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L’accorato appello a una giustizia “vera” dei genitori e dei nonni delle vittime dopo la condanna dell’imputato per omicidio stradale plurimo e aggravato a 7 anni e 4 mesi
“E adesso sconti la sua condanna in carcere”. Chiedono con forza la “certezza della pena” i coniugi Hyseni, genitori e nonni delle vittime, all’indomani della sentenza con la quale ieri, lunedì 19 maggio 2025, il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Reggio Emilia, dott. Luca Ramponi, ha condannato a sette anni e quattro mesi Orjol Lame quale responsabile unico della “strage degli innocenti”, consumatasi il 30 ottobre 2022 alle porte della stessa Reggio.
Com’è tristemente noto, l’oggi trentaduenne di origini albanesi, come le vittime, unico sopravvissuto alla tragedia di proporzioni enormi che ha provocato, si è schiantato con la Fiat Stylo che stava guidando contro una casa uccidendo le quattro incolpevoli persone che stava trasportando, la sua compagna Shane Hyseni, di 22 anni, il loro figlio, il piccolo Mattias, di appena un anno e quattro mesi, e i due fratelli più piccoli di Shane, Resat e Rejana, rispettivamente di 11 e 9 anni. Non bastasse l’omicidio stradale plurimo, l’imputato doveva anche rispondere di una sfilza di aggravanti, a cominciare dalla folle velocità a cui viaggiava e dall’essersi messo al volante imbottito di cocaina, è risultato ampiamente positivo ai test tossicologici. Senza contare che l’auto non era assicurata né revisionata (e neppure sua) e che guidava senza aver mai conseguito la patente.
La pena base da cui è partito il giudice, di notevole entità in rapporto alle condanne molto, troppo morbide con cui è punito in Italia l’omicidio stradale, era infatti di ben undici anni, anche uno in più di quella prospettata dal Pubblico Ministero della Procura reggiana dott. Francesco Rivabella, poi ridotta di un terzo in virtù del rito abbreviato scelto, attraverso il suo difensore, da Lame. Al quale è stata anche revocata la patente che non aveva, il che significa che, anche volendo, non potrà conseguirla per almeno tre anni, è stato interdetto dai pubblici uffici, condannato a liquidare alle parti civili costituite, i coniugi Hyseni appunto, quasi diecimila euro di spese legali e, soprattutto, il giudice ha stabilito in loro favore una provvisionale di complessivi 600mila euro, a fronte di una richiesta di 350mila euro per ciascuna delle vittime formulata all’avvocato Nicola Termanini, che li assiste unitamente a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, a cui i familiari delle vittime, tra cui anche l’unico figlio rimasto agli Hyseni, Danilo, si sono affidati, attraverso gli Area manager Sabino De Benedictis e Sara Donati, per ottenete giustizia.
Ma ai coniugi Hyseni ciò che preme soprattutto è che l’imputato sconti veramente la sua pena in carcere, anche in ragione del fatto che si è ripreso più che discretamente dai postumi dell’incidente: nel periodo in cui era in discussione la sua capacità di intendere e di volere, e quindi di sostenere il processo, Studio3A, che ha anche una propria sede a Tirana, in Albania, attraverso un investigatore privato del luogo, aveva dimostrato inequivocabilmente come nel suo Paese, dove si è presto rifugiato, conducesse una vita del tutto normale, muovendosi in piena autonomia, frequentando tranquillamente i bar, ecc. “Siamo fermamente convinti che il regime carcerario italiano sia del tutto compatibile con le condizioni fisiche di Lame, è qui che deve pagare per ciò che ha fatto e in Italia” asseriscono i genitori e i nonni delle vittime. Sarà anche questa una battaglia, “ma quando la sentenza passerà in giudicato saremo lì, ad aspettarlo, e ci batteremo perché dall’Albania venga subito estradato in Italia e vada in prigione”.
Caso seguito da:

Sabino De Benedictis
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