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Con l’ordinanza n. 21402/22 depositata il 6 luglio 2022 la Cassazione è tornata a occuparsi di una tipologia di incidenti tutt’altro che rari, oltre che giuridicamente complessi, quelli in cui restino coinvolti mezzi di soccorso impegnati in un intervento di emergenza, e quindi con sirene attivate e lampeggianti accessi, appositamente disciplinati dall’art. 177 del Codice della Strada: viceversa, infatti, in mancanza dei dispositivi di emergenza, si tratterebbe di un veicolo come tutti gli altri.

Nella circostanza la Suprema Corte ha anche pronunciato un principio di diritto ribadendo in sostanza che anche in questi casi particolari sul conducente che abbia investito un pedone o un ciclista trova applicazione la presunzione di piena responsabilità, a meno che egli non dimostri di aver fatto tutto il possibile per evitare l’investimento e la condotta della vittima sia stata non “incerta” ma del tutto imprevedibile.

La causa dei familiari di un’anziana investita da un’ambulanza

Ad approdare in Cassazione la tragica vicenda di un pedone, una donna, che aveva perso la vita nel 2004 a San Vincenzo, in provincia di Livorno, dopo essere stata investita mentre stava attraversando la strada sulle strisce pedonali da un’ambulanza della locale Confraternita di Misericordia che stava trasportando all’ospedale un paziente in gravi condizioni colpito da ictus, con codice rosso. I familiari della vittima avevano citato in causa il conducente dell’autolettiga, la Confraternita e la compagnia di assicurazione, Itas Mutua, chiedendo il risarcimento per i danni patiti per la perdita della congiunta. 

In primo grado il Tribunale di Livorno, nel 2015, aveva accolto la domanda, ma la Corte d’Appello di Firenze, nel 2019, in parziale accoglimento del gravame dell’assicurazione e della Confraternita, aveva riformato la decisione attribuendo al pedone la corresponsabilità del 60% nel sinistro, laddove invece il giudice di prime cure aveva riconosciuto quale unico responsabile il conducente dell’ambulanza, e decurtando di conseguenza la liquidazione riconosciuta.

Il ricorso in Cassazione proposto dai congiunti della vittima in verità lamenta anche tutta una serie di altre doglianze rispetto alla sentenza d’appello, ma qui preme riportare quella in cui si censura il fatto che fosse stata ascritta una corresponsabilità, e per di più maggioritaria, al pedone nella causazione del sinistro laddove invece questa era stata esclusa sia in sede penale sia nel giudizio civile di primo grado, nel quale il giudice aveva concluso che il conducente dell’autolettiga non aveva rallentato tempestivamente, pur avendone avuto il tempo materiale e dovendo tenere conto dell’andatura incerta dell’anziana. Insomma, secondo il tribunale livornese, la sua condotta non era stata improntata a quel generale dovere di prudenza che deve caratterizzare anche il conducente dei mezzi impegnati in servizi urgenti di istituto. Per la corte d’appello, invece, la condotta della vittima avrebbe avuto un peso rilevante nel causare la tragedia: per i giudici territoriali, la donna, per quanto affetta da sordità, avrebbe perfettamente sentito la sirena, essendo dotata di apparecchio acustico, e avrebbe compiuto un attraversamento della strada incerto, attraversando la prima corsia, fermandosi sulla linea di mezzeria per poi correre in avanti sulla corsia percorsa dall’autolettiga. Ferme restando comunque anche le responsabilità, ma minoritarie, del guidatore del mezzo di soccorso. 

 

Anche gli autisti dei mezzi di soccorso devono attenersi alle norme di comune prudenza

Per la Suprema Corte, tuttavia, i giudici di seconde cure nel vagliare la dinamica del sinistro non hanno fatto corretta applicazione né dell’art. 2054, comma 1 del codice civile né dell’art. 177 del codice della strada. Quest’ultimo, in particolare, rammentano gli Ermellini, prevede che, per citarlo testualmente, “i conducenti di autoveicoli di polizia e antincendio e di autoambulanze in servizio urgente di istituto e con dispositivo di allarme in funzione non sono tenuti a osservare gli obblighi, i divieti, le prescrizioni e le norme di comportamento connessi con la circolazione stradale e le limitazione relative alla circolazione sulle strade”, ma ciò non esime loro “dal generale dovere di attenersi comunque alle regole di comune prudenza e diligenza e di adottare le cautele idonee a prevenire pericoli alla pubblica incolumità”.

Inoltre, aggiungono i giudici del Palazzaccio, “nel caso di investimento di un pedone in tale situazione è onere del conducente del mezzo di soccorso offrire la prova liberatoria di cui all’art. 2054, pur dovendosi apprezzare l’impossibilità di evitare la produzione dell’evento con riguardo all’effettiva situazione di emergenza nella quale egli versava, giacché questi non deve anteporre il proprio diritto di urgenza o di precedenza alla sicurezza e alla vita degli utenti della strada” . 

 

Anche in questi casi si parte da una presunzione di responsabilità del conducente del 100%

Ne consegue, pertanto, prosegue la Suprema Corte, che anche “l’investimento del pedone causato dall’autista di mezzi di soccorso, pur in presenza delle condizioni – uso congiunto del dispositivo acustico supplementare di allarme e di quello di segnalazione visiva a luce lampeggiante blu – che lo legittimano alla non osservanza di obblighi e divieti inerenti la circolazione stradale, resta comunque disciplinato dalla previsione di cui all’art. 2054, comma 1 cod. civ”. 

Ne deriva ulteriormente che la suddetta fattispecie resta comunque assoggettata al principio secondo cui, “stante la presunzione del 100% di colpa in capo al conducente del veicolo, ai fini della valutazione e quantificazione di un concorso del pedone investito occorre accertare, in concreto, la sua percentuale di colpa e ridurre progressivamente quella presunta a carico del conducente, dovendo però l’investitore, per vincere tale presunzione, dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare danno, tenendo altresì conto che, a tale fine, neanche rileva la condotta del soggetto investito, visto che occorre la prova che la stessa non fosse ragionevolmente prevedibile e che il conducente avesse adottato tutte le cautele esigibili in relazione alle circostanze del caso concreto, anche sotto il profilo della velocità della guida tenuta”.

 

Un attraversamento incerto o imprudente da parte del pedone non è una prova liberatoria 

La Corte territoriale, invece, spiegano gli Ermellini, non ha applicato questo principio in base al quale la responsabilità  del veicolo investitore si presume al 100% e ha erroneamente considerato sufficiente come prova liberatoria di tale presunzione la semplice condotta imprudente della donna investita, che al contrario per “liberare” da responsabilità l’investitore sarebbe dovuta essere “ragionevolmente imprevedibile”: “qualora un pedone si accinga ad attraversare la strada e ne abbia iniziato l’attraversamento, il conducente del veicolo ha l’obbligo di prospettarsi l’eventualità di qualche esitazione o incertezza del passante, il quale si accorga di aver errato la possibilità di sollecito transito, tanto da essere preso dal panico e persino da manifestare l’intenzione di tornare indietro”. In questi casi il conducente deve “trovarsi in grado di adottare immediatamente le misure di emergenza, compresa quella di arrestarsi”.

Per esserlo la condotta di chi attraversa deve essere totalmente imprevedibile e anomalo

In conclusione, dunque, per la Cassazione, nell’accogliere il motivo di ricorso, coglie nel segno il rilievo dei ricorrenti secondo i quali proprio l’incertezza manifestata dalla loro cara, “lungi dall’integrare quel comportamento imprevedibile e anomalo, suscettibile di essere apprezzato ai fini del superamento della presunzione di responsabilità – nella misura del 100% – del conducente del veicolo investitore, avrebbe dovuto essere apprezzata, invece, in senso diametralmente opposto, con riferimento alla mancata adozione, da parte dell’autista del mezzo, delle cautele esigibili in relazione alle circostanze del caso concreto anche sotto il profilo della velocità di guida mantenuta, specie ove si consideri che nella specie l’avvistamento del pedone avvenne almeno sei secondi prima dell’impatto, con possibilità pertanto da parte del conducente dell’autoambulanza quanto meno di decelerare evitando così l’investimento”.

Alla fine la Suprema Corte pronuncia pertanto il seguente principio di diritto. “In caso di investimento di un pedone avvenuto sulle strisce pedonali, da parte di veicolo adibito ad uno dei servizi di urgenza disciplinati dall’art. 177 cod. strada e in presenza delle condizioni per l’esonero dell’osservanza degli obblighi e dei divieti relativi alla circolazione stradale, trova comunque applicazione la presunzione di piena responsabilità del conducente del veicolo investitore, ex art 2054 comma 1 cod. civ., ancorché il pedone sia tenuto all’osservanza dell’obbligo di cui al comma 3 del summenzionato art. 177, dovendo la prova esonerativa, anche solo in parte, di tale responsabilità sostanziarsi nella dimostrazione da parte del conducente di aver fatto tutto il possibile per evitare l’investimento, avuto riguardo all’effettiva situazione di emergenza nella quale egli versava e all’imprevedibilità del comportamento del pedone, senza che però rilevi la sua incertezza o esitazione nel compiere l’attraversamento”. 

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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