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Il prezzo più alto l’hanno pagato di gran lunga loro. In occasione dell’Otto Marzo l’Inail il 2 marzo 2022 ha pubblicato il consueto Dossier Donne fornendo i numeri degli infortuni e delle malattie professionali denunciati dalle lavoratrici, che, uno degli elementi che più alza all’evidenza risultano, e di molto, le più colpite dai contagi professionali da Covid-19.

Sette denunce su dieci di contagio professionale da Covid-19 riguardano le donne

Su 211.390 denunce pervenute all’Inail dall’inizio della pandemia alla data del 31 gennaio del 2022, infatti, ben 144.353 sono femminili, pari a poco meno di sette contagi su 10. Il dato è in controtendenza rispetto a quanto si osserva considerando le denunce di infortunio sul lavoro in complesso, che coinvolgono molto di più gli uomini delle donne. In media il 36% dei casi sono femminili, ma nel 2020, proprio per effetto della pandemia, la quota delle lavoratrici sul totale degli infortuni denunciati è salita al 43%.

La situazione dei decessi, invece, è più in linea con i dati degli infortuni mortali sul lavoro nel complesso: delle 823 denunce mortali da Covid-19 pervenute all’Istituto alla data del 31 gennaio 2022, infatti, 143 riguardano le lavoratrici ossia, in termini relativi, il 17,1% dei casi (circa il 10% se si considerano i decessi sul lavoro in complesso).

Le infermiere le più colpite

Al primo posto tra le professioni più colpite dal nuovo Coronavirus troviamo ovviamente quella dei tecnici della salute, con il 41,0% delle contagiate, in particolare infermiere (l’83,1% dei casi della categoria), ma anche fisioterapiste e assistenti sanitarie. Seguono le operatrici socio-sanitarie (20,5% delle denunce), le lavoratrici qualificate nei servizi personali e assimilati (7,9%, in otto casi su 10 operatrici socio-assistenziali) e i medici (6,3%). Tra le professioni non strettamente sanitarie, ai primi posti figurano le impiegate addette alla segreteria e agli affari generali, con il 4,9% dei casi codificati. Anche per i decessi la categoria che ha pagato il maggior tributo alla pandemia è quella dei tecnici della salute, con il 22,0% delle vittime (otto su 10 infermiere). Seguono le operatrici socio-sanitarie (12,1%), le professoresse di scuola primaria (11,3%) e le operatrici socio-assistenziali (9,2%).

I settori di attività economica più coinvolti sono, di conseguenza, quelli in prima linea nella gestione dell’emergenza Covid-19, come la sanità e assistenza sociale, in cui si concentra il 68,2% delle denunce, e l’amministrazione pubblica, che comprende anche gli organismi preposti alla sanità come le Asl, con il 9,2% dei casi. Altri settori rilevanti sono il noleggio e i servizi di supporto alle imprese (4,5%), in cui rientrano anche le attività di ricerca, selezione e fornitura di personale tramite agenzie interinali (con il 43,7% delle denunce del settore) e le attività di pulizia di edifici (36,7%) tra cui ospedali e ambulatori, i trasporti con il 3,7%, quasi esclusivamente per la parte di servizi postali e attività di corriere (95,0% di casi), e le attività di alloggio e ristorazione (2,4%).

La Lombardia la regione con più denunce

Limitatamente ai decessi, la metà si verificano nella sanità e assistenza sociale, seguite dall’amministrazione pubblica (12,3%), dal commercio (7,4%) e dal noleggio e i servizi di supporto alle imprese (6,2%). Il 43,1% delle contagiate ha oltre 49 anni, il 37,9% tra i 35 e i 49 anni, il 19,0% è under 35. Le decedute, invece, sono tendenzialmente più grandi: nessuna vittima, infatti, ha meno di 35 anni e l’86,0% ne ha più di 50. L’età media delle lavoratrici contagiate è di 46 anni (57 anni quella al decesso).

Al primo posto tra le regioni c’è la Lombardia, con il 27,1% di lavoratrici contagiate, seguita da Piemonte (14,3%), Veneto (11,0%) ed Emilia Romagna (8,6%). La Lombardia è prima anche per numero di decedute, con il 24,5% del totale, davanti a Lazio (14,0%) ed Emilia Romagna (11,2%). Milano (10,3% dei casi nazionali), Torino (7,6%) e Roma (4,9%) sono le province con più contagi tra le lavoratrici, mentre quelle con la maggiore concentrazione di casi mortali sono Roma (10,5%), Bergamo (7,0%), Milano e Napoli (entrambe 5,6%). Il 15,3% delle contagiate è di origine straniera. Si tratta, in particolare, di donne rumene (23,2% del totale dei casi occorsi a lavoratrici nate all’estero), peruviane (12,3%), albanesi (8,3%), moldave (5,2%) ed ecuadoriane (4,3%). Dei 20 decessi delle donne straniere, la comunità rumena è la più colpita, con quattro casi mortali.

 

Il fenomeno infortunistico nel suo complesso nel 2020 e 2021

Come detto, il Coronavirus ha inciso sul fenomeno infortunistico nel suo complesso. Nel suo Dossier l’Inail ha analizzato i dati mensili del periodo gennaio-dicembre 2020-2021, rilevati al 31 dicembre di ciascun anno, e quelli annuali del quinquennio 2016-2020, rilevati al 31 ottobre 2021.

Il confronto tra il 2020 e il 2021 richiede ovviamente molta prudenza proprio perché l’emergenza sanitaria ha fortemente condizionato l’andamento infortunistico dei due anni, che sono “anomali”. Ciò premesso, dai primi dati, ancora provvisori, sulle denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Inail nel corso del 2021, emerge complessivamente un lieve aumento (+0,2%) rispetto al 2020, da 554.340 a 555.236 casi, sintesi di un calo registrato nel trimestre gennaio-marzo (-11%), di un incremento nel semestre aprile-settembre (+21%) e di un ulteriore calo nel trimestre ottobre-dicembre (-16%), rispetto agli analoghi periodi del 2020. Il lieve aumento dello 0,2% su base annua, tuttavia, è legato esclusivamente alla componente maschile, che registra una crescita del 10,6% (da 320.609 a 354.679 denunce), mentre quella femminile presenta un decremento del 14,2% (da 233.731 a 200.557).

Nel 2021 i casi mortali denunciati sono stati nel complesso 1.221, 49 in meno rispetto alle 1.270 dell’anno precedente (-3,9%). Questo calo riguarda sia la componente maschile, i cui decessi denunciati sono stati 37 in meno, da 1.132 a 1.095, sia quella femminile, che ha fatto registrare 12 casi mortali in meno, da 138 a 126. Il confronto tra il 2020 e il 2021, come detto, richiede però ancora maggior cautela per i casi di morte in quanto i dati delle denunce mortali, più di quelli relativi alle denunce complessive, risentono di una maggiore provvisorietà, anche in conseguenza della pandemia da Covid-19, con il risultato di non conteggiare tempestivamente alcune “tardive” denunce mortali da contagio. Per un confronto più corretto e puntuale, anche in ottica di genere, si dovrà quindi fare riferimento alla Relazione annuale dell’Istituto di metà anno, in occasione della quale saranno diffusi gli Open data annuali anche del biennio 2020-2021, più consolidati rispetto a quelli mensili, con l’aggiornamento al 30 aprile 2022.

 

Il trend nel quinquennio 2016-2020: in netto aumento il numero delle lavoratrici infortunate

Concentrando l’attenzione sui dati annuali più consolidati, aggiornati al 31 ottobre 2021, nel quinquennio 2016-2020 emerge una riduzione complessiva del 10,8% delle denunce di infortunio presentate all’Inail, dalle 640.989 del 2016 alle 572.018 del 2020. Ma se tra gli uomini si è registrata una diminuzione del 20,3%, da 410.725 a 327.307 casi, le denunce di infortunio delle lavoratrici sono invece aumentate del 6,3%, dalle 230.264 del 2016 alle 244.711 del 2020.

Negli anni ante pandemia 2016-2019, in particolare, l’incidenza dei casi occorsi alle donne sul totale degli infortuni è rimasta pressoché costante e pari mediamente al 36%, mentre nel 2020, complice anche il più elevato numero di contagi Covid-19 delle donne rispetto agli uomini, come già si è detto, risultata in aumento di sette punti percentuali (43%). I decessi denunciati tra le lavoratrici sono stati 75 in più, dai 113 del 2016 ai 188 del 2020, pari a un incremento percentuale del 66,4%, quasi il doppio rispetto alla crescita del 36,2% registrata nello stesso arco di tempo tra i lavoratori, con 386 casi mortali in più.

La dinamica territoriale, per settore, età e nazionalità

La distribuzione territoriale. A livello territoriale, nel 2020 gli infortuni femminili si concentrano per i due terzi al Nord (66,5%), seguito dal Centro (17,7%) e dal Mezzogiorno (15,8%). Per i casi mortali le percentuali si attestano al 56,4% per il Nord, al 16,0% per il Centro e al 27,6% per il Mezzogiorno. L’aumento delle denunce femminili del 5,9% registrato nel 2020 rispetto all’anno precedente è la sintesi di un incremento del 16,9% al Nord e di diminuzioni al Mezzogiorno e al Centro, rispettivamente del 12,9% e dell’8,8%. I decessi risultano in aumento in tutte le aree geografiche del Paese e in particolare al Nord, dai 51 casi mortali del 2019 ai 106 del 2020, mentre al Meridione si è passati da 30 a 52 decessi e al Centro da 20 a 30.

Nel 2020 l’incidenza degli infortuni delle lavoratrici è particolarmente elevata nel settore dei servizi domestici e familiari (colf e badanti), con il 90,6% sul totale delle denunce del settore, seguito dalla sanità e assistenza sociale (73,5%) e dal confezionamento di articoli di abbigliamento (69,2%), mentre nei settori più rischiosi dell’industria scende fino al 2,4% rilevato nelle costruzioni. A livello di gestione assicurativa, l’incidenza degli infortuni al femminile è elevata nel conto Stato (53,7%), seguito dall’Industria e servizi (43,2%) e dall’Agricoltura (17,3%)

Per le donne tutte le fasce di età registrano nel 2020 un andamento infortunistico altalenante rispetto all’anno precedente, con aumenti maggiori per le fasce 45–49 anni (+34,2%) e 50-54 anni (+30,9%) e diminuzioni rilevanti per le under 25 anni (-55,8%) e le over 69 anni (-17,6%). Con 41.585 casi la fascia 50-54 anni è la più colpita in valore assoluto, rappresentando il 17,0% di tutti gli infortuni al femminile. All’interno di questa classe di età, in particolare, gli infortuni delle donne costituiscono il 48,6% del totale riferito a entrambi i generi. Un’incidenza ancora più alta di infortuni femminili, pari al 49,3%, è stata però rilevata nella fascia 55-59 anni. Lungo tutto l’ultimo quinquennio, inoltre, sono quasi raddoppiate le denunce per la fascia 65-69 anni, da 1.848 denunce nel 2016 a 3.615 nel 2020. Per gli infortuni mortali femminili avvenuti nel 2020, il maggior numero riguarda la fascia 55-59 anni con 51 casi (erano 14 sia nel 2016 che nel 2019), seguita dalle fasce 60-64 anni (40 casi) e 50-54 anni (24)

Le denunce di infortuni occorsi a lavoratrici straniere nel 2020 sono state 37.975, pari al 15,5% del totale delle donne infortunate. Le più colpite, in valore assoluto, sono state le lavoratrici nate in Romania (7.755 casi), Perù (3.452), Albania (3.235) e Marocco (2.049). Le donne straniere decedute sono state 32, pari al 17,0% del totale dei casi mortali delle lavoratrici (188) e al 13,6% rispetto ai 236 decessi occorsi a lavoratori stranieri di entrambi i generi. La Romania è il paese di nascita più colpito anche dagli infortuni femminili con esito mortale (9 su 32 totali).

Le principali cause degli incidenti

Nel quinquennio 2016-2020, prendendo in considerazione solo i casi avvenuti in occasione di lavoro e accertati positivamente dall’Inail, i movimenti del corpo sotto sforzo fisico sono la prima causa di infortunio per le donne (23,0% sul totale dei casi codificati) e la seconda per gli uomini (22,7%), seguiti dalle cadute (22,9%), che è invece la quarta causa degli infortuni occorsi ai lavoratori maschi (16,4%). Nel 2020, la sede della lesione maggiormente interessata dagli infortuni continua a essere la mano, anche se per le donne presenta un’incidenza inferiore rispetto agli uomini (21,0% dei casi codificati contro 29,0%), dovuta al maggior peso assunto per le lavoratrici da altre parti del corpo come la caviglia (15,1% contro 12,1%), il ginocchio (10,5% contro 8,0%) e la colonna vertebrale (10,1% contro 7,7%) rispetto al genere maschile. Sempre nel 2020 e per i soli casi codificati, per le donne le conseguenze più rilevanti degli infortuni sono le contusioni (34,9%) e le lussazioni (28,5%).

Le prime costituiscono la principale conseguenza dell’infortunio anche per gli uomini, con il 27,2%, seguite dalle ferite con il 23,8%.

Gli infortuni nelle scuole e in altri settori

La chiusura delle scuole di ogni ordine e grado in alcuni mesi del 2020 ha determinato una decisa riduzione degli infortuni rispetto agli anni precedenti. Nel 2020 sono stati denunciati 8.827 infortuni occorsi a insegnanti e maestri delle scuole pubbliche e private (quasi dimezzati rispetto al 2019), l’85% dei quali ha riguardato il genere femminile. È un dato che non sorprende, considerata l’alta presenza delle donne in questa categoria professionale. Tra gli studenti, invece, la quota femminile è pari al 44% dei circa 24.500 infortuni occorsi nel 2020 nelle scuole pubbliche e private (circa un terzo di quelli del 2019).

Nel 2020 nel settore Navigazione sono state presentate 1.052 denunce di infortunio, 131 in più rispetto alle 921 del 2019 (+14,2%). Solo 61 casi, pari al 5,8% del totale, hanno interessato le lavoratrici (contro i 48 del 2019). Degli otto casi con esito mortale accertati positivamente nel 2020, così come per i sette del 2019, nessuno ha riguardato il genere femminile.

Le denunce legate alla polizza assicurativa contro gli infortuni domestici – obbligatoria per tutte le persone di età compresa tra i 18 e i 67 anni che si occupano della cura della casa in maniera abituale, esclusiva e gratuita – nel 2020 sono state complessivamente 726, in calo del 13,8% rispetto alle 842 dell’anno precedente, ma in aumento del 23,5% rispetto al 2016. La quasi totalità (716) ha riguardato, come atteso, le donne. Tutti femminili i casi mortali denunciati: uno nel 2020 e 16 in totale nel periodo 2016-2020. Alla data del 31 ottobre 2021 risultano indennizzati nel 2020 sette casi in rendita per menomazione permanente (tutte donne) e una rendita a superstite. Nell’intero quinquennio 2016-2020 sono state 121 le rendite per menomazione permanente e sette le rendite a superstite.

 

Gli infortuni in itinere

La modalità di accadimento degli infortuni “in itinere” è una delle variabili che hanno risentito maggiormente dell’emergenza Coronavirus. Nel 2020, infatti, le denunce in complesso per infortuni sul lavoro occorsi alle lavoratrici nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro risultano di poco inferiori a quelli degli uomini (32.131 casi contro 33.511), a differenza di quanto avvenuto tra il 2016 e il 2019, quando il numero delle lavoratrici infortunate in itinere ha sempre superato quello dei lavoratori. In termini relativi, la quota degli infortuni in itinere sul totale degli infortuni dello stesso sesso è stata sempre più elevata per le donne rispetto agli uomini, anche se nel 2020 è notevolmente scesa, complice il massiccio ricorso allo smart working: dal 23% medio del periodo 2016-2019, infatti, è passata al 13,1% del 2020. Nel caso degli uomini, invece, la flessione è stata più contenuta: dal 12% medio del periodo 2016-2019 al 10,2% del 2020.

Anche per le denunce in itinere con esito mortale, l’incidenza tra le lavoratrici è più elevata e pari nel 2020 a un decesso femminile su cinque (38 su 188), rapporto che per gli uomini scende a uno su otto (190 su 1.452). La quota di itinere sul totale era comunque notevolmente più elevata negli anni precedenti (il 50% per le donne e il 25% per gli uomini nel periodo 2016-2019).

Questa differenza di genere si conferma anche allargando l’analisi alla più ampia categoria degli infortuni “fuori azienda”, somma di tutti gli infortuni in itinere e di quelli avvenuti in occasione di lavoro con mezzo di trasporto coinvolto, che in generale sono riconducibili al rischio da circolazione stradale. Nel 2020, in particolare, gli infortuni “fuori azienda” sono stati il 14,2% (34.668) delle denunce in complesso femminili contro il 13,5% (44.320) di quelle maschili. Concentrando l’attenzione sui soli casi mortali, la percentuale femminile sale al 28,2% (53 su 188 casi totali) rispetto al 25,7% maschile (373 su 1.452), con incidenze in ogni caso ridimensionate rispetto agli anni precedenti. La “strada”, quindi, causa in proporzione più infortuni tra le donne, maggiormente impegnate nella conciliazione casa-lavoro, che può avere delle ripercussioni sulla frequenza degli spostamenti e sui tempi di recupero dalla stanchezza, in presenza poi, per alcune professionalità, di turni lavorativi anche notturni.

In crescita anche le malattie professionali nel confronto 2020-21

I primi dati provvisori del 2021, se confrontati con quelli dell’anno precedente, rilevati al 31 dicembre 2020, mostrano come nel complesso le denunce di malattia professionale protocollate dall’Istituto siano aumentate del 22,8%, passando dalle 45mila del 2020 alle oltre 55mila del 2021. Dopo un 2020 condizionato fortemente dalla pandemia, con i casi segnalati all’Inail in costante decremento nel confronto con gli anni precedenti, le patologie denunciate tornano quindi ad aumentare.

I primi dati del 2021 indicano un aumento del fenomeno tecnopatico sia per le lavoratrici che per i lavoratori. Rispetto all’anno precedente le denunce femminili sono state 2.829 in più, da 12.072 a 14.901 (+23,4%), mentre tra gli uomini l’incremento è stato di 7.436 denunce, da 32.951 a 40.387 (+22,6%).

 

Il trend del lustro 2016-20

Prendendo in considerazione, anche qui, i dati annuali più consolidati, aggiornati al 31 ottobre 2020, si rileva che le malattie professionali denunciate dalle lavoratrici nel 2020 sono state 12.061, quasi 4.600 in meno rispetto all’anno precedente e pari al 27% delle 44.948 tecnopatie denunciate nel complesso. Rispetto al 2016 il calo delle malattie denunciate in complesso (60.218) è stato del 25,4%, per effetto di un decremento del 24,5% per gli uomini e del 27,5% per le donne.

Le statistiche Inail mettono in luce anche il fenomeno delle denunce “plurime”. Per il sistema di catalogazione tabellare adottato, infatti, da un’unica segnalazione per un lavoratore o una lavoratrice possono essere protocollate anche più denunce, una per ogni specifica patologia, anche se relativa allo stesso rischio/sistema organo-funzionale. Nel caso delle donne, in particolare, alle 12.061 denunce protocollate nel 2020 corrispondono 8.206 lavoratrici.

Il 77,1% delle denunce di malattia professionale femminili nel 2020 si sono concentrate nella gestione Industria e servizi (in cui ricade, invece, l’84,1% delle denunce maschili), il 20,7% in Agricoltura e il restante 2,1% nel Conto Stato. Con 258 casi su 474, pari al 55%, quest’ultima gestione – a causa della forte presenza femminile tra gli occupati di molti settori del pubblico impiego, come la scuola e i ministeri – detiene il primato di incidenza percentuale femminile tra le denunce di malattia professionale.

Caratteristica, anche per effetto delle distribuzioni occupazionali “di genere”, è la diversa ripartizione delle denunce tra i due sessi nell’ambito delle attività dell’Industria e servizi. Escludendo i casi non determinati, la quasi totalità delle denunce (68%) dei lavoratori uomini si concentrano nelle attività industriali, come quelle manifatturiere e delle costruzioni. Per le lavoratrici accade il contrario, con il 67% dei casi nei settori dei servizi (sanità e commercio i principali) e il restante 33% nelle attività industriali.

A livello territoriale, le denunce di malattie professionali femminili nel 2020 si sono concentrate per il 40,2% al Centro, per il 34,1% al Nord e per il 25,7% nel Mezzogiorno, con una distribuzione sensibilmente diversa rispetto a quella delle denunce di infortunio sul lavoro, concentrate per i due terzi nel Nord della penisola. Una spiegazione plausibile di questa discrepanza chiama in causa le diverse vocazioni economiche del nostro territorio e il conseguente impatto sull’esposizione delle lavoratrici al rischio infortunistico piuttosto che tecnopatico. L’incidenza femminile sul totale delle denunce di malattia professionale per area geografica presentate all’Inail nel 2020 è stata pari al 32,1% al Nord, al 29,3% al Centro e al 19,9% nel Meridione.

 

Le principali patologie

Anche nel 2020 a colpire i lavoratori nel complesso sono state soprattutto le malattie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo e quelle del sistema nervoso, che corrispondono all’80% del totale delle denunce. Dietro a questo risultato medio si nasconde, però, una differenza ben marcata tra uomini e donne: se le patologie citate rappresentano il 76% delle denunce dei lavoratori, la stessa percentuale sale al 91% tra le lavoratrici (circa 11mila delle 12mila denunce femminili complessive).

Fra le patologie del sistema osteomuscolare, in particolare, le malattie più frequenti sono le dorsopatie e i disturbi dei tessuti molli (circa il 92%) e, fra quelle del sistema nervoso, la quasi totalità è rappresentata dalla sindrome del tunnel carpale. Dal confronto di genere delle tre patologie appena citate, che insieme rappresentano il 73% delle denunce totali, emerge che la quota femminile è dell’85% contro il 69% per gli uomini.

Infine, in termini di incidenza delle donne sul totale per patologia, si distinguono i disturbi psichici e comportamentali e le malattie del sistema nervoso (soprattutto sindromi del tunnel carpale), rispettivamente con il 54,1% e il 40,3%. Nel 2020, in particolare, i disturbi psichici sono stati denunciati in misura simile da entrambi i sessi (161 casi per il genere maschile e 190 per quello femminile) ma con una percentuale per le lavoratrici sul totale delle malattie dell’1,6%, che triplica quella degli uomini, pari allo 0,5%.

Per la sindrome del tunnel carpale, che rientra nella famiglia dei “disturbi dei nervi, delle radici e dei plessi nervosi”, nel 2020 sono state denunciati 1.956 casi per le donne contro i 2.668 degli uomini. Le patologie a carico dell’orecchio, con particolare riferimento all’ipoacusia, risultano invece contenute per le lavoratrici (107 nel 2020, pari allo 0,9% del totale), mentre sono numericamente molto rilevanti tra i lavoratori (3.058, pari al 9,3%). Anche i tumori appaiono, sia in termini assoluti che di incidenza, più denunciati dagli uomini che dalle donne. Le 1.546 denunce protocollate nel 2020 per i lavoratori rappresentano infatti il 4,7% delle denunce maschili, contro le 157 delle lavoratrici, pari all’1,3% di tutte quelle femminili.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Infortuni sul Lavoro

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