Per la morte di una bambina a un anno di età, causata dalle malformazioni non rilevate dall’ecografia prenatale del feto, sono sufficienti 200mila euro per il risarcimento del danno parentale e del dolore subito dai genitori in conseguenza della perdita.
Farà discutere una recente sentenza della Cassazione, la numero 29333/2017, secondo la quale questa cifra sarebbe una somma ragionevole, comprensiva di tutte le voci di danno, e non irrisoria, come invece affermato nel caso di specie dai genitori della piccola.
Alla base della pronuncia vi è il doloroso caso di una bambina nata con una malattia congenita, non diagnosticata dal medico ecografista e che l’aveva portata alla morte dopo appena un anno di vita.
Il giudice di merito aveva ritenuto congruo per i genitori un risarcimento pari a 200mila euro, ripartiti per il 60 per cento a favore della madre e per il restante 40 per cento a favore del padre, ma la coppia, ritenendo tale somma inadeguata ai danni subiti in conseguenza della triste vicenda, si era quindi rivolta alla Corte di Cassazione che, tuttavia, ha rigettato il ricorso.
Nel caso specifico, secondo i giudici, si trattava in realtà non tanto di risarcire la perdita di un rapporto parentale causata dall’inadempimento di un medico quanto, più precisamente, di risarcire il dolore sofferto dai genitori per una morte verificatasi per cause naturali, a causa della mancata diagnosi delle malformazioni e della consequenziale mancata interruzione della gravidanza.
Per la Corte, quindi, il richiamo alle tabelle di Milano relativo al danno parentale sarebbe stato correttamente compiuto dal giudice del merito a titolo meramente orientativo con lo scopo di evitare liquidazioni arbitrarie. Si tratta, in altre parole, di una liquidazione che costituisce, secondo la Suprema Corte, “il risultato di un apprezzamento equitativo che non viola norme o criteri giuridici e che non è sindacabile in sede di legittimità“.
La Cassazione ha ritenuto corretta anche la diversificazione del risarcimento tra i due genitori, che deriva dalla specificità del pregiudizio da risarcire, dal più diretto coinvolgimento della madre nella scelta abortiva preclusa e dall’inconscio senso di colpa sofferto dalla donna per le malformazioni.
Scritto da:
Dott. Nicola De Rossi
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