Un malore improvviso mentre si è in servizio — che si tratti di un infarto, di un ictus o di un altro evento acuto — apre subito questioni cruciali: chi risponde? chi paga l’infortunio sul lavoro? e soprattutto, chi deve provare la colpa del datore di lavoro?
Indice
Causa di servizio: perché è determinante
Il riconoscimento della causa di servizio accerta che l’evento avverso è riconducibile all’attività lavorativa. Questo riconoscimento, che spesso interviene in ambito amministrativo (es. per dipendenti pubblici), non è soltanto la base per un indennizzo: secondo la giurisprudenza più recente è anche centrale nel giudizio civile.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26293 del 28 settembre 2025 (in continuità con precedenti, fra cui la n. 24804/2023), ha infatti chiarito che il nesso causale accertato per la causa di servizio è lo stesso di cui ha bisogno il giudice civile per valutare la responsabilità del datore di lavoro. In pratica: se il legame tra malore e servizio è già stato accertato, il lavoratore o gli eredi non devono dimostrarlo nuovamente.
Art. 2087 c.c.: l’obbligo di sicurezza a 360°
L’articolo 2087 del codice civile impone al datore di lavoro un obbligo generale di tutela della salute e della personalità morale del lavoratore. Non è un mero obbligo tecnico di dotare il personale di dispositivi: riguarda l’organizzazione complessiva del lavoro.
Fra gli aspetti rilevanti rientrano la gestione dei turni, la prevenzione dello stress lavoro-correlato, il carico di lavoro e l’equilibrio fra orario e riposo. Turni prolungati, turnazioni mal gestite o carichi insostenibili possono costituire violazioni dell’art. 2087 c.c., anche quando formalmente siano stati concessi periodi di riposo.
Chi deve provare la colpa? L’inversione dell’onere della prova
In una normale azione risarcitoria il danneggiato deve provare il danno, la condotta illecita e il nesso di causalità. Nei casi in cui sia già riconosciuta la causa di servizio, la Cassazione ha stabilito che il quadro cambia: l’onere probatorio si sposta sul datore di lavoro.
Questo significa che, dopo che gli eredi o il lavoratore hanno dimostrato il danno (es. il decesso o la menomazione) e il riconoscimento della causa di servizio (che prova il nesso), la palla passa all’azienda. È essa che deve dimostrare, in modo rigoroso, di aver adottato tutte le misure necessarie a prevenire l’evento — ossia di aver assolto all’obbligo di sicurezza previsto dall’art. 2087 c.c. — o che l’evento sia dipeso da una causa esterna, imprevedibile o inevitabile.
Perizie penali e processo civile: non sono sovrapponibili
Spesso, per un malore mortale, si apre un’indagine penale con relativa CTU. Tuttavia la consulenza tecnica penale non vincola il giudice civile. I due rami del diritto hanno standard diversi: nel penale si richiede la prova “oltre ogni ragionevole dubbio”, mentre nel civile il criterio è quello della maggiore probabilità.
Se la causa di servizio ha già stabilito il nesso tra lavoro e malore, la diversa valutazione tecnica in sede penale non impedisce al giudice civile di riconoscere il risarcimento, quando l’azienda non riesce a fornire prova liberatoria adeguata.
Cosa succede se mi faccio male mentre vado al lavoro?
La domanda “Cosa succede se mi faccio male mentre vado al lavoro?” riguarda l’infortunio in itinere. L’INAIL riconosce e indennizza l’infortunio avvenuto nel tragitto casa–lavoro se il percorso è abituale, necessario e senza deviazioni ingiustificate.
Il riconoscimento da parte dell’INAIL (infortunio in itinere) non preclude automaticamente azioni risarcitorie ulteriori: se l’incidente è connesso a condizioni lavorative — ad esempio turni che provocano sonnolenza o stress tale da aumentare il rischio di incidente — possono sorgere profili di responsabilità del datore di lavoro.
Perché queste sentenze fanno la differenza
Le pronunce recenti offrono maggiore tutela ai lavoratori e agli eredi perché:
- valorizzano il riconoscimento amministrativo della causa di servizio anche in sede civile;
- spostano l’onere della prova sull’azienda, agevolando il ricorso al risarcimento;
- rafforzano il ruolo dell’art. 2087 c.c. come norma di garanzia estesa;
- limitano l’efficacia vincolante di CTU penali nelle decisioni civili.
In caso di malore sul lavoro, sapere chi paga l’infortunio sul lavoro e chi deve provare la colpa è fondamentale per ottenere una tutela completa. La giurisprudenza degli ultimi anni ha reso più agevole il percorso risarcitorio per il lavoratore e per i suoi eredi, trasferendo sull’azienda l’onere di dimostrare di aver fatto tutto quanto necessario per evitare l’evento dannoso.
Se ti trovi in questa situazione o vuoi valutare un possibile reclamo o una richiesta di risarcimento, contatta gli esperti di Studio3A per una prima valutazione del caso.
Scritto da:
Vedi profilo →
Categoria:
Infortuni sul LavoroCondividi
Affidati aStudio3A
Nessun anticipo spese, pagamento solo a risarcimento avvenuto.
Articoli correlati