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Guardia medica che rifiuta la visita a domicilio di un paziente

Ha commesso reato di rifiuto di atti d’ufficio.

La guardia medica, chiamata da un paziente affetto da una grave sintomatologia, che gli domanda un’urgente visita domiciliare non può limitarsi a consigliargli a voce un farmaco: deve recarsi presso il malato.

Le conseguenze per il sanitario, in caso contrario, possono essere molto gravi, come testimonia la sentenza numero 39428/2017 depositata dalla sezione feriale della Corte di cassazione il 24 agosto, che ha confermato la condanna di un medico, per questa ragione, per il reato di rifiuto di atti di ufficio.

Nel caso di specie, a telefonare alla guardia medica era stato un uomo che aveva chiesto ripetutamente l’intervento a domicilio del sanitario, poiché sua moglie lamentava fortissimi dolori all’addome. Il medico, però, si era limitato a consigliare a voce un farmaco, liquidando così la vicenda. Al pronto soccorso, alla donna era poi stata diagnosticata una colonangite, con conseguente ricovero in chirurgia.

Per la Corte, un tale comportamento deve indubbiamente essere ricondotto al reato di rifiuto di atti d’ufficio, come da giurisprudenza di legittimità rigorosa e ormai costante. Né in senso contrario rileva la circostanza che il controllo ospedaliero del paziente abbia confermato la diagnosi iniziale della guardia medica, posto che la discrezionale valutazione del sanitario di compiere o meno la visita è sindacabile dal giudice al fine di accertare se il rifiuto non sia altro che un mero pretesto per giustificare l’inadempimento dei doveri del sanitario.

Anzi, il reato deve ritenersi integrato anche se le condizioni di salute del paziente, in concreto, non siano poi risultate gravi e all’esito del successivo ricovero ospedaliero non sia stata prescritta alcuna terapia.

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Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Malasanità

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