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In una fondamentale ordinanza del 30 agosto 2016, n. 17407, la Cassazione Civile, VI sezione, ha dettato le linee guida del danno differenziale, stabilendo, in sostanza, che il credito risarcitorio della vittima si riduce solo e nella misura in cui abbia ricevuto dall’assicuratore sociale indennizzi destinati a ristorare danni che dal punto dì vista civilistico possano dirsi effettivamente patiti e pagati.

Il fatto. Una vittima di incidente stradale percepiva dall’Inail l’indennizzo dovutogli per legge, ma questi, nel giudizio contro i responsabili del sinistro, formulava azione di surrogazione ex art. 1916 c.c. nei confronti dell’impresa assicuratrice, sottraendo, di fatto, una cospicua somma dal risarcimento. La Corte d’Appello sottraeva dalla liquidazione del risarcimento tutta la rendita percepita dall’Inail, eccezion fatta per gli importi sostenuti dall’assicuratore sociale a titolo di spese mediche. Il danneggiato ricorreva in Cassazione.

La decisione. La sentenza mette finalmente ordine al dibattito sul danno differenziale, ossia la possibilità che il danneggiato possa ottenere un ulteriore risarcimento dal responsabile civile (e quindi dalla sua assicurazione) oltre all’indennizzo dovuto dall’Inail. Il Collegio dichiara senza mezzi termini che la sottrazione “risarcimento assicurazione – indennizzo Inail” è errata.

La Cassazione afferma: “se l’assicuratore sociale, in forza della speciale legislazione che ne disciplina i doveri, è tenuto a indennizzare obbligatoriamente un pregiudizio che, dal punto di vista civilistico, la vittima non risulta avere subito, per il relativo importo non può esserci surrogazione; il credito risarcitorio della vittima si riduce solo e nella misura in cui abbia ricevuto dall’assicuratore sociale indennizzi destinati a ristorare danni che dal punto dì vista civilistico possano dirsi effettivamente patiti” (e pagati).

Quindi, secondo la Cassazione, la sottrazione potrà operarsi solo se i titoli di poste sono identici. Andando per gradi, nessun dubbio sussiste in punto di danno biologico:”la nozione civilistica di tale pregiudizio (desumibile dall’art. 38 cod. ass. che secondo questa Corte è espressione d’un principio generale) coincide con la nozione assicurativa (art. 13 d. Igs, 23.2.2000 n. 38)”.

Quindi, il calcolo differenziale andrà dunque effettuato sottraendo dal credito risarcitorio civilistico l’importo pagato dall’Inail, ma per la stessa voce.

A tal fine, va ricordato che, per le invalidità permanenti superiori al 16%, l’Inail paga all’assicurato una rendita. L’importo di questa rendita è stabilito dalla Tabella che costituisce l’Allegato 5 al dm. 12.7.2000. Il valore risultante da tale tabella è poi maggiorato di un quid variabile in funzione del reddito della vittima. Ciò è stabilito dall’art. 13, comma 2, lettera (b), d. Igs. 38/2000, secondo cui: ‘le menomazioni di grado pari o superiore al 16 per cento danno diritto all’attribuzione di un’ulteriore quota di rendita (…) commisurata (…) alla retribuzione dell’assicurato (…) per l’indennizzo delle conseguenze patrimoniali“.

L’ulteriore quota di rendita è calcolata moltiplicando la retribuzione del danneggiato per il coefficiente stabilito dall’Allegato 6 al d.m. 12.7.2000. Così, ad esempio, per le menomazioni dal 26% al 35% la rendita è aumentata moltiplicando la retribuzione della vittima per il coefficiente 0,6; mentre per le menomazioni dal 36% al 30% la rendita è aumentata moltiplicando la retribuzione della vittima per il coefficiente 0,7.

Pertanto, quando ricorrano i presupposti dì fatto di cui all’art. 13, comma 2, lettera (h), d. Igs. 38/2000, l’Inail liquida all’avente diritto un indennizzo in forma di rendita che ha veste unitaria, ma duplice contenuto: con quell’indennizzo, infatti, l’Inail compensa sia il danno biologico, sia il danno patrimoniale da perdita della capacità di lavoro e di guadagno.

Da quanto esposto consegue che quando la vittima di un illecito aquiliano abbia percepito anche l’indennizzo da parte dell’Inail, per calcolare il danno biologico permanente differenziale è necessario: determinare il grado di invalidità permanente patito dalla vittima e monetizzarlo, secondo i criteri della responsabilità civile, ivi inclusa la personalizzazione o “danno morale” che dir si voglia, attesa la natura unitaria ed onnicomprensiva del danno non patrimoniale; sottrarre dall’importo ottenuto non il valore capitale dell’intera rendita costituita dall’Inail, ma solo il valore capitale della quota dì rendita che ristora il danno biologico (cfr sentenza n. 13222 del 26.6.2015).

Quindi, riassumendo, il relativo indennizzo assicurativo potrà essere detratto dal risarcimento aquiliano solo se la vittima abbia effettivamente patito un pregiudizio di questo tipo e lo abbia riscosso.

Negli altri casi, l’indennizzo resta acquisito alla vittima, ma né potrà essere defalcato dal credito risarcitorio di quest’ultima per altre voci dì danno, né potrà dar luogo a surrogazione: se infatti la vittima non ha patito alcuna riduzione della capacità di guadagno, non vanta il relativo credito verso il responsabile, e se quel diritto non esiste, non può nemmeno trasferirsi all’Inail.

Scritto da:

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Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Infortuni sul Lavoro

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