Hai bisogno di aiuto?
Skip to main content

Il datore di lavoro accusato di essere responsabile di un infortunio occorso a un proprio lavoratore non può invocarne il concorso di colpa laddove l’evento sia frutto di omissioni e violazioni delle norme antinfortunistiche che egli, in quanto titolare della posizione di garanzia, avrebbe dovuto osservare o far rispettare. Lo ha ribadito con forza la Cassazione penale, quarta sezione, con la sentenza n. 9455/23 depositata il 7 marzo 2023. 

 

Datore di lavoro condannato per omicidio colposo per la morte di un suo operaio

La Corte di Appello, pur riformando la sentenza di primo grado del Tribunale, aveva confermato l’affermazione di responsabilità del titolare dell’impresa esecutrice dei lavori “incriminati” per il reato di cui all’articolo 589 del codice penale, ossia omicidio colposo, per il decesso di un suo operaio, in relazione agli artt. 89 comma 1 lett. G), 118 co. 5, 119 co. 1 lett. B), 90 co. 3, CO. 4 e co. 9 lett. A) del D. Lgs. 81/2008, il Testo Unico per la sicurezza sul lavoro.

Il lavoratore era rimasto soffocato dal crollo di parete di terra in un cantiere

L’imputato era stato accusato e condannato per aver causato, nel cantiere ove stava prestando la sua attività lavorativa di scavo il lavoratore rimasto vittima dell’infortunio mortale, il cedi­mento di una parete terrosa interessata da attività di sbancamento, in seguito al quale l’operaio era stato travolto, morendo soffocato. Scavo che peraltro era stato già praticato con l’utilizzo di un escavatore condotto dallo stesso datore di lavoro, con una condotta colposa generica e specifica, secondo i giudici, poiché “qualificata da imprudenza, imperizia e negli­genza nonché da violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro, consistita nell’omettere di elaborare il Piano Operativo di Sicurezza di cui all’art. 96 lett. G) D. Lgs. 81/2008 e nell’omettere di realizzare la protezione della zona superiore allo scavo e della parete di terra mediante idonee armature di sostegno di cui agli artt. 118 e 119 del D. Lgs. 81/2008, con il conseguente mancato impedimento dell’evento dannoso prevedibile consistito nel violentissimo cedimento della parete, con conseguenti lesioni personali cui seguiva la morte da sindrome asfittica pressoché istantanea della vittima” per riportare la sentenza.

 

L’imputato ricorre per Cassazione invocando l’attenuante del concorso di colpa del suo operaio

Il titolare dell’impresa tuttavia ha proposto ricorso per Cassazione contro la sentenza, sollevando attraverso il suo legale addirittura eccezione di legittimità costituzionale dell’articolo 589, comma 2, del codice penale, per ritenuto contrasto con l’art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede una circostanza attenuante nel caso in cui la condotta colposa dell’infortunato abbia contribuito a causare l’evento mortale, come prevista a seguito dell’introduzione dell’articolo 589-bis, comma 7, del Cp, in tema di omicidio stradale.

Doglianze totalmente rigettate dalla Suprema Corte, secondo la quale la sentenza impugnata ha operato un buon governo della costante giu­risprudenza di legittimità secondo la quale “non vale a escludere la responsabilità del titolare della posizione di garanzia il comportamento negligente del lavoratore in­fortunato che abbia dato occasione all’evento, quando questo sia da ricondurre comunque all’insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal richiamato comportamento impru­dente” ricordano e ribadiscono gli Ermellini, citando tra i tanti precedenti la sentenza n. 7364/2014 relativa a una fattispecie di lesioni “da caduta” riportate da un lavoratore nel corso di lavorazioni in alta quota, rispetto alla quale la Suprema Corte aveva ritenuto configurabile la responsabilità del datore di lavoro che non aveva predisposto un’i­donea impalcatura, un “trabattello”, nonostante il lavoratore avesse concorso all’evento, non facendo uso dei tiranti di sicurezza.

 

Non può configurarsi la corresponsabilità del lavoratore se a monte siano state violate le norme

Non è configurabile, in altri termini, la responsabilità ovvero la corresponsa­bilità del lavoratore per l’infortunio occorsogli allorquando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro o da chi debba provvedervi presenti delle evidenti criticità, atteso che le disposizioni antinfortunistiche perseguono il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, dovendo il datore di la­ voro dominare ed evitare l’instaurarsi da parte degli stessi destinatari delle diret­tive di sicurezza di prassi di lavoro non corrette e, per tale ragione, foriere di pericoli” proseguono i giudici del Palazzaccio

Quando si configura la condotta “esorbitante” del lavoratore e il “rischio eccentrico

La Cassazione chiarisce poi che la condotta “esorbitante ed imprevedibilmente col­posa del lavoratore”, l’unica idonea ad escludere il nesso causale, “non è solo quella che esorbita dalle mansioni affidate al lavoratore, ma anche quella che, nell’ambito delle stesse, attiva un rischio eccentrico od esorbitante dalla sfera di rischio go­vernata dal soggetto titolare della posizione di garanzia”, e qui gli Ermellini citano una sentenza in cui la Suprema Corte, avallando il pronunciamento dei giudici di merito, avevano escluso la respon­sabilità del datore di lavoro per le lesioni riportate da un lavoratore che, per sbloc­care una leva necessaria al funzionamento di una macchina utensile, aveva intro­dotto una mano all’interno della macchina stessa anziché utilizzare l’apposito pa­lanchino di cui era stato dotato.

 

Per escludere la responsabilità del datore questi deve aver approntato tutte le cautele

Ma, soprattutto, sempre al riguardo del concetto di  “rischio eccentrico”, la Cassazione puntualizza che, perché possa ritenersi che il comportamento negligente, im­prudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione per l’appunto di un “rischio eccentrico”, con esclu­sione della responsabilità del garante, “è necessario che questi (cioè il datore di lavoro, ndr) abbia posto in es­sere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l’evento ve­rificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante”.

Cautele finalizzate anche a evitare i pericoli di imprudenze da parte degli addetti

A proposito, gli Ermellini citano un’altra sentenza della Suprema Corte relativa a un tragico incidente, nella quale era stata ritenuta esente da censure la sentenza della Corte d’appello che aveva affermato la responsabilità del datore di lavoro in quanto la mancata attuazione delle prescrizioni con­ tenute nel POS, il Piano Operativo di Sicurezza, e la mancata informazione del lavoratore avevano determinato l’assenza delle cautele volte a governare anche il rischio di imprudente esecuzione dei compiti assegnati al lavoratore infortunato.

Pertanto è stata considerata anche manifestamente infondata, in tema di omicidio colposo aggravato dalla violazione di norme antinfortunistiche, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 589, comma 2, del codice penale, ed è stata confermata la condanna per omicidio colposo per il titolare dell’impresa per la quale lavorava l’operaio deceduto.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

Vedi profilo →

Categoria:

Infortuni sul Lavoro

Condividi

Affidati a
Studio3A

Nessun anticipo spese, pagamento solo a risarcimento avvenuto.

Contattaci

Articoli correlati


Skip to content