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Nei casi di tamponamento per mancato rispetto della distanza di sicurezza non si applica la norma generale di pari responsabilità, sancita dall’art. 2054, comma 2, del Codice civile, bensì quella, specifica, stabilita dal Codice della Strada per queste ipotesi: pertanto, se due mezzi sono incolonnati e quello dietro urta quello che lo precede, si presume, fino a prova contraria, che la responsabilità esclusiva dello scontro sia di chi ha tamponato.

Con l’ordinanza n. 2669/22, depositata il 28 gennaio 2022, la Cassazione ha chiarito e riaffermato un principio base su una delle tipologie di sinistri più frequenti ma la cui applicazione è ancora oggetto di interpretazioni contrastanti, tra gli stessi giudici di merito.

La causa per un tamponamento

Il caso in questione, in verità, era un po’ più complesso di un semplice tamponamento. Un automobilista, mentre effettuava una manovra di retromarcia da una rampa di uscita di un distributore di carburante, era stato tamponato dal conducente di un’altra vettura che procedeva a una velocità non consona. Sia il giudice di primo grado che, in appello, il Tribunale di Roma, con sentenza del 2019, avevano affermato la pari responsabilità dei due automobilisti nella determinazione causale del sinistro in cui erano rimasti coinvolti i rispettivi veicoli.

Il Tribunale, in particolare, valutate le prove per testi, che riferivano circostanze opposte, e considerata la consulenza tecnica, secondo la quale il veicolo tamponato era fermo “nell’istante” in cui era stato colpito e rispetto al quale era stato formulato un giudizio di verosimiglianza, aveva ritenuto che emergesse una tale frammentarietà nella ricostruzione della dinamica dei fatti da dover confermare la valutazione del giudice di prime cure e dunque l’applicazione della presunzione di pari colpa di cui all’art. 2054, secondo comma c.c. Il giudice d’appello, accertata senza dubbio la responsabilità del “tamponante”, aveva tuttavia ritenuto sfornita di prova la circostanza che la condotta di guida del conducente tamponato fosse del tutto estranea – in termini di apporto causale – nella determinazione del sinistro, rigettando quindi il gravame, confermando la pronuncia di primo grado in ordine al regime delle spese e condannando l’appellante alle spese del grado di appello.

L’automobilista tamponato però non si è dato per vinto e ha proposto ricorso per Cassazione. Il ricorrente, in particolare, ha lamentato la violazione degli artt. 140, 141 e 149 del Codice della Strada, nonché dell’art. 2054, co. 2 c.c. avendo il Tribunale, a fronte del tamponamento subito e stante la “frammentarietà” della prova liberatoria gravante sul tamponante, concesso ugualmente l’applicazione dell’art. 2054 c.c. Motivo ritenuto assolutamente fondato dalla Suprema Corte. “Il Tribunale, a fronte di una CTU che aveva accertato che le modalità dell’incidente corrispondevano ad un tamponamento e non ad una retromarcia, ha errato nell’affermare che fosse rimasta sfornita di prova l’estraneità del conducente del veicolo tamponato alla causazione del sinistro, in quanto avrebbe dovuto valutare la sussistenza dei presupposti per l’operatività della presunzione di responsabilità che grava, ai sensi dell’art. 149, co. 1 del d.lgs. n. 285 del 1992, sul conducente del veicolo tamponante” spiegano gli Ermellini.

 

Accertato il tamponamento, andava verificata la prova liberatoria del tamponante

In questa prospettiva, andava verificato se chi aveva tamponato “avesse o meno ottemperato all’onere della prova liberatoria su di lui gravante, e consistente nel dimostrare che il mancato tempestivo arresto del mezzo e la conseguente collisione fossero stati determinati da cause in tutto o in parte a sé non imputabili – prosegue la Cassazione – L’esito negativo di tale accertamento avrebbe imposto al Tribunale di ritenere la responsabilità esclusiva del veicolo tamponante”.

Senza questa prova, bisogna ascrivere l’esclusiva responsabilità a chi aveva tamponato

Palese, pertanto, secondo i giudici del Palazzaccio, “l’errore di sussunzione” commesso dal giudice di merito nel ritenere che la fattispecie rientrasse nell’ambito di applicazione dell’art. 2054, 2° co. C.C. anziché in quello dell’art. 149, co. 1 d.lgs. n. 285 del 1992. E qui la Cassazione ribadisce “il consolidato insegnamento di questa Corte”, secondo il quale “per il disposto dell’art. 149, primo comma, del vigente codice della strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), il conducente di un veicolo deve essere in grado di garantire in ogni caso l’arresto tempestivo del mezzo, evitando collisioni con il veicolo che precede, per cui l’avvenuto tamponamento pone a carico del conducente medesimo una presunzione “de facto” di inosservanza della distanza di sicurezza.

Ne consegue che, esclusa l’applicabilità della presunzione di pari colpa di cui all’art. 2054, secondo comma, cod. civ., egli resta gravato dall’onere di dare la prova liberatoria, dimostrando che il mancato tempestivo arresto dell’automezzo e la conseguente collisione sono stati determinati da cause in tutto o in parte a lui non imputabili”.

La sentenza è stata pertanto cassata con rinvio della causa al Tribunale di Roma,  in persona di diverso magistrato, per un nuovo esame.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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