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Gli infortuni sono purtroppo molto frequenti anche in ambito scolastico, con implicazioni ancora più delicate perché nella maggior parte dei casi sono coinvolti dei minori. Ma se un alunno si fa male chi ne risponde? A meno di situazioni (molto) particolari, sussiste la responsabilitàda contatto sociale qualificato” dell’istituto scolastico affidatario, sul quale gravano i doveri di protezione, enucleati dagli artt. 1175 e 1375 del codice civile, che impongono, oltre alla tenuta in condizioni di sicurezza degli ambienti,  il controllo e la vigilanza del minore o dell’incapace fino a quando non intervenga un altro soggetto ugualmente responsabile. A ribadirlo con forza la Corte di Cassazione, attraverso la rilevante ordinanza n. 20185/19 depositata il 26 luglio 2019, con la quale ha definitivamente respinto le pretese del Ministero dell’Istruzione che non intendeva risarcire un proprio, piccolo studente aggrappandosi al caso fortuito e scaricando la colpa dell’incidente su terzi.

Un alunno si ferisce gravemente con il vetro della porta

Il fatto è accaduto in una scuola della Puglia. Il bambino, che all’epoca dei fatti aveva solo 8 anni, correndo verso l’uscita, dove lo attendeva il padre, dopo il suono della campanella, aveva inavvertitamente sfondato la vetrata della porta procurandosi un profondo taglio al polso destro, con la rottura di nove tendini e di due nervi che hanno determinato per il bimbo e per i genitori un estenuante percorso di terapie mediche e riabilitative e pesanti postumi invalidanti permanenti nella misura del 25 per cento.

Ministero condannato a risarcire

La Corte d’Appello di Lecce, nel 2017, confermando la sentenza di primo grado, aveva ritenuto responsabile la scuola e quindi il Miur, ex artt. 2018 e 2051 c.c., per le lesioni subite da bimbo, ma il Ministero ha rincorso per Cassazione, così come la sua compagnia assicurativa, Reale Mutua.

Il Miur e la compagnia assicurativa ricorrono per Cassazione

In estrema sintesi, il ricorrente principale ha contestato la ricostruzione della dinamica dei fatti, che avrebbe integrato l’ipotesi del caso fortuito escludendo la responsabilità affidataria del minore, e ha lamentato il fatto che la Corte di merito non avesse considerato che la responsabilità per la sicurezza e l’incolumità degli alunni al momento dell’uscita fosse stata contrattualmente ripartita fra due distinti soggetti, e in particolare affidata a una cooperativa a cui era assegnato il compito di vigilare sugli alunni nel periodo immediatamente successivo al termine degli orari di lezione.

La compagnia assicurativa, da parte sua, nel ricorso incidentale ha dedotto la e violazione o errata applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per mancata considerazione dell’inoperatività della garanzia assicurativa, battendo a sua volta sull’affidamento “in convenzione” della sorveglianza sugli alunni in orario extra scolastico, che avrebbe comportato l’assenza di responsabilità del Ministero, e contestando il quantum stabilito per il risarcimento.

La Suprema Corte rigetta i ricorsi

Secondo la Suprema Corte, tuttavia, i motivi sono tutti infondati. Secondo gli Ermellini, giustamente la Corte di Merito ha posto in rilievo “la primaria responsabilità del Ministero, con conseguente obbligo della compagnia assicuratrice di manlevarlo. La Corte ha ritenuto sussistere la responsabilità sia contrattuale che da omessa custodia del Ministero per lo sfondamento della vetrata, non ritenuta in sicurezza, e questa valutazione è avvenuta nel rispetto degli oneri probatori gravanti sulle parti e in considerazione della duplice natura della responsabilità scolastica, contrattuale ed extracontrattuale, che il danneggiato ha ritenuto di dover dedurre in via parallela e concorrente”.

La responsabilità extracontrattuale dell’istituto

Sotto il profilo della responsabilità extracontrattuale, di tipo oggettivo, la Corte aveva rilevato l’omessa manutenzione della struttura in condizioni di sicurezza e la mancata prova del caso fortuito gravante sul Ministero, non in grado di essere provato dalla circostanza che il bimbo si fosse messo a correre al momento dell’uscita, “essendo una condotta del tutto prevedibile e frequente nei minori in tenera età”. “La responsabilità per i danni cagionati da una cosa in custodia ex art. 2051 c.c., essendo di natura oggettiva, si fonda non tanto sulla valutazione di un comportamento o di un’attività colposa del custode, ma su una relazione intercorrente tra questi e la cosa dannosa – ricordano gli Ermellini – Poiché il limite della responsabilità oggettiva che ne deriva risiede nell’intervento di un fattore, il caso fortuito, che attiene alle modalità di causazione del danno, in tema di ripartizione dell’onere della prova, all’attore compete provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo, mentre il convenuto, per liberarsi, dovrà provare l’esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo a interrompere quel nesso causale e, cioè, un fattore esterno che presenti i caratteri del fortuito e, quindi, dell’imprevedibilità e dell’eccezionalità. Il criterio di imputazione della responsabilità di cui all’art. 2051 c.c., è dunque comprensivo della condotta incauta della vittima, che assume al limite rilievo ai fini del concorso di responsabilità ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1 e ciò in relazione alla sua effettiva incidenza causale sull’evento dannoso, che può anche essere esclusiva”. Nel caso concreto, però, come già detto, la Corte di merito aveva ritenuto che non vi fosse quest’interferenza logico-causale nella maldestra condotta dell’allievo, “essendo quest’ultima un fattore del tutto prevedibile ex ante”.   Insomma, quel vetro doveva essere anti-sfondamento in previsione dei possibili urti da parte degli alunni.

La responsabilità contrattuale

Ma la valutazione di responsabilità in termini di commissione di un illecito extracontrattuale da omessa custodia nel caso in esame, secondo i giudici del Palazzaccio, rileva anche sotto il profilo contrattuale, “perché le condizioni di pericolo per i terzi della struttura, a loro volta, avrebbero richiesto una maggiore cura nella custodia dei minori in fase di uscita, rilevando tali aspetti riguardo agli obblighi di vigilanza sulle modalità di sorveglianza effettuate in concreto dalla cooperativa affidataria”. La Cassazione chiarisce bene che la esternalizzazione di funzioni di vigilanza sui minori o incapaci “non comporta un esonero dalla responsabilità contrattuale cui è tenuto in via primaria il soggetto affidatario, permanendo il dovere di vigilanza in relazione alla responsabilità da contatto sociale qualificato che implica l’assunzione dei cosiddetti doveri di protezione, enucleati dagli artt. 1175 e 1375 c.c.”. Pertanto, i doveri di protezione permangono sull’istituto scolastico, e al contempo impongono il controllo e la vigilanza del minore o dell’incapace “fino a quando non intervenga un altro soggetto ugualmente responsabile, chiamato a succedere nell’assunzione dei doveri connessi alla relativa posizione di garanzia che, ovviamente, non può coincidere con il soggetto cui è assegnata solo una quota parte delle funzioni che competono all’affidatario”.

Confermato anche l’obbligo di manleva da parte dell’assicurazione

Di riflesso, la Suprema Corte rigetta anche il ricorso incidentale della compagnia, in particolare laddove si sostiene che la copertura assicurativa non comprende l’ipotesi di danno da omessa custodia dell’edificio. “Il motivo – aggiunge l’ordinanza – non tiene conto della ratio decidendi contenuta nella sentenza che riguarda la responsabilità del Ministero non solo per l’omessa custodia dell’edificio ex art. 2051 c.c., ma anche per l’omessa vigilanza dei minori ex art. 1218 c.c., quest’ultima certamente rientrante nei rischi assicurati. L’obbligo di manleva dell’assicuratore viene in questione già solo per il fatto che l’affidatario assicurato si è reso contrattualmente responsabile dell’infortunio, riconducibile all’omessa vigilanza dei minori all’interno del plesso scolastico, trattandosi di un evento rientrante nella garanzia assicurativa a prescindere dall’affidamento a terzi dell’organizzazione della fase di uscita dalla scuola, per i motivi anzidetti; inoltre, l’omessa custodia della struttura dell’edificio, per quanto non specificamente rientrante nell’evento assicurato, non è un evento autonomamente rilevante nella causazione del sinistro de quo, in quanto è riconducibile alla violazione dell’obbligo primario, gravante esclusivamente sull’istituto affidatario, di esercitare adeguata vigilanza sulla condotta dei minori soprattutto in presenza di concreti pericoli interni. Respinte, infine, anche le pretese dell’assicurazione di rivedere (al ribasso) la cifra del risarcimento per il danno biologico e morale patito dal piccolo alunno e dai suoi genitori.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Responsabilità della Pubblica Amministrazione

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