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Uno degli articoli più conosciuti e “scomodi” del Codice della Strada è il 126 bis, che pone un obbligo a carico del proprietario di un mezzo di trasporto di rivelare, quando richiesto a seguito della notifica di una sanzione amministrativa (ai fini della decurtazione dei punti dalla patente di guida), i dati del conducente del mezzo stesso.

In caso di ricorso, tuttavia, Il termine di 60 giorni previsto della norma decorre sempre e comunque dalla richiesta dell’autorità, ossia dalla notifica del verbale, e non dalla definizione del procedimento di opposizione intrapreso nei confronti del verbale di accertamento dell’infrazione che ne costituisce il presupposto.

 

Automobilista impugna il verbale per non aver comunicato i dati del conducente

A chiarire bene questo aspetto la Corte di Cassazione, nel giudicare per l’appunto sul caso di un automobilista che è arrivato fino alla Suprema Corte. L’uomo aveva proposto ricorso avverso il verbale di contestazione per l’appunto della violazione dell’art. 126 bis C.d.S. per non avere comunicato i dati del conducente relativamente alla sanzione per violazione dell’articolo 148 comma 2 C.d.S. Il giudice di Pace lo aveva respinto e lo stesso aveva fatto il Tribunale di Roma, di qui il suo ulteriore ricorso per Cassazione.

La Suprema corte rigetta la doglianza

Ma la Suprema Corte ritiene inammissibile il il primo motivo, che riproponeva appunto la questione dell’interdipendenza della sanzione accessoria emessa ai sensi dell’art. 126 bis C.d.S. rispetto a quella principale emessa ai sensi dell’art. 148, comma 2 C.d.S.

In tema di sanzioni amministrative conseguenti a violazioni del codice della strada – ribadiscono i giudici del Palazzaccio -, il termine entro cui il proprietario del veicolo è tenuto, ai sensi dell’art. 126-bis, comma 2, cod. strada, a comunicare all’organo di polizia che procede i dati relativi al conducente, non decorre dalla definizione del procedimento di opposizione avverso il verbale di accertamento dell’infrazione presupposta (come sostenuto dal ricorrente, ndr) ma dalla richiesta rivolta al proprietario dall’autorità di fornire i dati richiesti, trattandosi di un’ipotesi di illecito istantaneo previsto a garanzia dell’interesse pubblicistico relativo alla tempestiva identificazione del responsabile, del tutto autonomo rispetto all’effettiva commissione di un precedente illecito”.

 

Il termine decorre dalla richiesta dell’autorità di fornire le generalità di chi guidava

Inammissibile secondo la Cassazione anche il secondo profilo di doglianza contenuto nello stesso motivo di ricorso, riguardante la decisione adottata dal giudice d’appello sull’avvenuta comunicazione di non ricordare chi potesse guidare il veicolo al momento della pretesa violazione.

E’ vero, ammette la Suprema Corte, citando una precedente sentenza della stessa Cassazione (9555/18), “che occorre distinguere la condotta – di per sé meritevole di sanzione – del proprietario che semplicemente non ottemperi all’invito a comunicare i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione da quella del proprietario che, invece, abbia fornito una dichiarazione di contenuto negativo adducendo giustificazioni”.

Ma gli Ermellini aggiungono anche che questa pronuncia ha precisato che “l’idoneità della dichiarazione di contenuto negativo ad escludere la presunzione di responsabilità a carico del dichiarante deve essere valutata dal giudice di merito con apprezzamento in fatto non sindacabile dal giudice di legittimità: nel caso di specie, pertanto, la censura per come formulata è inammissibile perché la valutazione della dichiarazione è stata fatta e ritenuta in-accoglibile, statuizione che non può essere riproposta in cassazione quale violazione di legge”.

Accolto invece il motivo relativo a un difetto di notifica

Per la cronaca, la Cassazione ha invece accolto il terzo motivo di ricorso, che però verteva su tutt’altra questione: il ricorrente vi denunciava, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n.4, cod. proc. civ., l’omessa pronuncia da parte dei giudici sul terzo motivo dell’appello, relativo alla dedotta illegittimità e/o inesistenza della notificazione del verbale per avere l’organo accertatore inviato copia fotostatica del verbale di contestazione e per essere stata la notificazione effettuata da soggetto non abilitato e cioè il Centro Servizi S.I.N.

Sul punto, ritenuto “indispensabile per la soluzione del caso concreto”, in effetti, il giudice di appello non si era pronunciato, di qui la cassazione della sentenza, limitatamente al secondo motivo di ricorso, con rinvio al Tribunale di Roma, in diversa composizione, per il riesame del gravame.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Responsabilità della Pubblica Amministrazione

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