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Com’è (o dovrebbe essere) noto, il D.Lgs. 209 2005, art. 149, ossia il Codice delle Assicurazioni private, per agevolare l’iter risarcitorio ha introdotto la possibilità per il danneggiato, che ovviamente abbia tutta o parte di ragione, di richiedere i danni direttamente alla propria compagnia assicurativa che poi si rivarrà su quella di controparte, sempre che (il caso più rilevante che rimane al di fuori dal campo di applicazione della norma) le lesioni fisiche riportate rientrino nel novero delle “micropermanenti”, comportando cioè un danno biologico non superiore ai 9 punti percentuali.

In questa procedura, tuttavia, nel caso in cui si sia corretti ad adire le vie legali per il diniego al risarcimento della propria compagnia assicurativa, bisogna sempre citare in causa anche il conducente del veicolo di controparte, che è litisconsorte necessario. Un concetto che è poco chiaro non solo ai danneggiati ma anche a diverse corti di giustizia territoriali, con la grave conseguenza che quando il giudizio arriva in Cassazione, la Suprema Corte è costretta, in applicazione della legge, ad azzerare tutto il procedimento che deve quindi ripartire da zero, con pesanti disagi in termini di tempo e di costi per chi l’ha promosso e attende da anni di essere risarcito.

 

Un automobilista cita la sua assicurazione per essere risarcito dei danni subiti in un incidente

Una disavventura toccata da ultimo a un automobilista ligure che si era visto costretto a chiamare in causa avanti il giudice di Pace di Taggia la (propria) impresa di assicurazioni U.G.F. s.p.a. (poi UnipolSai chiedendo che fosse condannata al risarcimento dei danni subiti dall’autovettura di sua proprietà a causa di un incidente stradale accaduto, a suo dire, per il comportamento negligente dell’altro automobilista coinvolto, il quale in buona sostanza, per superare un altro veicolo, aveva invaso la corsia opposta che però era impegnata dalla vettura del danneggiato già in fase di sorpasso, con il conseguente inevitabile scontro tra i due mezzi.

Il tribunale gli riconosce ragione piena e condanna UnipolSai al risarcimento

Il giudice di pace aveva ritenuto responsabili in ugual misura entrambi i conducenti coinvolti, condannando quindi la società di assicurazione a rifondere al proprio assicurato la somma di 7.750 euro, pari alla metà dei danni (al veicolo) dimostrati, nonché la somma di di 400 euro a titolo di fermo tecnico per il periodo in cui non aveva potuto utilizzare la sua auto in riparazione.

L’automobilista aveva appellato la decisione e il tribunale di Imperia, quale giudice di seconde cure, ne aveva parzialmente accolto il gravame, ascrivendo l’intera responsabilità alla controparte e condannando la compagnia, con sentenza del marzo del 2019, a pagargli l’intero danno, 15.500 euro (an che se aveva escluso quello relativo al fermo tecnico), e anche a rifondere le spese dei due gradi di giudizio.

 

La compagnia ricorre per Cassazione lamentando la mancata citazione della controparte

Unipolsai ha allora proposto ricorso per Cassazione con svariati motivi di doglianza ma la Suprema Corte, con l’ordinanza 42112/21 depositata il 31 dicembre 2021, non è neppure entrata in quelli relativi alle responsabilità e ha per forza dovuto analizzare prioritariamente e accogliere il secondo elemento di censura, nel quale la compagnia lamentava il fatto che non fosse stato chiamato in giudizio anche il conducente del mezzo antagonista: trattandosi di azione diretta ai sensi dell’art. 149 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, aveva eccepito l’impresa, quel conducente era da ritenere litisconsorte necessario.

La Suprema Corte concorda: il conducente dell’altro mezzo è litisconsorte necessario

In materia di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per la circolazione dei veicoli – ribadiscono gli Ermellini -, nella procedura di risarcimento diretto di cui all’art. 149 del d. lgs. n. 209 del 2005, promossa dal danneggiato nei confronti del proprio assicuratore, sussiste litisconsorzio necessario rispetto al danneggiante responsabile, analogamente a quanto previsto dall’art. 144, comma 3, dello stesso decreto (ordinanza 20 settembre 2017, n. 21896).

Ne consegue dunque che, “laddove il proprietario del veicolo assicurato non sia stato citato in giudizio, il contraddittorio deve essere integrato ai sensi dell’art. 102 cod. proc. civ. e la relativa omissione, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo, comporta l’annullamento della sentenza ai sensi dell’art. 383, terzo comma, cod. proc. civ. (sentenza 8 aprile 2020, n. 7755)”.

Essendo fuori di dubbio nel caso specifico che il giudizio era stato promosso con azione di risarcimento diretto ai sensi dell’art. 149 cit., “il contraddittorio avrebbe dovuto essere integrato anche nei confronti del conducente del veicolo antagonista” concludono gli Ermellini.

Il risultato è che la sentenza impugnata è stata cassata e il giudizio è stato rinviato al Giudice di pace di Taggia, in persona di un diverso magistrato, affinché proceda ad un nuovo giudizio di primo grado “nella pienezza del contraddittorio”, oltre a determinare sulla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione e dei precedenti gradi di merito. Insomma, a causa di questa omissione, non rilevata dai giudici territoriali, un processo durato già anni dovrà ricominciare daccapo.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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