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L’insegnante e quindi la Scuola sono responsabili dell’infortunio dello studente, nello specifico occorso durante o a margine della lezione di ginnastica, anche se questi non avrebbe dovuto giocare in quanto esonerato dall’attività fisica, e anche se accaduto alla fine dell’ora, perché gli obblighi di vigilanza sussistono per tutta la permanenza degli alunni nel plesso: nello specifico, peraltro, la docente sarebbe uscita dalla palestra per fumare.

Con la sentenza n. 21255/22 depositata il 5 luglio 2022 la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ha riaffermato con forza l’obbligo di controllo continuativo degli alunni da parte del personale scolastico e la sussistenza della responsabilità dell’istituto in caso di lesioni, anche in casi particolari. 

Uno studente chiede i danni alla Scuola per un infortunio durante l’ora di educazione fisica

Lo studente in questione, nel lontano 2009, aveva citato in causa avanti il tribunale di Roma l’istituto tecnico che aveva frequentato alle superiori, l’ufficio scolastico regionale per il Lazio e il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca chiedendo il risarcimento dei danni subiti in conseguenza di un infortunio di cui era rimasto vittima durante l’orario scolastico, quando era ancora minorenne. Più precisamente, aveva riportato, stando alla sua versione, gravi lesioni alla tibia a causa di una brutta caduta avvenuta durante l’ora di educazione fisica, nonostante fosse esonerato dal prendere parte all’attività, mentre l’insegnante avrebbe omesso di vigilare la classe, essendo andata a fumare una sigaretta con altri colleghi al di fuori della palestra.

Un versione contestata dalla Scuola che, nel costituirsi, aveva invece asserito che l’incidente si sarebbe verificato alla presenza della docente, che anzi avrebbe tentato in ogni modo di evitare che lo studente svolesse l’attività fisica dalla quale era esonerato, senza peraltro riuscirvi.

Il tribunale, con sentenza del 2013, aveva accolto la domanda risarcitoria, condannando le controparti a rifondere allo studente la somma di quasi 42mila euro, oltre interessi e spese processuali.

 

Domanda accolta in primo grado, ma respinta dai giudici d’appello: colpa solo dell’alunno

In totale riforma della decisione di primo grado, invece, la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 2021, aveva dichiarato l’esclusiva responsabilità del giovane nella determinazione dell’infortunio, il quale aveva svolto l’attività fisica nonostante fosse pienamente consapevole della propria condizione di inabilità temporanea. 

La corte territoriale, pur riconoscendo la natura contrattuale della responsabilità dell’istituto scolastico, aveva affermato che, indipendentemente dalla presenza o meno dell’insegnante in palestra, sussisteva il divieto per l’alunno di partecipare a quella lezione e che il sinistro darebbe peraltro accaduto al momento del cambio dell’ora, ossia terminata la lezione di educazione fisica. L’alunno, non potendo restare da solo in classe, era sceso con i compagni in palestra e la caduta sarebbe stata imputabile solo allo stesso studente, il quale era ben consapevole, considerata la sua età, che non poteva giocare a pallacanestro, peraltro senza previo riscaldamento. In buona sostanza, i giudici avevano escluso che la condotta dell’insegnante e dell’istituto avesse avuto un qualche rilievo nella cassazione dell’infortunio.

A questo punto è stato il danneggiato a ricorrere per Cassazione con una serie di motivi di doglianza. Quello che qui interessa è il primo, accolto dalla Suprema Corte con assorbimento degli altri, nel quale il ricorrente ha lamentato la violazione o falsa applicazione al caso specifico di norme di diritto e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 1218 e 2048 del codice civile e ai criteri di ripartizione legale dell’onere della prova. La Corte d’appello avrebbe errato nell’applicare la norma che determina il riconoscimento della responsabilità dell’Amministrazione per il danno sofferto per l’infortunio occorso durante l’orario scolastico nonché in relazione all’art 115 del codice di procedura civile quanto al nesso causale tra esonero dell’attività fisica e danno generato dalla stessa. 

 

L’istituto non ha provato che l’evento fosse stato determinato da una causa non imputabile

Dunque, sarebbero state applicate erroneamente nella sentenza impugnata le regole di riparto dell’onere della prova, in materia di responsabilità contrattuale, nonché i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità sull’accertamento della responsabilità dell’insegnante per il danno subito dall’alunno. Il ricorrente ha sostenuto con forza che egli era tenuto a provare esclusivamente che il danno si era verificato in orario scolastico, ovvero sotto la vigilanza all’istituto, mentre la scuola doveva dimostrare che l’evento dannoso era stato determinato da una causa a lei non imputabile, aggiungendo di aver compiutamente provato non solo che l’evento era effettivamente accaduto durante l’orario di lezione, ma anche che la docente non era presente in quel momento in palestra. Al contrario, l’istituto non avrebbe fornito alcuna prova liberatoria richiesta dall’art. 1218 c.c., al fine di giustificare l’asserito inadempimento degli obblighi di vigilanza e controllo da parte dell’insegnante.

La Cassazione gli ha dato piena ragione. La responsabilità della scuola, premette la Suprema Corte, per lesioni riportate da un alunno minore all’interno dell’istituto, in conseguenza della condotta colposa del personale scolastico, “ricorre anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto al di fuori dell’orario delle lezioni, in quanto il dovere di organizzare la vigilanza degli alunni mediante l’adozione, da parte del personale addetto al controllo degli studenti, delle opportune cautele preventive, sussiste sin dal loro ingresso nella scuola e per tutto il periodo in cui gli stessi si trovino legittimamente nell’ambito dei locali scolastici”. 

 

La scuola risponde degli infortuni per tutta la permanenza degli studenti nel plesso

Premesso questo gli Ermellini aggiungono che, nell’ambito della responsabilità contrattuale, “la causa non imputabile rilevante ai sensi dell’arte 1218, e cioè il fatto imprevedibile e inevitabile per il debitore, è stata attribuita dal giudice d’appello alla circostanza dell’accadimento del sinistro al termine della lezione di educazione fisica e all’iniziativa dell’alunno, nonostante la consapevolezza da da parte di costui dell’inabilità e nonostante gli fosse stata vietata la partecipazione alla lezione di educazione fisica”. 

La Corte territoriale, come detto, non aveva invece attribuito rilevanza alla circostanza se l’insegnante fosse presente in palestra, avendo considerato rilevanti altri aspetti evidenziati, “ma le circostanze di fatto accertate – concludono i giudici del Palazzaccio – non sono suscettibili di essere qualificate come causa non imputabile ai sensi dell’art 1218”. E questo perché, ribadiscono gli Ermellini, “al termine della lezione non cessano gli obblighi di sorveglianza da parte della struttura scolastica”. Nel quadro della persistenza degli obblighi scolastici (anche) durante il cambio d’ora, “deve perciò essere valutata dal giudice di merito la rilevanza delle circostanza della presenza o meno dell’insegnante in palestra o comunque di un rappresentane della struttura scolastica in grado di far rispettare l’alunno il divieto che gli era stato imposto”.

La sentenza è stata portato cassata con rinvio della causa alla Corte d’Appello capitolina in diversa composizione. 

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Responsabilità della Pubblica Amministrazione

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