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Per parlare di “infortunio in itinere” e poter quindi ottenere la prevista copertura assicurativa, l’incidente deve accadere lungo l’abituale percorso casa-lavoro: non sono ammesse “deviazioni”, neanche per accompagnare a casa un collega.

E’ una sentenza che fa molto discutere quella – la numero 22180/21 depositata il 3 agosto 2021 – con cui la Cassazione, Sezione Lavoro, ha riaffermato con estrema rigidità questo principio rigettando definitivamente le pretese dei familiari di un lavoratore rimasto per vittima di un incidente stradale mentre rincasava dal porto di lavoro.

 

La moglie della vittima di un infortunio “in itinere” cita l’Inail per ottenere la rendita

La giovane vedova, anche quale genitrice esercente la potestà genitoriale sui figli minori, aveva citato in causa l’lnail per ottenere il riconoscimento alla rendita ai superstiti per l’infortunio occorso al congiunto, secondo il suo giudizio avvenuto senz’altro “in itinere” in occasione di lavoro, e in primo grado il Tribunale aveva avallato la domanda, ma la Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 2014, aveva accolto l’impugnazione dell’Istituto contro la decisione di primo grado: l’Inail aveva per l’appunto eccepito sul fatto che si trattasse di incidente in itinere, in quanto non era accaduto nel normale tragitto casa-lavoro, il lavoratore aveva “deviato” per portare a casa un collega.

Il lavoratore aveva “deviato” per accompagnare a casa un collega

Su quale sia il normale percorso di andata e ritorno stabilito dalla legge si è molto dibattuto. Ad esempio, non deve necessariamente essere quello più breve: si può anche percorrere un itinerario più lungo, purché vi siano valide ragioni per farlo, come evitare strade intensamente trafficate o blocchi per lavori in corso. In una circolare, l’Inail ha specificato che, se il percorso seguito non è quello più breve, deve essere “giustificato dalla concreta situazione di viabilità”. Dunque, una qualche elasticità è riconosciuta, ma non tale da “ammettere” digressioni ritenute ingiustificate.

A nulla infatti è valso alla moglie della vittima proporre ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha ribadito che la deviazione dal normale tragitto, compiuta dal lavoratore infortunato mentre accompagna a casa un collega, rende l’infortunio “indipendente dal lavoro”. Aggiungendo anche che, deviando dall’abituale percorso, il lavoratore “si espone a rischi diversi da quelli della normale attività» e che addirittura compieun arbitrario aggravamento del rischio».

E tutto ciò preclude il diritto a ricevere l’indennizzo per infortunio in itinere.

 

Scegliere un percorso diverso dal normale tragitto casa-lavoro è un “rischio elettivo”

In conclusione, la scelta di accompagnare un collega a casa viene considerata non connessa all’espletamento dell’attività di lavoro: la Suprema Corte, in sintonia con altri suoi precedenti, ha applicato alla fattispecie in questione il criterio del “rischio elettivo”, cioè il livello di esposizione ai pericoli scelto consapevolmente dal lavoratore, che così facendo si espone anche ad un eventuale incidente stradale e dovrà subire le conseguenze negative del mancato riconoscimento dell’infortunio in itinere.

“In tema di infortunio in itinere, indipendentemente dall’applicazione dell’art. 2, comma 3, d.P.R. n. 1124/1965 – concludono gli Ermellini -, per rischio elettivo, che esclude la cosiddetta “occasione di lavoro”, si intende una condotta personalissima del lavoratore, avulsa dall’esercizio della prestazione lavorativa o ad essa riconducibile, esercitata ed intrapresa volontariamente in base a ragioni e motivazioni del tutto personali, al di fuori dell’attività lavorativa a prescindere da essa, idonea ad interrompere il nesso eziologico tra prestazione ed attività assicurata.

Ne consegue che va esclusa la copertura assicurativa per l’infortunio occorso lungo un tragitto prescelto dal lavoratore per raggiungere il posto di lavoro dovuto a scelte per ragioni personali, estranee all’attività lavorativa ed esulanti la “normalità” del percorso casa-lavoro”.

E’ bene dunque tenere presente che, sulla scorta di questo per la verità molto rigido orientamento, chi si presta ad accompagnare un collega a casa per ragioni di cortesia ed amicizia, lo fa a proprio rischio e pericolo nel senso che, in caso di  incidente, non sarà risarcito dall’Inail.

Scritto da:

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Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Infortuni sul Lavoro

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