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La tutela del terzo trasportato in caso di incidente viene prima di tutto e non rileva il fatto che il passeggero sia anche il proprietario dell’auto e quindi l’intestatario della polizia assicurativa: anche in forza del diritto europeo, ai fini risarcitori prevale la sua qualità di vittima del sinistro rispetto su quella di assicurato e, altro punto fondamentale, questo diritto non può venire messo in discussione o ridotto nemmeno dalle solite “clausole” limitative presenti, in modo spesso poco chiaro, nelle polizze.

Con una sentenza di assoluta valenza, la n. 11246/2022 depositata il 6 aprile 2022, la Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale a favore dei danneggiati condannando definitivamente UnipolSai a risarcire il passeggero-proprietario del mezzo.

Un passeggero anche proprietario del veicolo chiede i danni all’assicurazione per un incidente

L’uomo nel lontano 2009 aveva appunto citato in giudizio la compagnia con cui era assicurato chiedendone la condanna al risarcimento dei gravi danni che aveva patito a causa di un incidente stradale in qualità di terzo trasportato sulla vettura di sua proprietà. In buona sostanza, a causa di un malore, il ricorrente era stato trasportato all’ospedale sulla sua auto da un terzo, privo di patente, il quale, per incapacità di guida, aveva sbandato uscendo rovinosamente di strada.

UnipolSai si era costituita negando la garanzia assicurativa in favore del terzo trasportato-proprietario del mezzo, e aveva chiesto anche di chiamare in causa il responsabile del sinistro proponendo nei suoi confronti azione di regresso per ottenere da questi il rimborso di tutte le somme che fosse stata costretta a liquidare alla vittima.

Il tribunale di Chieti, con sentenza del 2015, aveva avallato la tesi difensiva della compagnia, respingendo la domanda risarcitoria, ritenendo inefficace la copertura assicurativa in quanto il danneggiato aveva affidato consapevolmente la conduzione del mezzo a un soggetto non idoneo a guidarlo.

Il danneggiato allora aveva impugnato la decisione avanti la Corte d’appello di  L’Aquila la quale, in totale riforma della sentenza di prime cure, con pronunciamento del 2019 aveva condannato UnipolSai a risarcire al suo assicurato 144.165 euro a titolo di danno non patrimoniale, oltre accessori.

 

Per i giudici prevale la qualità di vittima su quella di assicurato

Per i giudici di seconde cure, in forza dei principi del diritto europeo, ai fini risarcitori sussisteva la prevalenza della qualità di vittima del sinistro su quella di assicurato e, ai fini della copertura assicurativa, era irrilevante il fatto che la vittima si identificasse con il proprietario del mezzo. Inoltre, sempre secondo la corte territoriale, il diritto alla copertura assicurativa dell’assicurato-proprietario, che avesse preso posto nel suo stesso veicolo come passeggero, non poteva essere esclusa in ragione della sua corresponsabilità nella causazione del danno, salva, ovviamente, la necessità di tenere conto del suo eventuale concorrente comportamento colposo in funzione della diminuzione del risarcimento, concorso di colpa che però nello specifico non era stato ravvisato sulla scorta delle emergenze probatorie.

UnipolSai a questo punto ha proposto ricorso per Cassazione, in primis contestando il fatto che l’assicurato non aveva notificato il gravame al conducente che la compagnia aveva evocato in giudizio in primo grado, e che i giudici di secondo grado non avevano provveduto all’integrazione del contraddittorio in caso di litisconsorzio necessario, motivo ritenuto tuttavia infondato dagli Ermellini, avendo la compagnia “instaurato il giudizio di appello senza chiamare in giudizio il litisconsorte processuale né avendo mai sollecitato i poteri ufficiosi del giudice al fine di provvedere all’ordine di integrazione del contraddittorio”.

Quello che più preme è però il secondo, articolato motivo di doglianza di UnipolSai, che ha contestato il fatto che la Corte d’appello avesse ritenuto nello specifico l’insussistenza della fattispecie di concorso di colpa e per aver affermato, in favore dell’assicurato, il diritto incondizionato all’integralità del risarcimento del danno per una fattispecie in cui, per citare il ricorso, “essendo stato il veicolo affidato a un soggetto privo di patente e in stato di ebbrezza,  detta pretesa era da escludersi in ragione delle condizioni previste nel contrato di assicurazione”.

Ma per la Suprema corte anche questo motivo è inammissibile, innanzitutto poiché “non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, là dove ha ritenuto che l’applicazione della fattispecie di concorso colposo, rilevante ai sensi dell’art. 1227 c.c., nei confronti del proprietario danneggiato fosse, nel caso concreto, in-configurabile, poiché non sorretta da prova alcuna”: un accertamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità. “Peraltro – aggiunge la Cassazione – la ricorrente fa riferimento non solo alla mancanza di abilitazione alla guida del conducente, ma anche al suo stato di ebbrezza, che la Corte territoriale ha ritenuto circostanza dedotta solo in appello”.

 

Il terzo trasportato ha diritto al risarcimento integrale, anche in caso di corresponsabilità

Ma soprattutto è “infondato il profilo di censura che investe la decisione sul diritto del terzo trasportato all’integralità del risarcimento del danno” ribadiscono con forza gli Ermellini, citando la direttiva 2009/103/CE e svariate sentenze della Corte di Giustizia europea.

Ad esempio, la cosiddetta sentenza “Cedolin”, rammentano i giudici del Palazzaccio, ha affermato che “le norme della citata direttiva ostano ad una normativa nazionale che consenta di negare ovvero di limitare in misura sproporzionata, in considerazione della corresponsabilità del passeggero nella cassazione del danno subito, il risarcimento a carico dell’assicurazione obbligatoria degli autoveicoli”: una sentenza significativa anche per l’affermazione del principio per cui “il fatto che il passeggero interessato sia proprietario del veicolo, il cui conducente ha causato l’incidente, è irrilevante”.

L’applicazione sistematica di tale formante giurisprudenziale sovranazionale – prosegue la Cassazione – si traduce nel principio per cui la clausola che escluda, aprioristicamente, nei confronti del danneggiato-assicurato, il diritto alla copertura assicurativa – nel caso in cui sia apprezzata, in fatto, la sussistenza, ai sensi dell’art. 1227 c.c., di relativo concorso di colpa – è a questi inopponibile, tenuto conto che la alla legislazione nazionale è consentito non già di escludere ipso iure, bensì conformare, proporzionalmente, il quantum del diritto al risarcimento del danno, in forza delle regole della responsabilità civile”.

 

Nulla rileva che il passeggero sia anche proprietario del veicolo in questione

Gli Ermellini, quindi, citano anche svariate sentenze della stessa Cassazione in cui, in conformità con quanto stabilito dalle direttive 84/5/CEE e 90/232/CEE, concernenti il riavvicinamento delle legislazioni nazionali in materia di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli, “il principio vulneratus ante omnia reficiendus si applica anche in favore dell’assicurato che, al momento del sinistro, è trasportato da un terzo non distinguendosi la sua condizione da quella di qualsiasi altro passeggero vittima dell’incidente”.

In questo caso, ribadisce con forza la Suprema Corte, l’assicuratore non può avvalersi, per negare il risarcimento, “di disposizioni legali o di clausole contrattuali, ivi comprese quelle che escludono la copertura assicurativa nelle ipotesi di utilizzo del veicolo da parte di persone non autorizzate o prive di abilitazione alla guida, poiché l’unica eccezione al principio sopra menzionato opera quando il veicolo assicurato è condotto da una persona non autorizzata e il passeggero, vittima dell’incidente, sia a conoscenza del fatto che il mezzo è stato oggetto di furto”.

La Cassazione, nel rigettare il ricorso e confermare il risarcimento dovuto al proprio assicurato da parte di UnipolSai, condannata anche a pagare tutte le spese di giudizio, riafferma quindi il principio di diritto: “in tema di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore, la previsione di una clausola di esclusione della garanzia assicurativa per i danni cagionati dal conducente non abilitato alla guida non è idonea, di per sè, ad escludere l’operatività della polizza assicurativa in favore della vittima trasportata a bordo del veicolo al momento dell’incidente e assicurata per la guida di tale veicolo, e tanto, a prescindere dal rilievo che l’assicurato vittima fosse consapevole del fatto che la persona che egli ha autorizzato a guidare il veicolo non era abilitata a tal fine, oppure che fosse convinto che fosse abilitata, opporre ancora che si sia posto o non si sia posto domande a tale riguardo”.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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