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Il rapporto di un incidente stradale redatto dalle forze dell’ordine non è “legge”: il giudice può ben decidere di aderire alle diverse conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, purché il ragionamento sia corretto e coerente. A chiarire il principio in tema di ricostruzione della dinamica, delle cause e, soprattutto, delle responsabilità dei sinistri la Cassazione, con la significativa ordinanza n. 12601/22 depositata il 20 aprile 2022.

Un’automobilista cita per danni da incidente proprietario e conducente di un camion

Una automobilista aveva citato in causa avanti il Tribunale di Padova la società proprietaria del mezzo in questione, il suo conducente e la sua compagnia di assicurazione per essere risarcita dei gravi danni fisici patiti in seguito ad un incidente stradale in cui era rimasta coinvolta e che sarebbe stato causato da un autoarticolato. I giudici avevano disposto una doppia consulenza tecnica, una medico legale e una ricostruttiva del sinistro: quest’ultima, in particolare, prendeva atto anche della presenza, sul luogo dell’incidente, di tracce gommose di frenata, senza tuttavia attribuirle al camion, come invece avevano fatto gli agenti della polizia stradale intervenuti nell’immediatezza per i rilievi.

Un punto, questo, decisivo che avrebbe portato il Tribunale, nel 2017, a rigettare la domanda, concludendo che la responsabilità esclusiva del sinistro fosse da attribuire alla donna a causa della sua eccessiva velocità, mentre l’autotrasportatore sarebbe stato esente da colpe. La danneggiata aveva quindi appellato la decisione, ma la Corte d’Appello di Venezia, con sentenza del 2020, aveva respinto il gravame confermando il pronunciamento di primo grado.

 

L’omessa considerazione del rapporto di polizia

Di qui pertanto l’ulteriore ricorso per Cassazione nel quale l’automobilista ha contestato il fatto che fossero state disattese, prima nella consulenza tecnica e poi nella sentenza, le risultanze del rapporto di incidente redatto dalla polizia stradale che invece costituiva “atto pubblico avente piena efficacia di prova”, lamentando inoltre che nell’istruttoria il proprietario dell’autoarticolato e il suo conducente non avrebbero fornito la prova liberatoria che il camionista avesse fatto tutto ciò che era nelle sue possibilità per evitare lo scontro.

Ma per la Suprema Corte il ricorso è inammissibile. Al di là delle questioni “formali” (“il dedotto omesso esame, lungi dall’avere ad oggetto un fatto, ossia la presenza delle tracce di frenata sul selciato stradale, o meglio la loro riconducibilità all’autoarticolato, investe in realtà il rapporto della polizia stradale”, e “l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo” spiegano gli Ermellini), ciò che qui preme sono le delucidazioni relative alla valenza del rapporto delle forze dell’ordine.

 

Il rapporto delle forze dell’ordine non ha “fede privilegiata”

I giudici del Palazzaccio citano in merito una sentenza della stessa Cassazione, la n. 20025/2016, su un caso analogo nel quale la Suprema Corte, proprio in riferimento agli “accertamenti relativi alle tracce di frenata” effettuati dalla polizia (in quel caso municipale) giunta nell’immediatezza sul luogo dell’incidente,  aveva affermato che “il particolare affidamento che si deve all’organo che li ha effettuati, unitamente alla circostanza che la polizia è intervenuta immediatamente dopo l’incidente, rendono gli stessi attendibili pur senza attribuire ad essi fede privilegiata”.

E fa piena prova solo per dichiarazioni e fatti avvenuti in presenza degli agenti

Gli Ermellini precisano ulteriormente che il rapporto di polizia fa piena prova, fino a querela di falso, “solo delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti come avvenuti in sua presenza, mentre, per quanto riguarda le altre circostanze del fatto che egli segnali di avere accertato nel corso dell’indagine, per averle apprese da terzi o in seguito ad altri accertamenti, il verbale, per usa natura di atto pubblico, ha pur sempre un’attendibilità intrinseca”.

I giudici del Palazzaccio concludono ricordano infine che, in tema di sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l’apprezzamento del giudice di merito relativo alla ricostruzione della dinamica dell’incidente, alla sussistenza o meno della colpa dei soggetti coinvolti e alla loro eventuale gradazione, al pari dell’accertamento dell’esistenza o dell’esclusione del rapporto di casualità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, si concreta in un giudizio di mero fatto, che resta sottratto dal sindacato di legittimità qualora il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico”.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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