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A margine dell’udienza odierna in cui l’imputato ha patteggiato 3 anni e 4 mesi è emerso che in realtà le due vittime indossavano regolarmente le cinture di sicurezza

Nessun commento. I familiari di Mara Visentin, la sessantatreenne di Preganziol deceduta con l’amica Miriam Cappelleto, di 51 anni, nel terribile incidente accaduto la notte del 24 marzo 2022, un anno fa, sul Terraglio, già provati dal dolore per la perdita e per le “vicissitudini” giudiziarie della vicenda, preferiscono non esprimersi sulla condanna per il reato di duplice omicidio stradale pluriaggravato comminata quest’oggi, giovedì 16 marzo 2023, in tribunale a Treviso, dal giudice dott.ssa Piera De Stefani, a Ronnie Levacovic, il giovane Rom che ha tamponato con inaudita violenza  a una velocità di 125 km/h, con la sua potente Bmw, che guidava in stato di ebbrezza, la Citroen C1 su cui viaggiavano le due incolpevoli donne: l’imputato ha patteggiato la pena di tre anni e quattro mesi e gli è stata inflitta anche la sanzione accessoria della revoca della patente. I congiunti della signora Visentin, che sono stati assistiti e seguiti da Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, e per la parte penale dall’avv. Andrea Piccoli, del Foro di Treviso, essendo già stati integralmente risarciti, non si sono costituiti parte civile nel processo.

Non entro nella quantificazione della pena, frutto del rito processuale alternativo scelto dalla difesa, ma era innanzitutto importante che fosse affermata la piena responsabilità penale dell’imputato, cosa che è avvenuta, e, considerata la legge italiana, non si tratta di una condanna trascurabile” commenta invece l’avv. Piccoli, che era comunque presente in aula all’udienza, al termine della quale è stato peraltro fatto notare anche un particolare tutt’altro che secondario, non tanto (ormai) ai fini processuali quanto per la verità sui fatti di quella tragica notte.

Com’è noto, il fatto che le due vittime indossassero o meno le cinture di sicurezza è stato oggetto di ampio dibattito e il legale di Levacovic intendeva addurre il loro mancato utilizzo come attenuante per il proprio cliente, anche se poi quest’elemento è passato in secondo piano e non ha avuto alcun peso in giudizio in quanto la perizia cinematica disposta dal Pubblico Ministero della Procura della Marca titolare del relativo procedimento penale, il dott. Giulio Caprarola, aveva concluso che i sistemi di ritenzione non sarebbero comunque serviti a salvare la vita alle due vittime a fronte di un urto da tergo di tale entità, a cui ne era poi seguito un altro anteriore altrettanto violento contro la spalletta di un ponte carraio. Ma la realtà è che Mara e Mirian le cinture ce le avevano regolarmente e lo si evince chiaro dal rapporto dell’intervento dei vigili del fuoco di Treviso, i primi ad accorrere in loco, i quali scrivono che “… ci si dedicava all’estrazione delle due donne ancora imprigionate all’interno della loro vettura, con ancora le cinture di sicurezza allacciate”.

Una verità che conferma ciò che il figlio di Mara Visentin, Daniele, aveva sempre ripetuto, “mia madre le cinture le metteva sempre, anche per fare manovra nel cortile di casa, sono certo che le indossasse anche quella sera”, e che rende giustizia alle due vittime rispetto a tante illazioni sulla loro condotta, che anche in questo caso si è rivelata corretta e impeccabile: la loro unica colpa è stata quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. E di imbattersi nella persona sbagliata.

Caso seguito da:

Diego Tiso

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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