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Finalmente la campagna vaccinale sta facendo effetto e i risultati si toccano con mano anche per quanto riguarda le denunce di infortunio sul lavoro da Covid-19 segnalate all’Inail, come emerge dal nuovo report mensile, aggiornato al 31 maggio 2021, pubblicato dall’Istituto il 25 giugno 2021.

Dal monitoraggio emerge che da inizio pandemia alla data appunto del 31 maggio 2021, le denunce di infortunio per contagio da coronavirus sono risultate 175.323, pari a quasi un quarto del totale delle denunce di infortunio pervenute da gennaio 2020 e a una incidenza del 4,2% rispetto al complesso dei contagiati nazionali comunicati dall’Istituto Superiore di Sanità alla stessa data.

 

I casi totali superano i 175mila, ma nel report di maggio ve ne sono solo 3.519 in più

Rispetto al report precedente aggiornato a 30 aprile 2021 (171.804 denunce), tuttavia, i casi in più sono “solo” 3.519 (+2,0%), dei quali peraltro soltanto 757 riferiti a maggio: 960 infatti risalgono ad aprile, 541 a marzo, 249 a febbraio e 273 a gennaio di quest’anno; 201 a dicembre, 297 a novembre e 183 ad ottobre scorsi; i restanti 58 casi riconducibili agli altri mesi del 2020 (il consolidamento dei dati permette di acquisire informazioni non disponibili nelle rilevazioni precedenti).

Un sensibile calo che si può apprezzare anche nel confronto per mesi. Da inizio pandemia al 31 maggio 2021, le denunce si sono concentrate nei mesi di novembre (22,8%), marzo (16,3%), dicembre (14,6%), ottobre (14,2%), aprile (10,5%), maggio (2,2%) e settembre (1,1%) del 2020, e di gennaio (8,0%), marzo (3,3%), febbraio (2,9%), aprile (1,8%) e maggio (0,4%) del 2021, per un totale del 98%; il rimanente 2% riguarda gli altri mesi del 2020, febbraio (0,6%), giugno e agosto (0,5% per ciascun mese) e luglio (0,3%). Con maggio 2021 quindi siamo quasi al minimo “storico”.

La dinamica per sesso, età e nazionalità

I 3.519 contagi in più rilevati nell’ultimo monitoraggio rispetto al precedente non cambiano le dinamiche rilevate sin qui. La maggior parte dei contagi sul lavoro, il 68,8%, ha interessato le donne, il 31,2% gli uomini. La componente femminile supera quella maschile in tutte le regioni ad eccezione della Calabria, della Sicilia e della Campania, con incidenze rispettivamente del 48,5%, 46,2% e del 44,4%.

L’età media dall’inizio dell’epidemia è di 46 anni per entrambi i sessi; l’età mediana (quella che ripartisce la platea – ordinata secondo l’età – in due gruppi ugualmente numerosi) è di 48 anni (47 anni quella riscontrata dall’ISS sui contagiati nazionali). Sui casi di maggio 2021, l’età media conferma il valore dell’intero periodo, mentre quella mediana si abbassa di un anno (47 anni). Il dettaglio per classe di età mostra come il 42,5% del totale delle denunce riguardi quella 50-64 anni. Seguono le fasce 35-49 anni (36,7%), under 35 anni (18,9%) e over 64 anni (1,9%).

Gli italiani sono l’86,3% (meno di sette su 10 sono donne); gli stranieri il 13,7% (otto su 10 sono donne): le nazionalità più colpite sono la rumena (21,0% dei contagiati stranieri), la peruviana (12,8%), l’albanese (8,1%), la moldava (4,5%) e l’ecuadoriana (4,2%).

L’analisi territoriale

L’analisi territoriale, per luogo evento dell’infortunio, evidenzia una distribuzione delle denunce del 43,2% nel Nord-Ovest (prima regione la Lombardia con il 25,6%), del 24,5% nel Nord-Est (Veneto 10,6%), del 15,1% al Centro (Lazio 6,5%), del 12,6% al Sud (Campania 5,7%) e del 4,6% nelle Isole (Sicilia 3,1%).

Le province con il maggior numero di contagi da inizio pandemia sono Milano (9,7%), Torino (7,1%), Roma (5,2%), Napoli (3,8%), Brescia, Verona e Varese (2,5%), Genova (2,4%). Milano è la provincia che registra il maggior numero di contagi professionali accaduti nel solo mese di maggio 2021, seguita da Roma, Napoli, Torino, Messina, Venezia e Firenze. Sono però le province di Vibo Valentia, Reggio Calabria, Salerno, Lecce, Agrigento, Caltanissetta, Sud Sardegna, Messina, Pordenone, la provincia autonoma di Bolzano, Grosseto, Terni, Cosenza, Brindisi e Catanzaro quelle che registrano i maggiori incrementi percentuali rispetto alla rilevazione di aprile.

 

I settori e le professioni più colpite

Delle 175.323 denunce di infortunio da Covid-19, quasi tutte riguardano la gestione assicurativa dell’Industria e servizi (97,1%), mentre il numero dei casi registrati nelle restanti gestioni assicurative, per Conto dello Stato (Amministrazioni centrali dello Stato, Scuole e Università statali), Agricoltura e Navigazione è di 5.086 unità: sono circa 2.700 i contagi professionali di insegnanti/professori e ricercatori di scuole di ogni ordine e grado e di università statali e private (riconducibili sia alla gestione dei Dipendenti del Conto dello Stato sia al settore Istruzione della gestione Industria e servizi).

Rispetto alle attività produttive coinvolte dalla pandemia, il settore della sanità e assistenza sociale (ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili…) registra il 65,9% delle denunce, seguito dall’amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità – Asl – e amministratori regionali, provinciali e comunali) con il 9,2%; dal noleggio e servizi di supporto (servizi di vigilanza, di pulizia, call center…) con il 4,4%; dal trasporto e magazzinaggio con il 3,4%; dal settore manifatturiero (addetti alla lavorazione di prodotti chimici, farmaceutici, stampa, industria alimentare) con il 3,0%; dalle attività dei servizi di alloggio e di ristorazione con il 2,4%; dal commercio all’ingrosso e al dettaglio con il 2,2%; dalle altre attività di servizi (pompe funebri, lavanderia, riparazione di computer e di beni alla persona, parrucchieri, centri benessere…) e dalle attività professionali, scientifiche e tecniche (consulenti del lavoro, della logistica aziendale, di direzione aziendale), entrambe con l’1,9%.

L’analisi per professione dell’infortunato evidenzia la categoria dei tecnici della salute come quella più coinvolta da contagi con il 37,7% delle denunce (in tre casi su quattro sono donne), l’82,7% delle quali relative a infermieri. Seguono gli operatori socio-sanitari con il 18,5% (l’81,1% sono donne), i medici con l’8,6% (il 48,3% sono donne), gli operatori socio-assistenziali con il 7,0% (l’85,3% donne) e il personale non qualificato nei servizi sanitari (ausiliario, portantino, barelliere) con il 4,8% (72,9% donne). Il restante personale coinvolto riguarda, tra le prime categorie professionali, impiegati amministrativi (4,5%, di cui il 67,5% donne), addetti ai servizi di pulizia (2,3%, il 78,3% donne), conduttori di veicoli (1,3%, con una preponderanza di contagi maschili pari al 92,1%), addetti ai servizi di sicurezza, vigilanza e custodia e gli impiegati addetti al controllo di documenti e allo smistamento e recapito della posta (0,9% entrambi, di cui donne il 26,9% e il 49,9% rispettivamente).

 

I casi mortali sono 639, di cui 39 nel report di maggio 2021

Il monitoraggio alla data del 31 maggio 2021 ha rilevato sin qui 639 denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale da Covid-19 pervenute all’Inail dall’inizio dell’epidemia, pari a circa un terzo del totale decessi denunciati da gennaio 2020 e a una incidenza dello 0,5% rispetto al complesso dei deceduti nazionali da Covid-19 comunicati dall’ISS alla stessa data.

Il 30,2% sono lavoratori deceduti ad aprile 2020, il 21,4% a marzo 2020, il 12,1% a novembre, l’11,4% a dicembre, il 3,4% a maggio 2020, l’1,4% ad ottobre, lo 0,9% a luglio, lo 0,8% a giugno e lo 0,2% sia ad agosto che a settembre scorsi; a gennaio 2021 la quota è pari al 6,1%, a febbraio 2021 al 3,1%, a marzo 2021 al 4,1%, ad aprile 2021 al 3,4% e a maggio 2021 all’1,3%.

Anche qui, per fortuna, il tragico dato è in calo. Rispetto al report del 30 aprile 2021 (600 casi), i decessi sono 39 in più, di cui 8 a maggio, 11 ad aprile, 5 a marzo, 2 a febbraio e 2 a gennaio del 2021, 4 a dicembre e 3 a novembre dello scorso anno; i restanti quattro decessi sono riconducibili ai mesi precedenti.

La dinamica per sesso, età, nazionalità e territorio

Al contrario di quanto osservato per il complesso delle denunce, l’83,6% dei decessi ha interessato gli uomini, il 16,4% le donne. L’età media dei deceduti è 59 anni (57 per le donne, 59 per gli uomini), l’età mediana di 59, 58 anni per le donne e 60 per gli uomini (82 anni quella calcolata dall’ISS per i deceduti nazionali): il dettaglio per classe di età mostra come il 72,3% del totale delle denunce riguardi la fascia 50-64 anni: seguono quelle degli over 64 (18,5%), 35-49 anni (8,4%) e under 35 anni (0,8%) nella quale non si rilevano decessi femminili.

Gli italiani sono il 90,3% (oltre otto su 10 sono uomini); gli stranieri il 9,7% (sette su 10 sono uomini): le comunità più colpite sono la peruviana (con il 14,5% dei decessi occorsi agli stranieri), l’albanese (12,9%) e la rumena (9,7%).

L’analisi territoriale evidenzia una distribuzione del 40,2% nel Nord-Ovest (prima la Lombardia con il 28,3%), del 24,4% al Sud (Campania 11,6%), del 17,1% nel Centro (Lazio 10,0%), del 12,7% nel NordEst (Emilia Romagna 6,6%) e del 5,6% nelle Isole (Sicilia 4,9%). La Provincia Autonoma di Bolzano è l’unica a non aver registrato casi mortali in tutto il periodo.

Le province che contano più decessi da inizio pandemia sono Bergamo, Milano e Roma (con il 7,5% ciascuna), Napoli (6,9%), Brescia (4,7%), Torino (3,8%), Cremona (3,0%), Genova (2,7%), Caserta e Parma (2,5% ciascuna). Nel confronto con le denunce professionali da Covid-19 per ripartizione geografica, per quelle mortali si osserva una quota più elevata al Sud (24,4% contro 12,6% riscontrato nelle denunce totali) e un’incidenza inferiore nel Nord-Est (12,7% rispetto al 24,5% delle denunce totali).

I settori e le professioni più colpite

Dei 639 decessi da Covid-19, la stragrande maggioranza riguarda sempre la gestione assicurativa dell’Industria e servizi (89,8%), mentre il numero dei casi registrati nelle restanti gestioni assicurative, per Conto dello Stato (Amministrazioni centrali dello Stato, Scuole e Università statali), Navigazione e Agricoltura è di 65 unità.

Rispetto alle attività produttive coinvolte dalla pandemia, il settore della sanità e assistenza sociale registra il 25,1% dei decessi codificati, seguito dal trasporto e magazzinaggio (12,8%) e dalle attività del manifatturiero con il 12,1%; dall’amministrazione pubblica con il 10,4%; dal commercio all’ingrosso e al dettaglio con il 9,5%; dalle costruzioni con il 6,9%; dalle attività professionali, scientifiche e tecniche e dai servizi di alloggio e ristorazione con il 3,9% ciascuna; dalle attività inerenti il noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese con il 3,5%; dalle altre attività dei servizi con il 3,2%; dalle attività finanziarie e assicurative con il 2,8%.

Infine, l’analisi per professione dell’infortunato evidenzia come circa un terzo dei decessi riguardi personale sanitario e socio-assistenziale. Nel dettaglio, le categorie più colpite dai decessi sono quelle dei tecnici della salute con il 10,7% dei casi codificati (67,2% infermieri, il 38,8% donne,) e dei medici con il 5,9% (il 5,4% donne). Seguono gli operatori socio-sanitari con il 4,5% (il 53,6% sono donne), il personale non qualificato nei servizi sanitari con il 3,7%, gli operatori socio-assistenziali con il 2,7% (il 58,8% sono donne) e gli specialisti nelle scienze della vita (tossicologi e farmacologi) con l’1,9%.

Le restanti categorie professionali coinvolte riguardano gli impiegati amministrativi con il 10,6% (circa nove su 10 sono uomini), gli addetti all’autotrasporto con il 7,0% (tutti uomini), gli addetti ai servizi di sicurezza, vigilanza e custodia e gli addetti alle vendite con il 2,7% per entrambi, gli specialisti delle scienze gestionali, commerciali e bancarie con il 2,6%, gli esercenti ed addetti nelle attività di ristorazione e i direttori e dirigenti amministrativi e sanitari con il 2,1% ciascuno, gli operai specializzati nelle rifiniture e mantenimento delle strutture edili con l’1,9%, gli addetti alla pulizia di alberghi e ristoranti con l’1,8%, gli artigiani meccanici, il personale non qualificato addetto allo spostamento e alla consegna merci, gli artigiani ed operai specializzati addetti alle rifiniture delle costruzioni e i tecnici in campo ingegneristico tutti con l’1,6% ciascuno.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Infortuni sul Lavoro

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