Hai bisogno di aiuto?
Skip to main content

Non solo i dati sull’interruzione di gravidanza rientrano tra i quelli relativi alla salute, di cui è vietata la diffusione, ma la legge 194 del 1978 prevede anche un ulteriore, rigoroso regime di riservatezza.

 

Comune di Roma sanzionato per la diffusione dei nomi delle mamme nel “cimitero dei feti”

Tra le più recenti sanzioni comminate dal Garante per la privacy, di cui si dà notizia nella newsletter relativa alla sua attività del 22 giugno 2023, spiccano quelle di 176 mila euro nei confronti di Roma Capitale e di 239mila euro ad Ama, la società in-house a cui il Comune capitolino affida la gestione dei servizi cimiteriali, per aver diffuso i dati delle donne che avevano affrontato un’interruzione di gravidanza, indicandoli su targhette apposte sulle sepolture dei feti presso il cimitero Flaminio: un caso che colpisce anche per la sua estrema delicatezza e che ricorda quanto sia importante, per gli Enti pubblici in primis, la tutela dei dati personali e sensibili.

La vicenda era balzata agli onori della cronaca nell’ottobre del 2020. Secondo la disciplina di riferimento, i “prodotti del concepimento” di età inferiore alle 20 settimane possono essere sepolti solo su richiesta dei “genitori”, mentre la sepoltura è sempre prevista per i “nati morti”. Per i “prodotti abortivi”, invece, la sepoltura viene comunque disposta dalla struttura sanitaria dopo 24 ore, anche senza richiesta dei genitori.

 

Diffusi i dati di coloro che avevano effettuato un’interruzione di gravidanza

Dall’istruttoria del Garante è emerso che la diffusione illecita è stata originata da una comunicazione di dati effettuata in violazione del principio di minimizzazione.

La Asl Rm 1 aveva trasmesso ai servizi cimiteriali la documentazione con i dati identificativi delle donne. Le informazioni erano state poi riportate nei registri cimiteriali (determinando, potenzialmente, la possibilità di estrarre l’elenco di chi aveva effettuato un‘interruzione di gravidanza in tutte le strutture ospedaliere del territorio) e sulle croci, nonostante la normativa specifica preveda che, per l’apposizione della targhetta sul cippo, le informazioni da indicare siano (solo) quelle del defunto; quindi tali informazioni non possono in alcun modo essere assimilate a quelle che riguardano le donne che hanno avuto una interruzione di gravidanza.

“Ammonita” anche l’Asl Rm 1

Oltre ad aver applicato la sanzione nei confronti di Roma Capitale e Ama, il Garante ha pertanto “ammonito” anche l’Azienda sanitaria ordinandole di non riportare più le generalità “in chiaro” sulle autorizzazioni al trasporto e alla sepoltura e sui certificati medico legali. Nel provvedimento l’Autorità ha inoltre indicato alla Asl alcune misure tecniche e/o organizzative (come l’oscuramento dei dati identificativi delle donne, la pseudonimizzazione o la cifratura dei dati) che garantirebbero la possibilità di individuare con certezza il prodotto del concepimento e il luogo della sua sepoltura, senza consentire – in modo diretto – di risalire all’identità della donna.

 

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

Vedi profilo →

Categoria:

Responsabilità della Pubblica Amministrazione

Condividi

Affidati a
Studio3A

Nessun anticipo spese, pagamento solo a risarcimento avvenuto.

Contattaci

Articoli correlati


Skip to content