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Entra nell’ordinamento italiano il danno da perdita di chance, ovvero l’impossibilità di conseguire un determinato bene, fondata su una ragionevole e legittima aspettativa e non su quella semplice di fatto. La responsabilità medica, ad esempio, rientra proprio in questo caso; pensiamo agli errori di diagnosi che impediscano al paziente di avere una vita migliore e più decorosa. Un pronunciamento civile della terza sezione della Corte di Cassazione del 20 agosto 2015, il numero 16993, ha tolto ogni dubbio in merito e assume rilevanza a fini del risarcimento anche nel caso in sui dall’intervento chirurgico non sarebbe comunque derivata la permanenza in vita al paziente. “L’omissione della diagnosi di un processo morboso terminale – si legge – assume allora rilievo causale non solo in relazione alla chance di vivere per un (anche breve) periodo di tempo in più rispetto a quello poi effettivamente vissuto ma anche per la perdita da parte del paziente della chance di conservare, durante quel decorso, una “migliore qualità della vita”, intesa – come detto – quale possibilità di programmare il proprio essere persona e, quindi, in senso lato l’esplicazione delle proprie attitudini psico-fisiche in vista e fino a quell’esito”.

Se dovesse essere ammesso, il danno da perdita di chance dovrà essere determinato in modo equo dal giudice tenendo conto delle reali possibilità di sopravvivenza o di miglioramento della qualità della vita del paziente che sarebbero potute conseguire a un comportamento non viziato da un errore medico.

Scritto da:

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Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Malasanità

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