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Rischia una condanna per diffamazione aggravata non solo chi pubblica un post offensivo e denigratorio sul proprio profilo Facebook: il social network, infatti, consente di pubblicizzare e diffondere i contenuti diffamatori tra un gruppo di persone apprezzabile per composizione numerica.

Il reato può scattare anche nei confronti di chi “semplicemente” aggiunge al post originale un successivo commento, avente la medesima portata offensiva, in quanto gli elementi diffamatori aggiunti possono comportare una maggior diminuzione della reputazione della persona nella considerazione dei consociati

E’ quanto ha stabilito il Tribunale di Campobasso, sezione penale, in una recente e interessante sentenza n. 396/2017, pronunciandosi sulla vicenda di alcuni imputati del reato di diffamazione aggravata per aver leso su Fb la reputazione di un magistrato.

Uno degli imputati aveva pubblicato un post sul suo profilo in cui offendeva il giudice che lo aveva condannato al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende poiché, chiamato a testimoniare in un’udienza, non si era presentato senza addurre alcuna giustificazione, nonostante gli fosse stata notificata l’intimazione a comparire.

Il post “incriminato” fu, in brevissimo tempo, visionato da un numero imprecisato di utenti, ricevendo, nel giro di qualche ora, numerosi “Mi piace” e commenti da parte di amici “virtuali”. Tra questi alcuni risultavano essere particolarmente denigratori e diffamatori sia della figura del magistrato che di tutta la categoria.

In base a tali circostanze, il Tribunale ha ritenuto responsabili penalmente per diffamazione “aggravata” sia l’autore del post che due dei suoi “amici”, dopo aver accertato sia che i profili fossero effettivamente associabili agli autori dei commenti, sia che le espressioni denigratorie fossero riferite al giudice del processo nel quale l’autore del post era chiamato a testimoniare.

Scritto da:

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Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Responsabilità della Pubblica Amministrazione

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