Hai bisogno di aiuto?
Skip to main content

Se adeguatamente comprovato, il cosiddetto “danno riflesso”, quello patito dai congiunti del danneggiato, va riconosciuto e risarcito, indipendentemente dal grado di invalidità permanente delle lesioni. E’ una sentenza di profonda valenza quella, la n. 35663/23, depositata dalla terza sezione Civile della Cassazione il 20 dicembre 2023.

Un sedicenne trasportato in uno scooter non assicurato resta gravemente ferito in un incidente

La vicenda giudiziaria traeva origine da un grave incidente stradale occorso nel giugno del 2012, di notte, a Catania, ad un appena sedicenne, passeggero su di un ciclomotore poi risultato privo di copertura assicurativa. Il conducente, viaggiando contromano, si era scontrato frontalmente con una vettura, anch’essa priva di assicurazione obbligatoria. Il ragazzo trasportato aveva riportato traumi molto seri.

I suoi genitori avevano quindi citato in causa dinanzi al tribunale etneo il proprietario del motorino UnipolSai in qualità di impresa di assicurazione designata all’epoca per la regione Sicilia dal Fondo di Garanzia per le vittime della strada che, com’è noto, risponde (o meglio dovrebbe farlo) per i danni cagionati dai mezzi privi di assicurazione e non identificati.

 

I giudici dispongono il risarcimento per il ragazzo, ma negano il danno riflesso ai congiunti

Il giudice aveva riconosciuto al giovane una prima provvisionale pari a centomila euro e una seconda di cinquantamila. Successivamente aveva stabilito di liquidare in suo favore l’ulteriore somma di 173mila euro, ma aveva rigettato la domanda risarcitoria avanzata dai genitori per il danno riflesso.

Decisione confermata in secondo grado dalla Corte d’appello di Catania, che, in riferimento al danno invocato dalla madre e dal padre del ragazzino, aveva obiettato che, per citare la sentenza, “detto risarcimento può essere ammesso solo in presenza di sofferenze di carattere eccezionale. Nel caso specifico, invece, avendo la vittima patito un’invalidità permanente nella misura (solo) del 36 per cento – inferiore, cioè, al 50 per cento – detta posta risarcitoria non può essere riconosciuta”. 

La madre e il padre del giovane ricorrono per Cassazione, che accoglie le doglianze

I familiari della “vittima primaria” hanno quindi proposto ricorso per Cassazione lamentando appunto, tra l’altro, il mancato riconoscimento del danno non patrimoniale conseguente all’incidente del figlio e asserendo che, in considerazione dello stretto legame di parentela e della gravità delle lesioni subite dalla vittima, la prova che avevano fornita in termini di sofferenza subita per il pesante iter delle cure necessarie per il loro figlio, avrebbe dovuto essere considerata sufficiente a riconoscere il danno in loro favore, ingiustamente negato dalla Corte d’Appello.

 

La sofferenza morale del congiunto leso gravemente può essere provata per presunzioni

Una doglianza ritenuta assolutamente fondata dalla Suprema Corte. La giurisprudenza di legittimità, infatti, hanno ricordato gli Ermellini, ha da tempo stabilito che il danno non patrimoniale, consistente nella sofferenza morale patita dal prossimo congiunto di persona lesa in modo non lieve dall’altrui illecito, “può essere dimostrato con ricorso alla prova presuntiva ed in riferimento a quanto ragionevolmente riferibile alla realtà dei rapporti di convivenza ed alla gravità delle ricadute della condotta”.

Pertanto, proseguono i giudici del Palazzaccio, il danno iure proprio subito dai congiunti della vittima non è limitato al solo totale sconvolgimento delle loro abitudini di vita, potendo anche consistere in un patimento d’animo o in una perdita vera e propria di salute.

Tenendo conto in particolare dello stretto rapporto di parentela e della gravità dei traumi patiti

E questi pregiudizi possono essere dimostrati per presunzioni, fra le quali assume rilievo il rapporto di stretta parentela esistente fra la vittima ed i suoi familiari che fa ritenere, secondo un “criterio di normalità sociale”, che essi soffrano per le gravissime lesioni riportate dal loro prossimo congiunto.

La Corte d’Appello, va a concludere la Cassazione, non ha correttamente considerato questo consolidato orientamento, rigettando la domanda di risarcimento dei danni avanzata a titolo proprio dai genitori solo sulla base del “dato puro e semplice” secondo cui a quest’ultimo era residuata un’invalidità permanente nella citata misura del 36 per cento, senza tenere conto dello stretto vincolo familiare e neppure della vicenda nella sua globalità, caratterizzata dalla necessità per la vittima di sottoporsi a ben dieci interventi chirurgici, il che aveva necessariamente comportato una chiara “destabilizzazione” dei genitori, coinvolti nell’assistenza di un ragazzo che, all’epoca, aveva, appunto, soltanto sedici anni.

La sentenza impugnata è stata pertanto cassata con rinvio alla Corte d’appello partenopea, in diversa composizione, che dovrà ri-verificare, tenendo conto di tali indicazioni, l’effettiva sussistenza di un danno riferibile in via diretta anche ai genitori.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

Vedi profilo →

Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

Condividi

Affidati a
Studio3A

Nessun anticipo spese, pagamento solo a risarcimento avvenuto.

Contattaci

Articoli correlati


Skip to content