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È reato vendere medicinali scaduti anche se si tratta di “omeopatici”.

Lo ha precisato la Cassazione con la sentenza 35627/19 depositata il 5 agosto 2019, respingendo con forza la tesi difensiva di un farmacista marchigiano, il quale sosteneva che, in buona sostanza, si tratta di prodotti che non servono a nulla, e condannandolo definitivamente per il reato, sia pure prescritto, di commercio e somministrazione di medicinali guasti, previsto dall’articolo 443 del Codice penale.

Dopo la denuncia di un paziente, al quale era stato venduto un antitumorale oltre la data di conservazione, era scattata una perquisizione e gli agenti avevano trovato negli scaffali della farmacia, 194 farmaci scaduti, oltre metà dei quali erano omeopatici. Un numero elevato che aveva indotto ad affermare il dolo.

 

Il rischio per la salute

Non una “svista” colposa, dunque, ma un’organizzazione carente, e un atteggiamento di indifferenza che sconfinava nell’accettazione del rischio di pregiudicare la salute pubblica.

Tutto in violazione dei fondamentali doveri da parte del titolare, che aveva una posizione di garanzia. Principio che aveva portato i giudici di merito ad assolvere i farmacisti dipendenti.

Il ricorrente per salvarsi ha tentato ogni strada, dal bollare i farmaci omeopatici come privi di qualunque efficacia terapeutica, e per i quali pertanto non si sarebbero potute applicare le fattispecie degli articoli 443 (Commercio o somministrazione di medicinali guasti) e 452 (Delitti colposi contro la salute pubblica) del codice penale, alla richiesta di applicazione dell’articolo 12, contenuto nella cosiddetta legge salva-suicidi (legge 3/2018), secondo il quale la detenzione di medicinali scaduti sarebbe un semplice illecito amministrativo.

Peccato che la norma invocata, relativa all’abuso di professione sanitaria, “derubrichi” a illecito amministrativo solo la detenzione per la somministrazione e non per la vendita.

 

La nozione di farmaco

Quanto alla giustificazione dell’inefficacia dell’omeopatia i giudici ricordano che “non è minimamente dubitabile le riconducibilità del farmaco omeopatico al concetto di medicinale” in virtù della definizione fornita dal D/lgs 219 del 2016 che include «ogni sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane» nonché tutte le sostanze che hanno lo scopo di ripristinare, correggere o modificare le funzioni fisiologiche «esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica».

È dunque sbagliato restringere il campo dei medicinali ai soli preparati che svolgono una funzione terapeutica validata. Tanto che la norma citata, applicando una direttiva comunitaria, comprende nel suo ambito anche i prodotti omeopatici, prevedendo la registrazione, in alcuni casi semplificata e l’etichettatura nel rispetto degli standard di sicurezza e di vigilanza.

Anche il medicinale omeopatico scaduto è dunque imperfetto per quanto riguarda il reato previsto dal Codice penale.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Malasanità

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