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Le ultime tabelle di Milano per la liquidazione del danno parentale, “ricalibrate” dal tribunale meneghino proprio sulla base delle osservazioni della Cassazione, sono corrette, legittime e da applicare secondo la Suprema Corte, che ha dato il suo “placet” con l’ordinanza n. 37009/2022 depositata il 16 dicembre 2022 con la quale ha accolto il ricorso dei familiari di una donna vittima di una trasfusione di sangue infetto.

La causa dei congiunti di una donna vittima di una trasfusione di sangue infetto

I suoi congiunti avevano citato in causa il Ministero della Salute avanti il Tribunale di Palermo, che con decisione del 2012 aveva accolto parzialmente la domanda, e avevano quindi appellato la sentenza, che la Corte d’appello palermitana aveva parzialmente riformato in punto di prescrizione, in applicazione dei principi affermati dalla Cassazione, a sezioni unite, con le sentenze nn. 576-584 del 20 novembre 2008, in base ai quali la prescrizione del diritto al risarcimento non può cominciare a decorrere fino a quando il danneggiato, pur sapendo di aver contratto la malattia, non sia in grado di conoscerne la causa e, perciò, di collegarla sotto il profilo causale alla condotta dell’autore dell’illecito. Inoltre, il giudice dell’appello aveva riformato la decisione del tribunale circa la liquidazione del danno parentale, riconoscendo, per ciascun figlio, un risarcimento di 50mila euro e per ciascun nipote una somma di diecimila euro.

Gli eredi della donna hanno proposto ricorso anche per Cassazione lamentando la violazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c., art. 2.e 3 Cost. e art. 1226 c.c. e delle Tabelle di Milano sulla liquidazione del danno non patrimoniale. Secondo i ricorrenti, la Corte territoriale aveva errato nel liquidare il risarcimento spettante ai familiari della vittima, non avendo applicato i parametri indicati nelle tabelle del tribunale di Milano nonostante si fosse esplicitamente lamentata, nell’atto d’impugnazione, la loro violazione parametri. La Corte d’Appello, pur accogliendo la doglianza relativa all’erronea quantificazione dei danni operata dal tribunale, si era però discostata senza alcuna motivazione dai valori dalle tabelle milanesi, liquidando una somma inferiore ad un terzo rispetto al minimo stabilito per tale tipo di danno.

 

Il ricorso per Cassazione per mancata applicazione delle tabelle milanesi sul danno parentale

Ebbene, per la Suprema Corte il motivo è fondato.

La cassazione ripercorre tutta la più recente giurisprudenza di legittimità relativa ai criteri di liquidazione del danno parentale, a cominciare dalla sentenza n. 4852 del 1999 nella quale si era affermato il principio secondo il quale “la liquidazione del danno biologico può essere effettuata dal giudice con ricorso al metodo equitativo, tenendo conto delle circostanze del caso concreto e specificamente, quali elementi di riferimento della gravità delle lesioni, degli eventuali postumi permanenti, dell’età, dell’attività espletata, delle condizioni sociali e familiari del danneggiato; nel procedere alla liquidazione il giudice può ricorrere anche a criteri predeterminati e standardizzati, come quello che assume a parametro il valore medio del punto di invalidità calcolato sulla media dei precedenti giudiziari (cosiddette “tabelle”), purché ciò attui in modo flessibile, definendo una regola ponderale su misura per il caso specifico e motivando congruamente in ordine all’adeguamento del valore medio del punto alle peculiarità del caso anche quando adotti una “tabella” costruita con riferimento ai parametri dell’età e del grado di invalidità del soggetto leso; poiché l’adozione delle cosiddette “tabelle” costituisce di per sé espressione del potere equitativo del giudice, questi non è vincolato all’adozione della tabella adottata presso il proprio ufficio giudiziario e ben può adottare “tabelle” in uso presso altri uffici; peraltro, poiché il fondamento della “tabella” è la media dei precedenti giudiziari in un dato ambito territoriale e la finalità è quella di uniformare i criteri di liquidazione del danno, il giudice deve congruamente motivare le ragioni della sua scelta“.

 

Le tabelle di Milano assunte come riferimento nazionale per il danno non patromoniale

I giudici del Palazzaccio rammentano quindi la sentenza del 7 giugno 2011, n. 12408, con la quale la Suprema Corte, specificando ulteriormente la portata di tali principi, ampliando l’orizzonte risarcitorio fondato sul metodo tabellare anche al danno da perdita del rapporto parentale, e circoscrivendo la legittimità del ricorso a quel metodo alla sola ipotesi di applicazione delle tabelle milanesi, aveva affermato l’innovativo principio secondo il quale “la mancata adozione da parte del giudice di merito delle Tabelle di Milano in favore di altre, ivi ricomprese quelle in precedenza adottate presso la diversa autorità giudiziaria cui appartiene, integra violazione di norma di diritto, censurabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360, I comma, n. 3, c.p.c.“.

Nelle motivazioni, gli Ermellini avevano osservato come, sul piano dei valori tabellari, si registrassero “divergenze assai accentuate, che di fatto danno luogo ad una giurisprudenza per zone, difficilmente compatibile con l’idea stessa dell’equità: accade, ad esempio, che ad un giovane macroleso invalido all’80% si possa riconoscere, in base alle diverse tabelle in uso ed indipendentemente dalla personalizzazione, un risarcimento che oscilla tra i 430mila ed i 700mila euro; che per la morte di un figlio la forbice possa variare da 30mila a 300mila euro; che alcuni tribunali attribuiscano maggior peso alla morte di un figlio rispetto a quella della moglie, che altri facciano il contrario”, per poi concludere nel senso chele Tabelle di Milano costituiscono il parametro di riferimento, per il giudice di merito, ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale, ovvero il criterio di riscontro e verifica di quella, di inferiore (o comunque diverso) ammontare cui sia pervenuto, essendo incongrua la motivazione che non dia conto delle ragioni della preferenza assegnata ad una quantificazione che, pur avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, risulti sproporzionata rispetto a quella cui l’adozione dei parametri esibiti dalle dette Tabelle di Milano avrebbe consentito di pervenire”.

Ragion per cui il giudice di merito era chiamato “a dare adeguatamente conto dei criteri posti a base del procedimento valutativo seguito per addivenire all’adottata liquidazione, indicando il parametro standard adottato; come sia stato esso individuato; quali siano i relativi criteri ispiratori e le modalità di calcolo; quale sia l’incidenza al riguardo assegnata ai parametri considerati; le ragioni della mancata considerazione di altri parametri, a fortiori in caso di scostamento in diminuzione dal dato monetario indicato dalle Tabelle di Milano”, essendo poi onere del danneggiato “chiedere che la liquidazione avvenga in base al sistema tabellare, ma non anche quello di produrle in giudizio, in quanto esse, pur non costituendo fonte normativa, costituiscono diritto vivente nella determinazione del danno non patrimoniale“.

 

Vanno applicate le tabelle vigenti al momento della sentenza

Venendo al caso di specie, la Cassazione sottolinea come la Corte d’Appello palermitana si fosse apertamente e immotivatamente discostata da questi principi. Infatti, il giudice territoriale, pur accogliendo la doglianza relativa all’erronea quantificazione dei danni operata dal tribunale, aveva poi “immotivatamente riconosciuto agli appellanti una somma considerevolmente inferiore rispetto al minimo tabellare previsto dall’osservatorio milanese per tale tipo di danno”.

E al riguardo, la Suprema Corte sottolinea altresì come “il principio secondo il quale la liquidazione del danno non patrimoniale secondo il criterio tabellare garantisce una liquidazione equitativa ex articolo 1226 c.c. sia stato ulteriormente precisato nel senso che il giudice è tenuto ad applicare la tabella vigente al momento della decisione, risultando, di converso, irrilevante che, dopo la delibazione, ma prima del deposito della sentenza, sia stata diffusa una versione aggiornata della tabella”, aggiungendo inoltre che “ciascuno dei familiari superstiti ha diritto ad una liquidazione comprensiva di tutto il danno non patrimoniale subìto, in proporzione alla durata e intensità del vissuto, nonché alla composizione del restante nucleo familiare in grado di prestare assistenza morale e materiale, avuto riguardo all’età della vittima e a quella dei familiari danneggiati, alla personalità individuale di costoro, alla loro capacità di reazione e sopportazione del trauma e ad ogni altra circostanza del caso concreto, da allegare e provare (anche presuntivamente, secondo nozioni di comune esperienza) da parte di chi agisce in giudizio, spettando alla controparte la prova contraria di situazioni che compromettono l’unità, la continuità e l’intensità del rapporto familiare“.

 

La recente preferenza data alle Tabelle di Roma e al sistema a punti per il danno parentale

Ed è qui che gli Ermellini arrivano agli ultimi sviluppi della questione e alla rilevazione, da parte della Suprema Corte, della carenza, in seno alla tabella milanese, di tali (e di ulteriori, altrettanto necessari) parametri standard di valutazione, rilevata nella sentenza n. 10579/2021 e poi, più esplicitamente, con le pronunce n. 26300/2021 e n. 33005/2021. Le quali avevano evidenziato come le tabelle elaborate dal Tribunale di Roma, a differenza di quelle di Milano, fossero le sole, sul territorio nazionale, in grado di garantire l’applicazione di quei criteri equitativi predicati dalla sentenza 12408/2011, riaffermandone (e dandogli così continuità) il principio secondo cui, “in tema di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, al fine di garantire non solo un’adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul “sistema a punti”, che preveda, oltre all’adozione del criterio a punto, l’estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l’elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l’indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull’importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l’eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella”.

Nello specifico, era stata così cassata la decisione del giudice d’appello che, nel liquidare il danno da perdita del rapporto parentale patito dal fratello e dal coniuge della vittima, aveva fatto applicazione delle tabelle milanesi, non fondate sulla tecnica del punto, bensì sull’individuazione di un importo minimo e di un “tetto” massimo, con un differenza monetaria molto ampia tra l’uno e l’altro).

I criteri indicati dalla Cassazione per la liquidazione del danno parentale, in sintesi erano dunque: adozione del criterio “a punto variabile”; estrazione del valore medio del punto dai precedenti; modularità; elencazione delle circostanze di fatto rilevanti (tra le quali, da indicare come indefettibili, l’età della vittima, quella del superstite, il grado di parentela, la eventuale convivenza) e dei relativi punteggi.

 

La Cassazione valuta positivamente gli ultimi “correttivi” delle tabelle milanesi

Premesso tutto ciò, il Collegio rileva che le ultime tabelle milanesi, rielaborate e rese pubbliche nel mese di giugno 2022, “si conformano tout court ai suddetti requisiti. In particolare, l’assegnazione dei punti è stata ripartita in funzione dei cinque parametri corrispondenti all’età della vittima primaria e della vittima secondaria, della convivenza tra le due, della sopravvivenza di altri congiunti e della qualità intensità della specifica relazione affettiva perduta”.

Sulla base di tali indicazioni, partendo dai valori monetari previsti dalla precedente formulazione “a forbice”, è stato ricavato il valore base per la tabella relativa alla perdita di genitori/figli/coniuge/assimilati, nonché per la quella relativa alla perdita di fratelli/nipoti. Si è così stabilito che i punti astrattamente attribuibili siano pari rispettivamente ad un massimo di 118 (per la tabella relativa alla perdita di genitori/figli/coniuge/assimilati) e di 116 (per la tabella relativa alla perdita di fratelli/nipoti), con un “Cap” pari al valore monetario massimo della forbice delle precedenti tabelle, al fine di consentire la liquidazione del massimo valore risarcitorio in diverse ipotesi e non in un solo caso, salva sempre la ricorrenza di circostanze eccezionali.

La pubblicazione di due tabelle con una differente distribuzione di punti consente altresì di diversificare i criteri relativi alla perdita del parente di primo grado e coniuge/assimilati e quelli previsti per i parenti di secondo grado. Inoltre, emerge che, dei cinque parametri considerati ai fini della distribuzione a punti, quattro hanno natura oggettiva – e sono quindi dimostrabili – in guisa di presunzioni semplici, che consentono sempre la prova contraria – anche con documenti anagrafici, mentre il quinto ha natura soggettiva e riguarda sia gli aspetti dinamico relazionali (stravolgimento della vita della vittima secondaria in conseguenza della perdita) sia quelli da sofferenza interiore – entrambi da allegare e provare, anche con presunzioni, non essendo predicabile, nel sistema della responsabilità civile, l’esistenza di una fattispecie di danno in re ipsa”.

Ne consegue che, in applicazione del già ricordato principio secondo il quale il giudice di merito, compreso quello di rinvio del procedimento conseguente alla cassazione della sentenza d’appello, è tenuto ad applicare le tabelle vigenti al momento della decisione, “le nuove tabelle milanesi consentono – al pari di quelle romane – una liquidazione rispettosa dei criteri indicati da questa Corte con le citate pronunce 10579 e 26300 del 2021, onde la loro applicazione in sede di giudizio di rinvio, come invocata espressamente da parte dei ricorrenti nel corso del giudizio di merito, dovrà ritenersi del tutto conforme a diritto nel caso di specie, poiché l’individuazione dei criteri poc’anzi ricordati consente l’applicazione della legge, ordinaria e costituzionale (artt. 1226 c.c., art. 3 Cost.), in modo sostanzialmente – sia pur se solo tendenzialmente, in assenza di una tabella unica nazionale di matrice legislativa – uniforme sul territorio nazionale”.

 

Ma a quando la tabella unica nazionale?

La Suprema Corte conclude il suo excursus ricordando come non sia mai stato ne sia tutt’oggi suo compito “procedere a qualsivoglia valutazione (e men che meno a qualunque intervento di merito) sui singoli criteri di quantificazione del danno, rimessi tout court ai Tribunali e alle Corti territoriali, ma formulando l’auspicio, “nel perdurante quanto assordante silenzio del legislatoredella costruzione di una tabella unica nazionale, all’esito di un lavoro congiunto tra gli osservatori impegnati nello studio ed alla elaborazione delle tabelle relative al danno da perdita del rapporto parentale. Resta ferma la possibilità – immanente ad un diritto che resta radicato nella inevitabile approssimazione di tabelle di origine pretoria e non legislativa – di una liquidazione che non si conformi ai parametri tabellari, volta che l’assoluta ed evidente eccezionalità del caso si sottragga ad una meccanica, arida e pur sempre inappagante operazione aritmetica, a condizione che la valutazione equitativa “pura” adottata dal giudice di merito si sostanzi e tragga linfa da un complesso di argomenti, chiaramente enunciati, nella logica della conformazione e del superamento della regola tabellare nel caso specifico”.

Concludendo, la Suprema Corte afferma dunque che le nuove tabelle integrate a punti per il danno parentale come rielaborate dall’Osservatorio di Milano, risultando coerenti con i principi di diritto enunciati nella sentenza di questa Corte n. 10579/2021, “potranno essere legittimamente applicate dal giudice del rinvio qualora la parte, come nella specie, ne abbia fatto espressa richiesta nei precedenti gradi di giudizio, per determinare una liquidazione equa, uniforme e prevedibile del danno lamentato”, con conseguenti cassazione della sentenza impugnata e rinvio, appunto, della causa alla Corte di appello di Palermo che, in diversa composizione, “provvederà all’applicazione delle tabelle milanesi nella più recente edizione del 29 giugno 2022”.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Malasanità

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