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Cane di razza pericolosa?

Il padrone ha maggiore responsabilità

I detentori dei cani di razza assumono una posizione di garanzia che impone loro di controllare e custodire l’animale, adottando tutte le cautele necessarie per prevenire ed evitare le sue possibili reazioni e le aggressioni a terzi. A tal riguardo, va considerata soprattutto la razza di appartenenza, perché, se l’animale appartiene a una razza “pericolosa”, al suo padrone sarà richiesta un’attenzione maggiore al comportamento del suo cane.

È questo il principio riaffermato dalla Cassazione, quarta sezione penale, nella recente sentenza n.36747/2018 depositata il 31 luglio nella quale la Suprema Corte si è pronunciata sul ricorso della padrona di un mordace cucciolo di American Stafford, condannata per le lesioni colpose provocate dal suo cane un’altra donna.

Durante una passeggiata in un parco pubblico era nata una zuffa tra i cani delle due donne: nel dettaglio, il cane dell’imputata, di razza American Stafford, aveva aggredito il cane di razza Beagle di un’altra donna e quest’ultima, per tentare di liberare il suo animale, era stata aggredita dall’altro cane che l’aveva morsa al braccio e alla gamba: un “classico”.

In Cassazione, l’imputata ha contestato, tra l’altro, la sua responsabilità per lesioni colpose e omessa custodia e malgoverno di animali ex art. 672 c.p.: secondo la difesa, la condotta della padrona dell’American Stafford sarebbe stata ritenuta negligente e imprudente solo sulla base “dell’aprioristico concetto della differenza di razza e di dimensioni tra i due cani“.

I giudici, secondo la ricorrente, non avrebbero tenuto conto, invece, della differenza di età dei due cani, essendo quello dell’imputata un cucciolo di nove mesi, istruito ed educato da un educatore cinofilo, mentre l’altro cane, di cinque anni, sarebbe stato adulto e quindi più maturo e aggressivo.

Inoltre, il difensore ricorrente ha evidenziato le differenze caratteriali tra le due razze, rilevando la maggiore aggressività e disubbidienza di quello appartenente alla persona offesa.

Una conclusione che gli Ermellini hanno però ritenuto priva di fondamento. I giudici di merito, infatti, hanno dato conto, in primis, della indubbia posizione di garanzia assunta dall’imputata in relazione ai possibili danni che potessero derivare dal comportamento del proprio cane di razza, accentuatasi ancor più una volta che la stessa aveva rassicurato la persona offesa circa il fatto che il proprio cane fosse docile e non aggressivo.

La giurisprudenza della Cassazione, ha rammentato il collegio, ha da tempo ribadito che, in tema di lesioni colpose, la posizione di garanzia assunta dal detentore di un cane impone l’obbligo di controllare e custodire l’animale adottando ogni cautela per evitare e prevenire le possibili aggressioni a terzi, finanche all’interno dell’abitazione (cfr. ex multis Cass., n. 18814/2011).

Per la Cassazione, non è fondata neanche la doglianza della ricorrente secondo cui ogni valutazione della sussistenza della colpa in capo alla proprietaria dell’American Stafford sia stata fatta derivare dalla diversa taglia dei due cani e da una presunzione di pericolosità e di aggressività della razza dell’uno piuttosto che dell’altra.

Nonostante il cane dell’imputata fosse un cucciolo, è infatti parso fuori discussione che le due specie, in termini di stazza e potenzialità offensiva, fossero caratterizzate, anche per la taglia, da una ben diversa aggressività.

Per gli Ermellini, di fronte a un cane di una razza che, per mole e indole, si palesi più aggressivo, l’obbligo di custodia che grava sul detentore si attiva ancor più. Rientra, in altri termini, in un criterio di assoluta logica che, attese le diverse potenzialità lesive, pur senza che operi alcuna presunzione, vi siano talune razze di cani che necessitino, normalmente, di una maggiore attenzione da parte di chi li detiene.

Ne consegue che al proprietario del cane fa capo una posizione di garanzia per la quale egli è tenuto ad adottare tutte le cautele necessarie a prevenire le prevedibili reazioni dell’animale, considerando la razza di appartenenza e ogni altro elemento rilevante.

Inoltre, l’obbligo di custodia si connota diversamente a seconda delle condizioni di tempo e di luogo in cui venga ad accadere un determinato fatto. Nel caso di specie, l’imputata è contravvenuta anche alle disposizioni del Regolamento Comunale, il quale chiariva che “i cani di indole mordace” dovessero essere muniti di museruola.

L’imputata, non adeguandosi alle norme di comportamento stabilite dal Comune, è incorsa in un profilo di colpa generica e anche specifica, finendo per contravvenire al disposto di cui all’art. 672 c.p. che sanziona chiunque non custodisce con le debite cautele, animali pericolosi da lui posseduti.

La donna avrebbe dovuto tenere conto della inevitabile reazione che il proprio cane avrebbe potuto avere nel momento in cui l’altro le si è avvicinato. La norma cautelare violata, infatti, le richiedeva, prima di consentire l’ingresso del Beagle all’interno dello sgambatolo, di accertarsi che tra i due cani non si potessero creare ostilità e aggressioni, data la evidente differenza sia di razza che di età tra i due animali che si vedevano per la prima volta.

Invece, la signora ha superficialmente acconsentito a far entrare in un’area circoscritta, quale l’area ove i cani entrano, appunto, per rimanere liberi, un altro cane sconosciuto che, al contrario del suo che proveniva da fuori, verosimilmente, doveva ritenersi “di casa” e che avrebbe potuto avere comportamenti tipici degli animali in ordine alla difesa del proprio territorio.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Responsabilità della Pubblica Amministrazione

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