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Se un assicurato, e il caso purtroppo è tutt’altro che raro, viene truffato dal suo agente assicurativo, che gli vende un prodotto “fantasma”, può rivalersi sulla compagnia di assicurazioni che risponde, ex articolo 2049 del codice civile, per il fatto illecito del suo agente: in tal caso infatti sussiste quel “rapporto di occasionalità necessaria” tra la condotta antigiuridica posta in essere dall’agente e le incombenze che gli erano state affidate dal preponente, che legittima la responsabilità della società assicurativa. Sulla delicata e dibattuta materia, merita di essere segnalata la sentenza n. 317/21 pubblicata il 7 maggio dalla sezione civile del Tribunale di Spoleto.

 

Cliente truffato da un agente assicurativo che si intasca i 170mila euro del premio

Un cliente aveva lamentato di aver stipulato con un’agenzia gestita da un’agente assicurativo, nel dicembre 2008, una polizza versando un premio di 170mila euro attraverso un regolare assegno, con rilascio della relativa ricevuta. Tre anni dopo, nel 2011, l’assicurato aveva richiesto informazioni per il riscatto anticipato della polizza all’agente e in secondo tempo, data la mancata risposta di quest’ultimo, direttamente alla compagnia assicurativa che però, con sua grande sorpresa, aveva negato l’esistenza della polizza, sostenendo che l’operazione assicurativa era stata posta in essere a sua tutale insaputa.

Agente condannato in sede penale per truffa, l’assicurato chiede i danni alla compagnia

In relazione a tali vicende, l’agente era stato condannato per truffa con sentenza pronunciata nel 2016 dallo stesso tribunale di Spoleto presso il quale il cliente ha poi citato in giudizio la compagnia, allegando la validità della polizza così stipulata e il proprio diritto ad ottenere la condanna della controparte alla corresponsione del valore di riscatto della polizza stessa. O, in via subordinata, ipotizzando la responsabilità della controparte per il fatto illecito del suo agente, ha allegato il proprio diritto al risarcimento del danno subito, rappresentato dal valore di riscatto della polizza dalla data della domanda, dagli interessi e dalla rivalutazione monetaria. La compagnia ovviamente si è costituita in giudizio, negando oggi responsabilità.

I giudici accolgono la domanda di risarcimento

I giudici spiegano che la prima domanda del ricorrente, quella per la condanna della controparte al pagamento dell’indicata somma di denaro, “non può rinvenire la propria causa petendi nella proposta di assicurazione sottoscritta in data 30.12.2008. Il documento depositato in atti non è, invero, inquadrabile come contratto assicurativo, costituendo il medesimo soltanto una proposta di assicurazione, destinata a servire di base al contratto da stipularsi. Tramite la proposta assicurativa in esame il contraente si è obbligato ad accettare il contratto, a ritirare la relativa polizza e a versare il premio. Pur in presenza della univoca volontà dell’attrice di impegnarsi e della indicazione degli gli elementi essenziali del contratto che mirava a concludere (una assicurazione sulla vita con premio di 170mila euro, avente, quale contraente e beneficiario, la società attrice), la proposta non è stata accettata dalla convenuta, con l’effetto che tra le parti non è sorto il contratto assicurativo”.

 

La responsabilità per il fatto illecito dell’agente

Premesso questo, il tribunale chiarisce che nel caso in questione si verte, come prospettato dall’assicurato in via subordinata, “in ipotesi di responsabilità di una compagnia di assicurazioni, ex art. 2049 c.c., per il fatto illecito del suo agente, che ha venduto un prodotto assicurativo “fantasma”, quale è quello controverso risultato inesistente nel portafoglio della società convenuta, impossessandosi del denaro versato dal risparmiatore per l’acquisto.

I giudici ricordano quindi che la sottoscrizione della proposta di polizza ad opera dell’agente e la mancata trasmissione della stessa alla compagnia rappresentano fatti illeciti di cui essa risponde ai sensi dell’art. 2049 c.c.: “trattasi di un’ipotesi di responsabilità indiretta per il danno provocato dal proprio incaricato purché l’attività illecita posta in essere dall’agente, ancorché privo del potere di rappresentanza, sia stata agevolata o resa possibile dalle incombenze demandategli e su cui la compagnia di assicurazione aveva la possibilità di esercitare poteri di direttiva e di vigilanza”.

Il rapporto di “occasionalità necessaria”

Perché si configuri questa ipotesi di responsabilità oggettiva, la giurisprudenza della Suprema Corte ritiene necessario (e sufficiente), prosegue la sentenza, “il rapporto di occasionalità necessaria tra la condotta antigiuridica posta in essere dall’agente e le incombenze che gli erano state affidate dal preponente. Ciò significa che non è richiesto un nesso di causalità fra l’incarico conferito dalla società e il danno subito dal terzo, ma che è sufficiente che le mansioni affidate dal proponente abbiano determinato una situazione tale da agevolare o rendere possibile il fatto illecito e l’evento dannoso, anche se l’agente abbia operato al di là dei limiti delle sue incombenze e perfino, come pure è stato precisato, trasgredendo gli ordini ricevuti e con dolo”.

 

L’agente, in virtù del suo inserimento n una struttura, gode di maggiore fiducia

La funzione della previsione di questa ipotesi di responsabilità oggettiva è chiaramente quella di tutelare chi abbia rapporti con un soggetto che, in virtù del suo inserimento in una struttura, in questo caso una compagnia di assicurazioni, crea per ciò stesso un particolare affidamento nel cliente una volta che gli propone l’acquisto di prodotti del gruppo, affiancando alla responsabilità diretta dell’operatore disonesto quella della società che lo ha utilizzato mettendolo in condizione di provocare il danno al risparmiatore.

Trattandosi di responsabilità oggettiva, “i danneggiati – proseguono i giudici – non sono tenuti a provare la colpa né tanto meno il dolo della compagnia di assicurazioni ai fini della configurabilità della responsabilità ex art. 2049 c.c. che si fonda sulla base dell’esistenza del solo nesso di occasionalità necessaria tra l’attività dell’agente assicurativo e l’illecito a prescindere da qualsiasi indagine sullo stato soggettivo di dolo o colpa della preponente ed all’interno della quale non è corretto porre a carico del danneggiato che agisce per il risarcimento di un danno extracontrattuale un onere di diligenza tratto dalla responsabilità contrattuale. Il danneggiato non è, quindi, soggetto ad un difficile e più gravoso onere probatorio avente ad oggetto la effettiva riconducibilità del prodotto assicurativo venduto all’agente alla società di cui questi è l’incaricato, in quanto un siffatto onere sarebbe tale da svuotare la garanzia di ogni contenuto. Ne discende che non assumono alcun rilievo, ai fini della configurazione di una responsabilità in capo alla convenuta, le eccezioni dalla stessa sollevate circa la non riferibilità a sé della polizza oggetto di giudizio”.

 

Compagnia condannata a risarcire l’assicurato truffato con circa 200mila euro

Secondo i giudici, nel caso di specie è ravvisabile la responsabilità della compagnia, “dovendosi ritenere sussistente il nesso di occasionalità necessaria tra l’attività dell’agente e la commissione dell’illecito, che è stata resa possibile dalle incombenze a lui affidate dalla convenuta”: come riconosciuto dalla stessa impresa, l’agente truffaldino aveva operato sul mercato assicurativo in qualità di agente incaricato di promuovere, per conto della compagnia, la conclusione di contratti di assicurazione nel periodo in cui l’assicurato aveva sottoscritto la proposta assicurativa oggetto di giudizio.

Non sono condivisibili, dunque, le contestazioni della compagnia circa il difetto del suddetto nesso di occasionalità necessaria: dalla sentenza emessa in sede penale e dall’istruttoria svolta nel giudizio civile, infatti, “si ricava che (omissis) aveva, in qualità agente assicurativo della compagnia, curato la sottoscrizione, da parte del legale rappresentante della società attrice, della proposta di polizza in esame; aveva, quindi, agito nell’esercizio delle incombenze tipiche del rapporto di agenzia intrattenuto con la convenuta. La compagnia è stata quindi condannata al risarcimento del danno in favore del cliente, quantificato in 195.623,61 euro, oltre a interessi dalla pubblicazione della sentenza al saldo.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Responsabilità della Pubblica Amministrazione

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