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Indennizzo e risarcimento per i danni causati da una trasfusione di sangue infetto non possono essere cumulati, ma non può essere operata alcuna decurtazione del secondo finché il primo non sia stato quantificato e soprattutto pagato.

E’ una ordinanza di estrema attualità quella, la n. 12388/22, depositata dalla Cassazione il 15 aprile, considerato che la Legge 210/92, che prevede appunto un indennizzo statale per chi subisca danni da emotrasfusione, è stata estesa anche agli effetti avversi delle vaccinazioni, comprese – ha chiarito la Corte Costituzionale – quelle facoltative ma fortemente raccomandate per esigenze di salute pubblica, come i vaccini anti-Covid.

L’indennizzo statale per trasfusione di sangue infetto vale anche per i danni da vaccino

Infatti, sono già state presentate diverse istanze si indennizzo e ne è stata anche già accolta una a favore dei familiari di una insegnante di sostegno genovese deceduta per trombosi cerebrale nell’aprile 2021 dopo aver ricevuto una dose del vaccino AstraZeneca. La consulenza del medico legale e dell’ematologo ha stabilito che il decesso era “ragionevolmente da riferirsi a effetti avversi da somministrazione di vaccino anti Covid-19”, scagionando il comportamento dei medici coinvolti nella vaccinazione per via dello “scudo penale” previsto dalla legge. Un caso considerato “modello di reazione rarissima e gravissima avversa”. I suoi familiari hanno ricevuto un indennizzo dallo Stato di 77.468,53 euro, ma potranno avviare anche un’azione legale per chiedere il risarcimento.

La premessa d’obbligo, infatti, è che la richiesta di indennizzo non preclude l’azione civile risarcitoria, ed è appunto la strada intrapresa anche da una paziente che aveva lamentato di aver contratto il virus HCV, ovvero l’epatite C, a causa di una emotrasfusione e aveva quindi citato in causa avanti il Tribunale di Napoli il Ministero della Salute per ottenere un equo risarcimento.

La consulenza tecnica d’ufficio disposta dal giudice aveva effettivamente accertato il nesso causale tra le trasfusioni di sangue infetto e la patologia e il Tribunale partenopeo aveva pertanto dichiarato la responsabilità del Ministero nella produzione del contagio da HCV condannandolo al pagamento della somma di 67.162 euro.

Il Ministero tuttavia aveva proposto appello insistendo sull’eccezione di prescrizione e sulla mancanza dei presupposti per la condanna e aveva anche eccepito sul mancato scomputo dal risarcimento riconosciuto dell’indennizzo ottenuto dalla paziente ai sensi appunto della Legge 210/92. Su questo secondo punto la Corte territoriale aveva convenuto, ritenendo che l’importo riconosciuto dal primo giudice a titolo di risarcimento del danno dovesse essere decurtato di quanto riscosso dalla paziente a titolo di indennizzo ex L. n. 210.

La danneggiata ha quindi proposto ricorso per Cassazione censurando la sentenza d’appello nella parte in cui aveva disposto la decurtazione dell’indennizzo della Legge n. 210 dal risarcimento sulla mera scorta del positivo responso della Commissione Medica Ospedaliera, che aveva accertato la sussistenza del nesso causale tra la trasfusione subita e l’infezione contratta. Secondo la ricorrente, infatti, se il responso positivo di accertati danni da emotrasfusione costituiva il presupposto per dare luogo ai benefici di cui alla L. n. 210, esso tuttavia non ne dimostrava l’effettiva erogazione in favore dell’interessata. Il Ministero avrebbe dovuto, cioè, dimostrare l’effettivo pagamento dell’indennizzo ed il relativo quantum mentre, in mancanza di elementi, la decurtazione non avrebbe potuto essere disposta.

Per la Suprema Corte la censura è fondata. Gli Ermellini osservano che, come correttamente affermato dalla Corte territoriale, la cosiddetta compensatio lucri cum damno integra un’eccezione in senso lato, vale a dire non già l’adduzione di un fatto modificativo o impeditivo o estintivo del diritto altrui, ma una mera difesa o articolazione difensiva in ordine all’esatta globale entità del danno effettivamente patito dal danneggiato, entità che resta l’oggetto iniziale della controversia e non è ampliata dalla detta valutazione.

Pertanto, nella determinazione del danno, spiega la Cassazione, il Giudice può, nell’individuazione dell’esatta entità, fare riferimento a tutte le risultanze del giudizio, in virtù del principio di acquisizione della prova, in forza del quale ogni elemento istruttorio ritualmente acquisito concorre alla decisione, a prescindere dalla parte che lo abbia addotto.

 

La compensatio lucri cum damno opera se l’indennizzo è stato determinato e liquidato

Ciò posto, tuttavia, la Suprema Corte evidenzia come la Corte d’Appello abbia, di conseguenza, stabilito la decurtazione dell’indennizzo dall’ammontare risarcitorio senza operare alcun riscontro sull’effettiva quantificazione e sull’effettivo percepimento del beneficio da parte della paziente, posto che, convengono i giudici del Palazzaccio con la ricorrente, il positivo responso della Commissione Medica-Ospedaliera, circa gli accertati danni da emotrasfusione, se costituisce il presupposto per poter dar luogo all’erogazione dell’indennizzo, non ne dimostra però l’effettiva erogazione all’interessato.

Pertanto, la compensazione, pure astrattamente sussistente tra l’importo dovuto a titolo di risarcimento e quello riconosciuto quale equo indennizzo dalla Legge n, 210, non può operare qualora, come nel caso di specie, l’importo dell’indennizzo non sia determinato né determinabile, né vi sia prova del suo avvenuto pagamento, in quanto l’astratta spettanza della somma non equivale alla sua corresponsione e non fornisce elementi per individuarne l’esatto ammontare.

In altri termini, le due poste (quella risarcitoria e quella di indennizzo) non devono essere duplicate per il noto principio che vieta la duplicazione del risarcimento; viceversa qualora l’indennizzo non sia ancora stato effettivamente percepito non può essere praticata nessuna decurtazione. La Suprema Corte ha quindi accolto questo motivo di ricorso, ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo direttamente nel merito, ha disposto la non operatività della compensazione tra quanto dovuto alla paziente a titolo di risarcimento del danno e quanto percepito o percipiendo a titolo di indennizzo.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Malasanità

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