Una pronuncia destinata a segnare un punto di svolta nella giurisprudenza sull’omicidio stradale.
Con la sentenza n. 24998 dell’8 luglio 2025, la Corte di Cassazione ha annullato la condanna inflitta a un automobilista accusato della morte della compagna e della figlia, decedute dopo che l’auto su cui viaggiavano era precipitata in un burrone. La Suprema Corte ha stabilito un principio di enorme rilevanza: la responsabilità non può ricadere esclusivamente sul conducente quando un guard-rail non a norma contribuisce in modo determinante all’esito mortale dell’incidente.
Una decisione che amplia il concetto di colpa nell’omicidio stradale e richiama con forza le Pubbliche Amministrazioni ai loro doveri di manutenzione delle infrastrutture. Un aspetto cruciale anche nei procedimenti di risarcimento per incidente stradale mortale, in cui la valutazione delle condizioni della strada può modificare radicalmente la ricostruzione delle responsabilità.
Indice
La dinamica dell’incidente: quando la velocità non è una prova certa
Il sinistro era avvenuto su un tratto autostradale durante la pioggia. L’auto, una Golf, aveva perso il controllo in curva, urtando il new-jersey centrale, effettuando un testacoda di 180 gradi e infine impattando contro il guard-rail laterale, che ha ceduto completamente, lasciando il veicolo precipitare nel vuoto.
I giudici di primo e secondo grado avevano ritenuto il conducente colpevole per violazione della regola cautelare “elastica” di adeguamento della velocità alle condizioni della strada: asfalto bagnato, curva e visibilità compromessa.
La Cassazione, però, ha messo in luce una carenza fondamentale: non era mai stata accertata in modo rigoroso la velocità del veicolo.
Anzi, alcuni testimoni avevano riferito di procedere a velocità superiori (fino a 130 km/h), senza difficoltà di tenuta.
Quando si applica una regola elastica – ha ricordato la Suprema Corte – la colpa non può essere presunta, ma va dimostrata con criteri rigorosi, valutando tutte le circostanze del caso.
Condannare un uomo senza certezza su una violazione concretamente riscontrata significa cadere in un inammissibile automatismo colposo.
Il guard-rail inadeguato: la perizia che cambia tutto
Il cuore della decisione riguarda però le condizioni del guard-rail.
I giudici di merito lo avevano liquidato come elemento marginale, irrilevante ai fini del nesso causale. Ma la perizia tecnica disposta in giudizio racconta un’altra verità, che la Cassazione ha definito “determinante”.
Cosa ha accertato il perito ingegnere
- La barriera era vecchia, deteriorata e non rispondente alle normative vigenti.
- Al momento dell’urto, i montanti si sono sfilati dal basamento, segno di una grave carenza strutturale.
- Una barriera moderna di classe H4, omologata secondo gli standard europei EN 1317, avrebbe senz’altro ridirezionato il veicolo, contenendolo all’interno della carreggiata.
- Se il guard-rail fosse stato conforme, il veicolo non sarebbe precipitato nel burrone.
La barriera, dunque, non si è limitata a non proteggere: è diventata parte attiva della causa dell’evento mortale.
La concausa che può cambiare l’esito del processo: un principio giuridico fondamentale
La Cassazione introduce un punto centrale: anche se il conducente avesse perso il controllo del veicolo per una condotta imprudente, la morte delle passeggeri non è una conseguenza diretta e inevitabile della sbandata.
L’esito tragico è stato reso possibile da:
- un’infrastruttura di sicurezza difettosa,
- una manutenzione omessa,
- una violazione degli standard di protezione che avrebbero potuto salvare quelle vite.
Nel diritto penale, quando un evento è determinato da più fattori, entra in gioco il concetto di concausa: se un elemento esterno interviene in modo decisivo, la responsabilità dell’imputato può ridursi o addirittura venire meno, perché il nesso di causalità diretto tra condotta e morte si interrompe.
La Corte d’Appello, ora, dovrà rivalutare:
- se la sbandata sia stata l’unica causa dell’evento;
- se la carenza del guard-rail abbia avuto un’incidenza determinante;
- se, dunque, la condotta dell’automobilista sia penalmente rilevante o meno.
Una diversa valutazione del nesso causale sarà determinante anche nei procedimenti di risarcimento danni fisici da sinistro stradale, dove il ruolo dell’infrastruttura può cambiare l’intero impianto probatorio.
Precedenti giurisprudenziali: quando la colpa è dell’infrastruttura
La sentenza non è isolata. Negli ultimi anni diverse pronunce hanno riconosciuto la responsabilità della Pubblica Amministrazione (o dei gestori stradali) per:
- dissesti del manto stradale (buche, avvallamenti);
- segnaletica assente o fuorviante;
- barriere danneggiate o non a norma;
- mancata manutenzione ordinaria.
Tra i precedenti più significativi:
- Cass. pen., sez. IV, n. 49717/2019 – Responsabilità del Comune per un guard-rail arrugginito che non conteneva l’urto.
- Cass. civ., n. 3651/2020 – Responsabilità dell’ente proprietario per mancata manutenzione di una barriera di protezione laterale.
- Cass. pen., n. 1111/2021 – Il gestore stradale risponde se la barriera non garantisce lo standard minimo di sicurezza previsto dalla normativa europea.
Questi orientamenti confermano un punto fermo: la sicurezza stradale non dipende solo dagli utenti, ma anche da chi ha il dovere di garantire infrastrutture idonee e sicure.
Implicazioni per cittadini, automobilisti e vittime della strada
La sentenza apre scenari molto importanti per tutti coloro che restano coinvolti in incidenti dove le condizioni della strada o delle barriere di protezione risultano sospette o discutibili.
Cosa controllare (e documentare) in caso di incidente:
- Stato del guard-rail o barriere laterali: corrosione, bulloni mancanti, deformazioni.
- Manutenzione della carreggiata: buche, giunti dissestati, acqua stagnante, fogliame.
- Segnaletica verticale e orizzontale: assente, scolorita, non visibile.
- Illuminazione e visibilità.
- Presenza di ostacoli fissi non protetti (pali, alberi, manufatti).
È fondamentale raccogliere:
- foto e video immediati,
- testimonianze,
- rilievi della Polizia stradale,
- documentazione tecnica sulle barriere (certificazioni, omologazioni, manutenzioni eseguite).
Nel caso in cui le infrastrutture risultino difettose, la responsabilità può estendersi all’ente proprietario o gestore della strada, sia in sede civile sia, in alcune ipotesi, in sede penale.
Il commento di Studio 3A: “La giustizia non può ignorare le responsabilità delle infrastrutture”
La decisione della Cassazione evidenzia un principio che Studio 3A sostiene da anni: non è possibile addossare automaticamente la colpa a chi guida se le infrastrutture non sono sicure, obsolete o non manutenute.
Nel nostro Paese, purtroppo, è frequente che:
- barriere vecchie di 40 anni non vengano sostituite,
- norme europee EN 1317 non vengano rispettate,
- tratti autostradali e provinciali non siano adeguati ai flussi di traffico odierni.
Questa sentenza è un passo importante verso una maggiore giustizia e verso un doveroso ripensamento della responsabilità degli enti pubblici.
La sentenza n. 24998/2025 della Corte di Cassazione non assolve automaticamente il conducente, ma impone una lettura più complessa, più giusta e più aderente alla realtà delle cose: un incidente non è sempre colpa di chi guida. A volte, a uccidere, è la strada stessa.
È dovere dello Stato garantire che le infrastrutture di sicurezza funzionino realmente.
Perché una barriera a norma può salvare una vita. Una barriera fatiscente può spegnerla.
Le norme europee sulle barriere di sicurezza (EN 1317)
Le barriere di sicurezza stradale – comunemente conosciute come guard-rail – sono dispositivi fondamentali per la protezione degli utenti della strada. In Europa la loro progettazione, installazione e certificazione è regolata dagli standard della serie EN 1317, che definiscono prestazioni minime, livelli di contenimento e requisiti di prova.
Che cosa regolano le norme EN 1317
Le norme disciplinano:
- livelli di contenimento delle barriere (es. N2, H1, H2, H3, H4);
- prove d’impatto con veicoli di massa e velocità differenti;
- comportamento dinamico del sistema in caso di urto;
- deformazioni ammissibili e capacità di ridirezionamento del veicolo;
- criteri di omologazione e certificazione.
I livelli di contenimento più diffusi
Tra i più rilevanti:
- N2: livello base per strade di categoria inferiore.
- H1 / H2: adatti a molte strade extraurbane e tratti autostradali.
- H3 / H4b: livelli più elevati, destinati ad autostrade e punti critici, in grado di trattenere mezzi pesanti.
Nel caso analizzato dalla Cassazione, una barriera H4, conforme alla EN 1317, avrebbe probabilmente ridirezionato il veicolo, impedendo la caduta nel burrone.
Cosa significa “barriera non a norma”
Una barriera non conforme è tale quando:
- non rispetta i requisiti EN 1317 vigenti;
- è installata in modo scorretto o su basamenti deteriorati;
- presenta corrosione o bulloni mancanti;
- non è stata adeguata dopo precedenti urti;
- è un modello obsoleto non più rispondente agli standard moderni.
Una barriera non a norma non garantisce la capacità di contenimento prevista e può trasformarsi da presidio di sicurezza a causa del danno.
La responsabilità dell’ente gestore
Le Pubbliche Amministrazioni e i concessionari autostradali hanno l’obbligo di:
- installare barriere certificate EN 1317,
- verificarne periodicamente lo stato,
- sostituire gli elementi danneggiati,
- adeguare le barriere obsolete.
La mancata osservanza di tali doveri può comportare responsabilità civile e, nei casi più gravi, penale, quando il difetto dell’infrastruttura contribuisce all’esito dell’incidente.
Scritto da:
Emanuele Musollini
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Categoria:
Responsabilità della Pubblica AmministrazioneCondividi
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