Un’area privata aperta ad un numero indeterminato di persone può equipararsi ad una strada di uso pubblico, ai fini dell’esperibilità dell’azione diretta verso l’assicuratore da parte del danneggiato, anche se l’accesso avviene per categorie specifiche “e per finalità peculiari e in particolari condizioni”: nella fattispecie, un sinistro provocato con mezzo di carico e scarico all’interno di un’area di cantiere di proprietà privata. E’ una sentenza di estremo rilievo, la n. 17017 del 28 giugno 2018, quella pronunciata nei giorni scorsi dalla terza sezione civile della Cassazione, chiamata ad esprimersi su un caso tanto tragico quanto controverso.
I congiunti di un operaio calabrese avevano proposto ricorso contro la sentenza n. 595/14 del 9 dicembre 2013 della Corte di Appello di Catanzaro che, rigettando il gravame da essi proposto avverso la sentenza del Tribunale di Vibo Valentia n. 611/04 del 29 settembre 2004, confermava il rigetto della domanda risarcitoria avanzata nei confronti della compagnia di Assicurazioni (oggi) Aviva S.p.a., in relazione ai danni da sinistro mortale occorso dal loro caro il 13 novembre 1999. Il lavoratore, mentre era intento a svolgere operazioni materiali di apertura del cassone di un camion in un cantiere, veniva investito e sommerso dalla sabbia trasportata a causa della condotta colposa del camionista nell’effettuare la manovra di scarico. La famiglia della vittima aveva adito il Tribunale vibonese, con citazione notificata nel febbraio 2002, per veder condannare – in solido – la società proprietaria del camion e del cantiere, il camionista e la compagnia assicuratrice del mezzo a risarcire il danno conseguente al decesso dell’uomo.
Nella contumacia degli altri convenuti, si costituiva la sola società assicuratrice, la quale eccepiva il proprio difetto di legittimazione e, comunque, “la non operatività” della polizza stipulata, sul rilievo che “l’incidente si è verificato in un’area privata e come tale fuori dalla copertura assicurativa“. Respinta dal Tribunale la domanda risarcitoria proposta verso Aviva (ma accolta quanto agli altri convenuti), i ricorrenti proponevano gravame innanzi alla Corte di Appello di Catanzaro, che tuttavia rigettava l’appello, confermando, pertanto, il diniego della domanda risarcitoria verso l’assicuratrice.
Di qui il nuovo ricorso in Cassazione sulla base di due motivi. Con il primo, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ., è stato dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti. Si evidenziava, infatti, che secondo il giudice di appello “non vi è stata dimostrazione dell’uso pubblico dell’area di verificazione dell’incidente“, ossia della “apertura dell’area adibita a cantiere di proprietà di (omissis) al traffico veicolare di una serie indeterminata di persone“. Secondo la ricorrente, invece, occorre muovere dalla constatazione che anche “a un’area appartenente a privati è applicabile la disciplina del Codice della Strada, se l’uso di essa è consentito a tutti“. Del resto, per la stessa applicabilità dell’art ., 2054 cod. civ. (ovvero, “perché sorga ed operi la presunzione di colpa stabilita dall’articolo citato a carico del conducente del veicolo e la conseguente responsabilità del proprietario”), risulta “necessario che ricorra il presupposto della circolazione del veicolo su strada pubblica o su strada privata soggetta ad uso pubblico o, comunque, adibita al traffico di pedoni o di veicoli“.
Con il secondo motivo – proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – si deduce la “violazione e falsa applicazione di diritto in relazione all’art. 144 del Codice delle assicurazioni“. I ricorrenti osservano che l’azione diretta verso l’assicuratore, già prevista dall’art. 18 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (ed oggi dall’art. 144 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209), è esperibile non solo per i sinistri cagionati da veicoli posti in circolazione su strade ad uso pubblico, ma anche “su aree a queste equiparate“, tali dovendosi intendere quelle destinate – a prescindere dalla loro natura pubblica o privata – “al transito abituale di un numero indeterminato di persone“, non venendo meno, peraltro, l’indeterminatezza pur quando tali persone appartengano “ad una o più categorie specifiche“, né quando “l’accesso avvenga per peculiari finalità ed in particolari condizioni”, come si verifica “in un cantiere” (è citata Cass. Sez. 3, sent. 27 ottobre 2005, n. 20911, Rv. 584551-01). Che è esattamente il caso in oggetto.
La compagnia assicurativa ha resistito con un contro-ricorso, chiedendone la declaratoria di inammissibilità o comunque il rigetto. Ebbene, la Suprema Corte ha ritenuto che il ricorso fosse da accogliere, sebbene nei limiti ben precisati “Il ricorso – recita la sentenza – merita accoglimento (…). Non risponde, infatti, ai principi sanciti da questa Corte l’affermazione del giudice di appello secondo cui gli allora appellanti ed odierni ricorrenti – per poter vedere accolta l’azione diretta proposta verso l’assicuratore del mezzo che causò il sinistro – avrebbero dovuto dimostrare “l’uso pubblico dell’area di verificazione dell’incidente, ossia l’apertura dell’area adibita al cantiere di proprietà della (omissis) al traffico veicolare di una serie indeterminata di persone”, dimostrazione, nella specie, da essi neppure offerta, secondo la Corte di Catanzaro, per non avere essi “contestato nell’atto di gravame la connotazione come luogo privato” del cantiere teatro del sinistro. Nondimeno, la natura privata del cantiere, luogo dell’incidente, non è – diversamente da quanto ritenuto dalla Corte catanzarese – di per sé incompatibile con la qualificazione dello stesso come area di uso pubblico, ai fini ed agli effetti dell’esperibilità dell’azione diretta, già contemplata dalla legge n. 990 del 1969.Difatti, come evidenziano esattamente i ricorrenti, è costante nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo cui, ai “sensi degli artt. 1 e 18 della legge n. 990 del 1969 (applicabili «ratione temporis»), l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore del responsabile spetta al danneggiato quando il sinistro sia avvenuto in un’area che, sebbene privata, possa equipararsi alla “strada di uso pubblico, in quanto aperta a un numero indeterminato di persone, che vi hanno accesso giuridicamente lecito, pur se appartenenti a una o più categorie specifiche e pur se l’accesso avvenga per finalità peculiari e in particolari condizioni”; principio, tra l’altro, affermato proprio con riferimento ad una fattispecie – come la presente – “relativa ad un cantiere, cui potevano accedere coloro che vi lavoravano e chi aveva rapporti commerciali con l’impresa” (così, da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 11 giugno 2012, n. 9441, Rv. 622675-01, ma in senso conforme già Cass. Sez. 3, sent. 27 ottobre 2005, n. 20911, Rv. 584551-01; Cass. Sez. 3, sent. 11 aprile 2000, n. 4603, Rv. 535578-01). 5.2.2”.
La sentenza è stata dunque cassata con rinvio alla Corte di Appello di Catanzaro in diversa composizione, la quale – nel rinnovare il giudizio sulla ricorrenza delle condizioni per applicabilità dell’azione diretta verso la società Aviva – dovrà attenersi al principio riaffermato dalla Cassazione.
Scritto da:
Dott. Nicola De Rossi
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Categoria:
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