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Se il pericolo era prevedibile, il Comune è responsabile dell’incidente occorso al danneggiato, che va pertanto risarcito per le lesioni stradali riportate e per i danni materiali. A riaffermare il principio la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, con l’ordinanza n. 1725 depositata il 23 gennaio 2019 che ha definitivamente deliberato su un caso per certi versi curioso.

 

Motociclista scivolato a causa della cera

Un motociclista aveva chiesto al Comune di Bari il risarcimento per i danni riportati in seguito alla caduta dalla sua moto, scivolata su una scia di cera sparsa sulla strada dopo una processione religiosa pasquale. Il Tribunale di Bari, nel 2011, aveva però respinto la sua domanda e lo stesso aveva fatto, nel 2017, la Corte d‘Appello. Il centauro ha quindi presentato un ulteriore ricorso alla Suprema Corte, la quale ha ribaltato le decisioni assunte nei precedenti gradi di giudizio.

La Corte territoriale, dopo avere qualificato l’azione proposta dall’attuale ricorrente “sotto la specie dell’art. 2051 c.c., avendo il richiedente fatto riferimento alla violazione dell’obbligo di manutenzione delle strade pubbliche da parte del comune di Bari, integrante responsabilità da cose in custodia“, aveva appurato come la caduta del motociclista si fosse effettivamente verificata la sera dello stesso giorno della processione, “con tutta probabilità a causa dello sbandamento del motociclo dovuto alla presenza di un notevole quantitativo di cera colata sull’asfalto dalle fiaccole votive dei fedeli che avevano partecipato alla processione religiosa inserita nei riti pasquali, transitata due o tre ore prima”.

Secondo la Corte territoriale, tuttavia, non risultava “che il comune di Bari fosse stato avvisato della presenza della sostanza scivolosa sulla carreggiata stradale e nemmeno è stato dimostrato dall’attore che in passato si era già verificato un incidente analogo. Risulta pertanto infondata la tesi del ricorrente secondo cui il ripetersi di simili incidenti avrebbe dovuto consigliare l’amministrazione comunale di Bari di vietare l’uso delle fiaccole votive durante le processioni o, in alternativa, di predisporre un immediato servizio di pulizia della sede stradale subito dopo il passaggio del corteo religioso“.

Pertanto la situazione di pericolo che aveva causato l’evento dannoso era stata qualificata come caso fortuito, “non potendosi ragionevolmente esigere che l’amministrazione comunale provvedesse alla ripulitura del manto stradale immediatamente dopo il passaggio della processione poiché alla stregua degli elementi probatori raccolti essa era ignara della situazione di pericolo determinata dalla presenza della cera”.

 

La sentenza della Corte di Cassazione

Ma secondo Gli Ermellini, la Corte territoriale “si distoglie dalla corretta applicazione dell’insegnamento nomofilattico, che da tempo sostiene che il caso fortuito può essere costituito da eventi che si inseriscono, spezzandola, nell’ordinaria serie causale che prende le mosse dall’esistenza della cosa custodita, eventi che possono consistere pure in condotte di terzi o del danneggiato stesso, ma che però devono essere “non conoscibili né eliminabili con immediatezza”.

Il che significa che anche l’azione di un soggetto terzo non è di per sé sufficiente a immutare l’ordinario dinamismo causale discendente dalla cosa custodita introducendo l’elemento eccezionale tradizionalmente definito caso fortuito, bensì significa che detta azione, oltre ad avere un’astratta idoneità causale, deve anche essere concretamente dotata di caratteristiche tali da sussumerla nel concetto di fortuito, quali sono, appunto, la non conoscibilità/non prevedibilità.

La serie causale materialmente si spezza, ma solo se ciò è imprevedibile questa rottura sprigiona i suoi effetti giuridici, ovvero “toglie di mezzo” agli effetti giuridici la serie causale ordinaria”.

 “Invero – chiarisce meglio l’ordinanza -, se sussiste una condotta di terzi prevedibile materialmente attinente a una cosa oggetto di custodia, la prevenzione e/o l’eliminazione della sua conseguenza pregiudizievole rientrano, direttamente e propriamente, nell’attività di custodia, che, ragionando invece al contrario, verrebbe ad essere “svuotata” in quanto esonerata appunto da una ordinaria vigilanza della cosa, vale a dire una vigilanza atta a percepire e a comprendere non solo quel che è già accaduto (manutenzione in senso stretto) ma altresì quel che è prevedibile (manutenzione in senso lato, ovvero prevenzione). Vigilanza non è solo conoscere il presente, ma anche trarne le conseguenze per il futuro; non è quindi solo accertare e rimediare, ma anche prevedere e prevenire.

 

Il caso fortuito e la responsabilità del Comune

Il fortuito allora è quel che esorbita dall’attività custodiale, ovvero dall’area del possibile propria della vigilanza: il fortuito è quel che è impossibile vigilare.

Nel caso in esame, nell’affermare che la copertura del manto stradale con una notevole quantità di cera all’esito di una processione religiosa tradizionale che aveva occupato l’intera carreggiata “fosse non conoscibile “con immediatezza”, la Corte Territoriale dirige il timone, in realtà, non sulla conoscibilità nel senso di prevedibilità, bensì su una asserita impossibilità di intervento riparatorio in tempi immediati su ciò che comunque non sarebbe stato prevedibile.

La corte, infatti, orienta l’applicazione dell’art. 2051 c.c. alla sussistenza di un breve lasso temporale tra l’effettivo accadimento dell’evento pericoloso e il sinistro, nel senso di desumere da tale brevità la non conoscibilità da parte del custode dell’evento suddetto per venire ad ovviarvi; pretermette invece il profilo della prevedibilità di tale evento da parte del custode, ovvero l’ipotesi in cui non rileva la durata del tempo posteriormente intercorso, in quanto il custode, per il suo obbligo di vigilanza, deve anche essere probabilisticamente consapevole ex ante degli eventi pericolosi coinvolgenti la cosa custodita in misura esigibile, ovvero quando ragionevolmente ne sussiste la prevedibilità”.

Si tratta di un chiarimento rilevante. In altre parole, il Comune di Bari, conoscendo bene le modalità di svolgimento della tradizionale manifestazione religiosa, doveva prevedere quali conseguenze avrebbe potuto comportare – e ha effettivamente comportato – sulla strada il passaggio di centinaia di candele e avrebbe pertanto dovuto intervenire subito per ripulire la sede stradale onde evitare le conseguenze che poi si sono verificate. Per questo il ricorso è stato accolto, la sentenza della Corte d’Appello di Bari cassata con rinvio alla stesa Corte che dovrà riformulare la sua decisione.

 

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Responsabilità della Pubblica Amministrazione

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