Farà certamente giurisprudenza la rilevante sentenza, la n. 37766/19 depositata il 12 settembre 2019, con cui la Corte di Cassazione ha definitivamente condannato una preside per il grave infortunio a scuola patito da uno studente e, con l’occasione, ha definito le responsabilità in capo ai dirigenti scolastici.
Indice
Il grave incidente a scuola di uno studente
La mattina del 7 luglio 2011 uno studente che aveva terminato l’ultimo anno del liceo classico di Sapri, nel Salernitano, sostenendo pochi giorni prima l’esame di maturità, si era recato a scuola per assistere alla prova orale dei compagni che si teneva in un’aula al secondo piano del plesso.
Aula a cui si accedeva da un corridoio quadrangolare che delimitava, all’interno, un solaio-lucernaio sul quale si aprivano dei cupolini, la cui finalità era fare entrare luce al piano sottostante, il primo, adibito ad attività scolastiche. Questi cupolini erano costruiti in plexiglass sottile pochi millimetri, non in grado di sostenere pesi superiori a 50 kg né urti e non protetti da grate.
L’unico accesso al solaio-lucernaio era costituito da una porta-finestra con telaio in alluminio che si apriva nel corridoio percorribile a chi si trovasse nella scuola, porta-finestra che era antistante proprio l’aula nella quale quel giorno si sostenevano le prove di maturità.
La porta in questione normalmente era chiusa con un lucchetto di piccole dimensioni, che serrava due perni con dadi, e le chiavi erano in una bacheca a disposizione di tutti i collaboratori scolastici, ma che quel giorno, come era peraltro era accaduto anche in altre occasioni in cui faceva molto caldo, per fare passare aria nel corridoio la porta era stata aperta da una bidella.
Sta di fatto che l’alunno inciampò mentre camminava nella battuta a terra della porta in alluminio in questione, cadde in avanti, sfondò con il suo peso il fragile cupolino posto a soli settanta centimetri dalla base della porta e precipitò al piano di sotto per più di sette metri, riportando gravi lesioni, tra cui plurime fratture, sfregio permanente del viso ed indebolimento permanente della teca cranica.
Preside della scuola a processo
In seguito al grave incidente sono stati indagati la dirigente scolastica e il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell’istituto.
Il Tribunale di Lagonegro, con sentenza del 16 maggio 2017, all’esito del dibattimento, ha ritenuto i due imputati responsabili del reato di lesioni colpose gravi nei confronti dello studente, con violazione della disciplina antinfortunistica, e, riconosciute ad entrambi le circostanze attenuanti generiche stimate equivalenti all’aggravante, li ha condannati alla pena di un mese di reclusione, sospesa con la condizionale, oltre al risarcimento dei danni alle parti civili, con assegnazione di una provvisionale all’infortunato.
Sentenza sostanzialmente confermata dalla Corte d’appello di Potenza con pronunciamento del 21 giugno 2018, con l’unica eccezione della concessione del beneficio della non menzione.
I due imputati, operò, hanno proposto ricorso anche per Cassazione. Tra i vari motivi di doglianza, la preside ha contestato la sussistenza, nella concreta situazione, di una effettiva posizione di garanzia in capo a sé.
Secondo il suo difensore, in buona sostanza, il dirigente scolastico è in effetti un “datore di lavoro” ma con determinate peculiarità, non essendo proprietario degli immobili che ospitano le scuole ed essendo inoltre privo dei poteri di spesa e decisionali per risolvere i problemi degli edifici scolastici.
Il suo dovere si limiterebbe dunque a informare e sollecitare gli enti competenti, in genere i Comuni e le Province, e, in caso di inerzia o di insufficienza degli interventi, a porre in essere tutte le iniziative necessarie alla salvaguardia dell’incolumità: come extrema ratio, anche la sospensione dell’attività scolastica.
Il dirigente scolastico ha rilevanti poteri di gestione
Gli Ermellini confermano come in effetti nelle pubbliche amministrazioni, ai fini della normativa sulla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, per datore di lavoro si intenda il dirigente al quale spettano poteri gestionali, decisionali e di spesa, laddove invece la ricorrente era priva di quest’ultimo potere.
Secondo la Cassazione, però, va considerato anche che, per citare una precedente sentenza della stessa Corte, “in tema di prevenzione degli infortuni nelle istituzioni scolastiche, soggetto destinatario dell’obbligo di sicurezza è il dirigente che abbia poteri di gestione”.
Poteri di gestione che, nel caso specifico, “sono incontestabilmente riconosciuti ed effettivamente svolti dalla dirigente scolastica”.
La grave omissione della mancata segnalazione del problema
Alla preside si contesta il fatto che avrebbe potuto, anzi dovuto, segnalare alla Provincia le problematiche del suo istituto, nella fattispecie l’insicurezza del solaio per la presenza di aperture coperte da fragili lucernai, illustrando nel dettaglio la situazione e chiedendo e sollecitando i conseguenti interventi strutturali. Segnalazione che invece, com’è emerso dalle indagini, non ha mai provveduto ad effettuare.
La dirigente, infatti, aveva sì inoltrato alcune istanze all’ente territoriale e ad altri soggetti pubblici (la Provincia in particolare), ma in nessuna di queste aveva fatto il minimo accenno alla problematica in questione, che non poteva certo ritenersi compresa in diciture generiche relative a “ringhiere”, “terrazzi” e ad “adeguamento porte”, di sicurezza e non.
Come peraltro rilevato dai giudici di merito, la preside ha ritenuto di affidarsi ad una soluzione “artigianale” (mettere un lucchetto al solaio), che purtroppo, però, si è rivelata o in concreto insufficiente ad eliminare il pericolo.
E’ proprio sulla base dell’errato inquadramento originario e dell’inadeguata gestione nel tempo del problema che è stata rilevata la mancanza di prudenza della preside e del responsabile della sicurezza dell’istituto da parte della Suprema Corte, che ne ha quindi confermato la condanna.
Scritto da:
Dott. Nicola De Rossi
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Categoria:
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