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Che la battaglia contro il Covid-19 sia ancora lunga, nonostante la campagna vaccinale in corso, lo dimostrano i crudi numeri del mese di febbraio, che ha visto superare la soglia dei 150mila infortuni sul lavoro da contagio: l’8 marzo, com’è tristemente noto, è stato superato anche il tetto delle centomila vittime complessive della pandemia.

 

Al 28 febbraio 156.766 contagi sul lavoro

Il 23 marzo 2021 l’Inail ha pubblicato il report mensile, relativo appunto al mese di febbraio, al termine del quale le denunce di infortunio sul lavoro da coronavirus segnalate all’istituto e pervenute dall’inizio della pandemia, nel gennaio 2020, risultavano 156.766, circa un quarto di tutte le denunce pervenute nel periodo di riferimento e il 5,4% dei contagiati nazionali totali comunicati dall’Istituto Superiore di Sanità al 28 febbraio 2021.

Rispetto al monitoraggio effettuato alla data del 31 gennaio 2021 (147.875 denunce) i casi in più sono 8.891 (+6,0%), di cui 2.634 riferiti a febbraio 2021, 3.102 a gennaio 2021, 1.474 a dicembre, 1.021 a novembre e 503 ad ottobre scorsi: i restanti 157 casi sono riconducibili agli altri mesi del 2020 (il consolidamento dei dati permette di acquisire informazioni non disponibili nelle rilevazioni precedenti).

Nella seconda ondata il doppio di casi

La “seconda ondata” di contagi, i cui effetti non sono evidentemente terminati nello scorso anno ma sono proseguiti soprattutto a gennaio e in misura più contenuta a febbraio, ha avuto un impatto, anche in ambito lavorativo, più intenso rispetto alla prima, e non solo per la presenza di due mesi in più: il periodo ottobre 2020-febbraio 2021 incide, infatti, per il 64,4% sul totale delle denunce di infortunio da Covid-19, esattamente il doppio di quello del periodo marzo-maggio 2020 (32,2%).

Il dato registrato nel periodo ottobre 2020-febbraio 2021, pari a circa 101mila denunce di infortunio (e peraltro destinato ad aumentare nella prossima rilevazione per effetto del consolidamento particolarmente influente sull’ultimo mese della serie), raddoppia quello del trimestre marzo-maggio 2020 (50.610 denunce). E novembre 2020, con 38.421 denunce, supera il dato di marzo 2020 (28.429), diventando in assoluto il mese col maggior numero di eventi a seguito del Covid.

Da inizio pandemia al 28 febbraio 2021, le denunce si sono concentrate nei mesi di novembre (24,5%), marzo (18,1%), ottobre (15,3%), dicembre (15,2%), aprile (11,7%), maggio (2,4%) e settembre (1,2%) del 2020, e nei mesi di gennaio (7,7%) e febbraio (1,7%) del 2021, per un totale del 97,8%; il rimanente 2,2% riguarda gli altri mesi del 2020: febbraio (0,7%), giugno e agosto (0,6% per entrambi) e luglio (0,3%); a gennaio 2020 risultano 19 casi denunciati all’Inail.

 

Le più colpite sono sempre le donne

Il 69,6% dei contagi ha interessato le donne, il 30,4% gli uomini. La componente femminile supera quella maschile in tutte le regioni ad eccezione della Sicilia e della Campania (con incidenze, rispettivamente, del 47,0% e del 45,3%).

L’età media dall’inizio dell’epidemia è di 46 anni per entrambi i sessi; l’età mediana (quella che ripartisce la platea – ordinata secondo l’età – in due gruppi ugualmente numerosi) è di 48 anni (coincidente con quella riscontrata dall’ISS sui contagiati nazionali); sui casi di febbraio 2021 si confermano l’età media e mediana dell’intero periodo. Il dettaglio per classe di età mostra come il 42,1% del totale delle denunce riguardi la classe 50-64 anni: seguono le fasce 35-49 anni (36,8%), under 34 anni (19,2%) e over 64 anni (1,9%).

Gli italiani sono l’86,0% (sette su dieci sono donne); gli stranieri il 14,0% (otto su dieci sono donne): le nazionalità più colpite sono la rumena (21,0% dei contagiati stranieri), la peruviana (13,2%), l’albanese (8,0%), la moldava (4,4%) e l’ecuadoriana (4,3%).

La distribuzione territoriale

L’analisi territoriale, per luogo evento dell’infortunio, evidenzia poi una distribuzione delle denunce del 44,6% nel Nord-Ovest (prima la Lombardia con il 26,5%), del 24,3% nel Nord-Est (Veneto 10,7%), del 14,5% al Centro (Lazio 6,1%), del 12,1% al Sud (Campania 5,5%) e del 4,5% nelle Isole (Sicilia 3,0%).

Le province con il maggior numero di contagi da inizio pandemia sono Milano (10,2%), Torino (7,1%), Roma (4,8%), Napoli (3,7%), Brescia (2,7%), Varese e Verona (2,6%) e Genova (2,5%). Milano è anche la provincia che registra il maggior numero di contagi professionali accaduti nel solo mese di febbraio 2021, seguita da Ancona, Roma, Torino, Napoli, Brescia, Perugia e provincia autonoma di Bolzano. Sono però le province di Vibo Valentia, Campobasso, Lecco, Crotone, Reggio Calabria, Perugia, Ancona e Isernia quelle che registrano i maggiori incrementi percentuali rispetto alla rilevazione di gennaio.

 

A pagare il prezzo maggiore il settore della sanità

Delle 156.766 denunce di infortunio da Covid-19, quasi tutte riguardano la gestione assicurativa dell’Industria e servizi (97,6%), mentre il numero dei casi registrati nelle restanti gestioni assicurative, per Conto dello Stato (Amministrazioni centrali dello Stato, Scuole e Università statali), Agricoltura e Navigazione è di 3.762 unità.

Rispetto alle attività produttive coinvolte dalla pandemia, il settore della sanità e assistenza sociale (ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili…) registra il 68,4% delle denunce, seguito dall’amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità – Asl – e amministratori regionali, provinciali e comunali) con il 9,2%; dal noleggio e servizi di supporto (servizi di vigilanza, di pulizia, call center…) con il 4,4%; dal settore manifatturiero (addetti alla lavorazione di prodotti chimici, farmaceutici, stampa, industria alimentare) con il 2,8%; dalle attività dei servizi di alloggio e di ristorazione con il 2,5%; dal trasporto e magazzinaggio con il 2,1%; dalle altre attività di servizi (pompe funebri, lavanderia, riparazione di computer e di beni alla persona, parrucchieri, centri benessere…) con l’1,9%; dalle attività professionali, scientifiche e tecniche (consulenti del lavoro, della logistica aziendale, di direzione aziendale); dal commercio all’ingrosso e al dettaglio con l’1,8% ciascuno.

L’analisi per professione dell’infortunato evidenzia la categoria dei tecnici della salute come quella più coinvolta da contagi con il 39,0% delle denunce (in tre casi su quattro sono donne), l’82,8% delle quali relative a infermieri. Seguono gli operatori socio-sanitari con il 19,3% (l’81,1% sono donne), i medici con il 9,0% (il 48,2% sono donne), gli operatori socio-assistenziali con il 7,3% (l’85,2% donne) e il personale non qualificato nei servizi sanitari (ausiliario, portantino, barelliere) con il 4,8% (72,7% donne).

Il restante personale coinvolto riguarda, tra le prime categorie professionali, impiegati amministrativi (4,0%, di cui il 68,5% donne), addetti ai servizi di pulizia (2,2%, il 78,6% donne), conduttori di veicoli (1,2%, con una preponderanza di contagi maschili pari al 91,7%) e direttori e dirigenti amministrativi e sanitari (0,9%, di cui il 47,1% donne).

 

Le denunce mortali sfiorano le 500

Purtroppo, di queste 156.766 denunce, alla data del 28 febbraio 2021, 499 avevano avuto esito mortale, pari a circa un terzo del totale dei decessi denunciati da gennaio 2020 a febbraio 2021 all’Inail e a un’incidenza dello 0,5% rispetto al complesso dei deceduti nazionali da Covid-19 comunicati dall’ISS alla stessa data.

Il 37,7% sono deceduti ad aprile, il 25,7% a marzo, l’11,6% a dicembre, l’11% a novembre, il 4,4% a maggio, l’1,6% ad ottobre, l’1,2% a luglio, l’1,0% a giugno e lo 0,2% sia ad agosto che a settembre del 2020; a gennaio 2021 la quota è pari al 3,8% e a febbraio 2021 all’1,6%. Rispetto al monitoraggio del 31 gennaio 2021 (461 casi), i decessi sono 38 in più, di cui 8 a febbraio e 6 a gennaio 2021, 14 a dicembre e 7 a novembre dello scorso anno: i restanti tre decessi sono riconducibili ai mesi precedenti. Per i casi mortali, pertanto, a differenza delle denunce in complesso, è la prima ondata dei contagi ad avere avuto un impatto più significativo della seconda: 67,8% è, infatti, la quota sul totale dei decessi da Covid-19 denunciati nel trimestre marzo-maggio 2020, contro il 29,6% del periodo ottobre 2020-febbraio 2021;

Le vittime sono prevalentemente uomini

L’83,0% dei decessi ha interessato gli uomini, il 17,0% le donne, anche qui al contrario di quanto osservato sul complesso delle denunce in cui si rileva una percentuale superiore per le donne.

L’età media dei deceduti è 59 anni (56 per le donne, 59 per gli uomini) così come l’età mediana, 57 anni per le donne e 60 per gli uomini (81 anni quella calcolata dall’ISS per i deceduti nazionali). Il dettaglio per classe di età mostra come il 71,4% del totale delle denunce mortali riguardi la classe 50-64 anni: seguono le fasce over 64 anni (19,0%), 35-49 anni (8,6%) e under 34 anni (1,0%) nella quale non si rilevano decessi femminili.

Gli italiani sono il 90,4% (oltre otto su dieci sono maschi); gli stranieri il 9,6% (sette su dieci sono maschi): le comunità più colpite sono la peruviana (con il 18,8% dei decessi occorsi agli stranieri), l’albanese (12,5%) e la rumena (10,4%).

L’analisi territoriale

L’analisi territoriale evidenzia una distribuzione del 47,5% nel Nord-Ovest (prima sempre la Lombardia con il 33,9%), del 12,2% nel Nord-Est (Emilia Romagna 7,4%), del 14,8% nel Centro (Lazio 7,8%), del 20,9% al Sud (Campania 10,6%) e del 4,6% nelle Isole (Sicilia 4,2%). La Provincia Autonoma di Bolzano non ha registrato casi mortali.

Le province che contano più decessi da inizio pandemia sono Bergamo e Milano (9,0% per entrambe), Napoli (6,8%), Roma (6,2%), Brescia (5,2%), Torino (4,0%), Cremona (3,8%) e Genova (3,2%). Nel confronto con le denunce professionali da Covid-19 per ripartizione geografica, per i mortali si osserva una quota più elevata al Sud (20,9% contro 12,1% riscontrato nelle denunce totali) e un’incidenza inferiore nel Nord-Est (12,2% rispetto al 24,3% delle denunce totali).

Anche qui i lavoratori più a rischio sono quelli della Sanità

Dei 499 decessi da Covid-19, la stragrande maggioranza riguarda la gestione assicurativa dell’Industria e servizi (91,4%), mentre il numero dei casi registrati nelle restanti gestioni assicurative, per Conto dello Stato (Amministrazioni centrali dello Stato, Scuole e Università statali), Navigazione e Agricoltura è di 43 unità.

Rispetto alle attività produttive coinvolte dalla pandemia, il settore della sanità e assistenza sociale registra il 27,1% dei decessi codificati; seguito dalle attività del manifatturiero con il 12,3%; dal trasporto e magazzinaggio (11,7%) e dall’amministrazione pubblica con il 10,0%; dal commercio all’ingrosso e al dettaglio con il 9,4%; dalle costruzioni con il 6,8%; dalle attività professionali, scientifiche e tecniche con il 4,3%; dalle attività inerenti il noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese (servizi di vigilanza, attività di pulizia, fornitura di personale, call center…) con il 4,0%; dai servizi di alloggio e ristorazione con il 3,4%; dalle attività finanziarie e assicurative e dalle altre attività dei servizi con il 3,1% per entrambi.

L’analisi per professione dell’infortunato evidenzia, infine, come circa un terzo dei decessi riguardi personale sanitario e socio-assistenziale. Nel dettaglio, le categorie più colpite dai decessi sono quelle dei tecnici della salute con l’11,7% dei casi codificati (il 42,1% sono donne, il 68,4% infermieri) e dei medici con il 6,8% (circa il 6% donne). A seguire gli operatori socio-sanitari con il 4,9% (il 45,8% sono donne), il personale non qualificato nei servizi sanitari (tra questi il 40% sono donne) con il 4,1% e gli operatori socio-assistenziali con il 2,9% (il 64,3% sono donne), gli specialisti nelle scienze della vita (tossicologi e farmacologi) con il 2,0%.

Le restanti categorie professionali coinvolte riguardano gli impiegati amministrativi con l’11,1% (circa nove su dieci sono uomini), gli addetti all’autotrasporto con il 6,8% (tutti uomini), gli addetti ai servizi di sicurezza, vigilanza e custodia con il 2,5% e gli addetti alle vendite (2,3%), i direttori e dirigenti amministrativi e sanitari e gli artigiani meccanici con il 2,0%, gli specialisti delle scienze gestionali, commerciali e bancarie (1,8%), gli addetti alla pulizia di alberghi e ristoranti, i tecnici in campo ingegneristico e gli artigiani e operai specializzati nelle rifiniture e mantenimento delle strutture edili tutti con l’1,6% ciascuno, gli artigiani e operai specializzati nella meccanica di precisione e nelle rifiniture delle costruzioni, gli esercenti ed addetti nelle attività di ristorazione, i tecnici della distribuzione commerciale e professioni assimilate e gli specialisti in scienze informatiche e chimiche, tutti con l’1,4% ciascuno.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Infortuni sul Lavoro

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