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In un incidente stradale con concorso di colpa, per individuare correttamente la percentuale di responsabilità occorre far riferimento al criterio della priorità della condotta nell’originare il sinistro. A chiarire questo principio la Corte di Cassazione, nell’interessante sentenza n. 7406/21 depositata il 17 marzo 2021.

Il caso si cui si sono occupati gli Ermellini è tragico e riguarda un sinistro mortale. I figli della vittima avevano intentato una causa avanti il Tribunale di Roma per ottenere il risarcimento dei danni patiti per il decesso del padre il quale, mentre percorreva, alla guida della propria Fiat Panda, la strada provinciale di San Cesareo, nel comune di Palestrina, si era scontrato con una Fiat Uno che proveniva dalla direzione opposta di marcia.

 

La Corte d’appello ribalta le percentuali di responsabilità di un incidente mortale

I giudici avevano ascritto le responsabilità del sinistro per il 70 per cento al conducente della Uno e al 30 per cento a quello della Panda e avevano pertanto condannato il guidatore del primo veicolo, il proprietario e la sua compagnia di assicurazione, Assitalia, in solido, a risarcire i congiunti della vittima nella rispettiva percentuale, per una somma complessiva di 620.388 euro, oltre interessi.

La Corte d’appello di Roma, avanti la quale Assitalia aveva impugnato la decisione di prime cure, in parziale accoglimento del gravame, con sentenza del 2018, aveva però rideterminato le percentuali di colpa nel 60% in capo alla vittima e nel 40% dell’altro conducente coinvolto, rideterminando pertanto in (sensibile) riduzione anche l’entità del risarcimento.

I giudici territoriali ritengono più grave l’invasione dell’opposta corsia

La Corte territoriale, in estrema sintesi, aveva ritenuto più grave (tanto da valutare appunto nel 60% del contributo causale nella verificazione dell’evento) il comportamento del conducente della Panda deceduto, che aveva incontestatamente invaso l’opposta corsia di marcia e non rispettato l‘obbligo di dare la precedenza (originando quindi una situazione di estremo pericolo),  rispetto al quello della controparte, che viaggiava ad una velocità non consona alla situazione ambientale e che avrebbe rilevato solo in termini di aggravamento delle conseguenze.

I familiari della vittima ricorrono per Cassazione

A questo punto sono stati i familiari della vittima a proporre ricorso per Cassazione, lamentando il fatto che la Corte territoriale, al fine della determinazione del grado di efficienza causale dei comportamenti dei conducenti, avesse applicato il “criterio della priorità della condotta nell’originare il sinistro”: a loro dire, invece, andava valutata la gravità delle rispettive condotte e l’entità delle conseguenze che ne erano derivate. Ed eccepivano anche sull’applicazione di questo criterio per stabilire il grado di efficienza causale dei comportamenti dei conducenti anche sotto il profilo della prevedibilità dell’evento da parte del conducente della Fiat Uno sopravvissuto.

Secondo loro, la Corte d’Appello avrebbe dovuto accertare la maggiore efficienza causale del comportamento di quest’ultimo che aveva tenuto una velocità eccessiva: velocità che sarebbe stata, appunto, la causa efficiente nella produzione del sinistro. E non avrebbero valutato se, invece, con una velocità adeguata e nel rispetto dei limiti, vi sarebbe stato lo spazio di frenata secondo le condizioni ambientali.

 

Corretto applicare il criterio della proprietà della condotta

Per la Suprema Corte tuttavia i motivi sono tutti inammissibili.

La Corte territoriale,  sulla base dell’accertata dinamica del sinistro, ha valutato le responsabilità dei due conducenti e le rispettive colpe, ritenendo, nell’esercizio del suo potere discrezionale (proprio del giudice del merito), preponderante quella della vittima per non avere rispettato il segnale di precedenza e per aver invaso l’opposta corsia di marcia, e quindi, per aver originato una situazione di estremo pericolo, nel che si risolve il criterio della priorità della condotta – spiegano i giudici del Palazzaccio – E ha ha altresì ritenuto che dalle evidenze istruttorie fosse emerso che il conducente della Fiat Uno, pur viaggiando ad una velocità non consona alla situazione ambientale, non avrebbe potuto evitare l’evento, e ha motivatamente ritenuto che la condotta di quest’ultimo rilevasse solo in termini di aggravamento delle conseguenze”.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Incidenti da Circolazione Stradale

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