenza della Suprema Corte  in ordine alle conseguenze derivanti dalla mancata risposta all’interrogatorio formale.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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