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Una compagnia assicurativa può disattendere un accordo transattivo stipulato con il danneggiato nel quale è stata definita e concordata l’entità del risarcimento intentando una causa?

No, tanto più se essa stessa richiede nel documento la rinuncia a reclamare qualsiasi altro diritto. La Cassazione, con la fondamentale sentenza n. 13975/22 depositata il 3 maggio 2022, ha riaffermato la valenza di quest’atto che va rispettato non solo dal soggetto risarcito, che non a caso si impegna a “non pretendere più nulla dall’impresa e a rinunciare a ogni azione verso la compagnia assicuratrice” per citare la formula comunemente usata, ma anche dalla controparte. 

Risarcimento ridotto dopo un accordo transattivo

Il sinistro stradale in questione, peraltro, è stato ulteriormente complicato dal fatto che è entrato in gioco il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada in quanto la vettura dalla quale il motociclista protagonista del caso era stato travolto era risultata priva di copertura assicurativa. Non avendo ottenuto alcun risarcimento dal Fondo, il centauro è stato quindi costretto a citarlo in causa unitamente alla compagnia mandataria, UnipolSai, del FGVS per la regione Abruzzo, dove si era verificato il fatto, e all’automobilista avanti il Tribunale di Avezzano, che aveva parzialmente accolto la domanda condannando le parti chiamate in giudizio a risarcire una somma di 52.039 euro.

Unipol tuttavia aveva appellato la sentenza e la Corte d’Appello di L’Aquila, con pronunciamento del gennaio 2022, in parziale riforma della decisione di prime cure, aveva accertato un concorso di colpa del motociclista nella misura del 30 per cento, riducendo di riflesso la liquidazione dovuta e condannando il danneggiato a restituire alla compagnia assicuratrice, che gli aveva frattanto corrisposto l’importo di cui alla sentenza di condanna di primo grado, la differenza.

Il centauro ha quindi proposto ricorso per Cassazione lamentando innanzitutto, il motivo che qui preme, violazione e/o falsa applicazione di legge e delle disposizioni contrattuali in ordine alla transazione intervenuta tra il primo ed il secondo grado, in quanto l’interpretazione del giudice di appello, secondo cui non si sarebbe configurata una transazione e una rinuncia ai diritti da parte della controparte, sarebbe stata chiaramente viziata in quanto non aderente alla chiara indicazione di transazione, appunto, ed al relativo contenuto complessivo delle clausole del documento.

 Il ricorrente ha chiarito di avere stipulato, dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, un accordo transattivo con la compagnia di assicurazione in ordine al proprio credito risarcitorio derivante dal sinistro oggetto di causa e ha pertanto eccepito l’inammissibilità dell’appello proposto dalla stessa dopo l’accordo, producendo nel giudizio di secondo grado il relativo documento scritto.

 

Per la Corte d’Appello si trattava invece di mera quietanza di pagamento

La Corte di appello, interpretando il contenuto della scrittura prodotta, aveva però negato che dalla stessa emergesse un accordo tra le parti qualificabile come transazione, ritenendo che si trattasse di una mera quietanza del pagamento dell’importo oggetto della condanna pronunciata in primo grado in quanto, secondo i giudici, da essa né da altri elementi si sarebbe potuta evincere “la volontà delle parti che esprima reciproche concessioni”, avendo appunto il danneggiato chiesto e ottenuto l’intera prestazione cui aveva avuto diritto per effetto della sentenza di primo grado, in quanto, asserivano i giudici territoriali, “tale sentenza concerne tutte le conseguenze dannose derivanti dal sinistro dedotto in giudizio, per cui non sussistono diritti determinati obiettivamente determinabili a cui il predetto abbia effettivamente rinunciato”.  In altri termini, secondo la Corte territoriale, avendo l’assicurazione liquidato la stessa somma che era stata condannata a pagare dal giudice di prime cure, non si sarebbe trattato di accordo transattivo.

Ma il ricorrente ha obiettato che l’interpretazione operata dal giudice di secondo grado con riguardo al dedotto accordo transattivo avrebbe violato sia gli artt. 1362 e 1363 c.c., in tema di ermeneutica negoziale, sia gli artt. 1965 e ss. c.c., in tema di transazione.

L’accordo in oggetto, infatti, significativamente denominato “atto di transazione e quietanza”, in relazione al sinistro, conteneva l’espressa dichiarazione secondo cui la somma pagata riguardava il “risarcimento spettante per tutti i danni diretti ed indiretti, presenti passati e futuri, patrimoniali e non di qualsiasi natura, nonché di ogni spesa occorsa e occorrenda”, e la stessa era “offerta ed accettata in via di transazione ed a completa tacitazione di ogni diritto, ragione e pretesa, nessuna esclusa ed eccettuata in dipendenza del sinistro in oggetto ad esso danneggiato”, che riconosceva di essere integralmente soddisfatto “e di non avere più nulla a pretendere dall’impresa, dichiarando di rinunziare ad ogni azione verso la compagnia assicuratrice o verso gli enti e le persone da questi assicurati in conseguenza dell’indennizzo e rilasciando “ampia e liberatoria nonché definitiva quietanza”.

Il motociclista peraltro ha specificato che l’originaria domanda giudiziale era stata proposta per un importo (65.213,48 euro) sensibilmente superiore a quello riconosciuto nella sentenza di primo grado (52.039,88 euro), a dimostrazione che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d’appello, da una parte, la decisione di primo grado non aveva affatto avuto ad oggetto la sua “intera pretesa” (accolta solo in parte) e, d’altra parte, egli aveva rinunciato a coltivare la domanda per le somme ulteriori rispetto a quelle (inferiori, a quanto originariamente richiesto con l’atto introduttivo del giudizio) riconosciute dal giudice di primo grado, il che rappresentava certamente una concessione relativa a “diritti determinati o obiettivamente determinabili”. Non si sarebbe pertanto potuto attribuire rilievo decisivo, ai fini della qualificazione dell’accordo concluso con la società debitrice, alla sola circostanza di fatto che il pagamento fosse stato eseguito a seguito della sentenza di primo grado e in base alla stessa.

 

Nell’accordo si richiamava continuamente il termine transazione

Argomentazioni “manifestamente fondate” secondo la Cassazione. Gli Ermellini convengono sul principio in base al quale, come aveva fatto notare la Corte territoriale nella sentenza, “la quietanza liberatoria rilasciata a saldo di ogni pretesa va intesa, di regola, come semplice manifestazione del convincimento soggettivo dell’interessato di essere soddisfatto di tutti i suoi diritti, e pertanto alla stregua di una dichiarazione di scienza priva di efficacia negoziale, salvo che nella stessa non siano ravvisabili gli estremi di un negozio di rinunzia o transazione in senso stretto, ove, per il concorso di particolari elementi di interpretazione contenuti nella stessa dichiarazione, o desumibili “aliunde”, risulti che la parte l’abbia resa con la chiara e piena consapevolezza di abdicare o transigere su propri diritti”.

Ciò su cui il giudice di secondo grado ha contravvenuto è il fatto di aver escluso, nello specifico, che il pagamento al danneggiato dell’importo di cui alla sentenza di primo grado, da parte della compagnia assicuratrice designata per il fondo di garanzia per le vittime della strada, fosse avvenuto sulla base di un accordo transattivo volto a definire la controversia ancora pendente (essendo in corso il termine per l’appello), avendo ritenuto che dall’atto di transazione e quietanza prodotto dal centauro  non emergesse la volontà delle parti di effettuare reciproche concessioni. Una conclusione fatta discendere, quest’ultima, come detto, dalla circostanza di fatto per cui il pagamento era intervenuto “per effetto della sentenza” di primo grado e nell’esatta misura dell’importo liquidato in tale sentenza, che ha ritenuto avere “avuto per oggetto l’intera pretesa dell’odierno appellato”, concernendo essa “tutte le conseguenze dannose derivanti dal sinistro dedotto in giudizio, per cui non sussistono diritti determinati obiettivamente determinabili cui il predetto abbia effettivamente rinunciato”.

Ma l’argomentazione alla base di questa statuizione, spiegano gli Ermellini, viola i principi di diritto in tema di ermeneutica negoziale (in particolare gli artt. 1362 e 1363 c.c.), “in quanto non tiene adeguatamente conto del senso letterale delle espressioni utilizzate dalle parti, né considera adeguatamente la comune intenzione manifestata dalle stesse, desumibile anche dal complesso delle loro pattuizioni”.

I giudici del Palazzaccio rilevano come in tal senso avrebbe dovuto, in primo luogo, essere valutata (sotto il profilo dell’interpretazione letterale) l’espressa qualificazione di “transazione” contenuta, in più di un passaggio, nel documento sottoscritto dal danneggiato. “Sarebbe inoltre stata necessaria (sotto il profilo della ricerca della “comune intenzione delle parti”) – prosegue la Suprema Corte – una adeguata considerazione delle clausole dell’accordo aventi ad oggetto la “tacitazione di ogni diritto, ragione e pretesa, nessuna esclusa ed eccettuata in dipendenza del sinistro in oggetto”, per il danneggiato, nonché l’esclusione della possibilità per quest’ultimo di far valere ogni ulteriore pretesa in ordine alla stessa, verificando se tale pattuizione lasciasse spazio alla prosecuzione del giudizio ancora pendente o ne implicasse la definitiva chiusura”.

 

Sentenza cassata e il giudice del rinvio dovrà rivalutare la valenza transattiva dell’accordo

L’interpretazione della effettiva volontà delle parti in relazione al pagamento effettuato al motociclista attestato nella scrittura da questi sottoscritta non è stata, dunque, effettuata dalla Corte d’appello in conformità alle disposizioni normative che disciplinano l’ermeneutica contrattuale: di qui la decisione della Suprema Corte di cassare la sentenza impugnata “affinché tale interpretazione sia rinnovata, nel rispetto delle predette norme”.

Per inciso, la Cassazione sottolinea anche che, diversamente da quanto sostenuto da UnipolSai, non può ritenersi decisiva la circostanza che l’atto di transazione e quietanza controverso sia stato sottoscritto dal solo danneggiato ai fini della sua qualificazione, “dal momento che il contratto di transazione non ha forma scritta “ad substantiam”, ma solo “ad probationem”, e risultando del resto sostanzialmente pacifico che il documento in questione sia stato predisposto dalla compagnia e che la stessa se ne sia avvalsa in giudizio”.

In sede di rinvio, dunque, la Corte territoriale dovrà tenere adeguatamente conto del contenuto letterale della scrittura fatta sottoscrivere al danneggiato nonché della comune intenzione delle parti emergente (anche) da tale scrittura, “con riguardo all’eventuale definizione dei loro reciproci rapporti derivanti dal sinistro per cui è causa, onde stabilire se all’accordo tra le stesse intervenuto possa o meno riconoscersi natura transattiva”.

La Suprema Corte tuttavia da più di uno “spunto” al giudice del rinvio, precisando che, in diritto, “una volta rinnovata l’interpretazione della volontà negoziale delle parti (mediante l’adeguata ricerca della comune intenzione delle stesse e l’adeguata considerazione delle espressioni letterali utilizzate nel documento sottoscritto), al fine di verificare la sussistenza di reciproche concessioni e, più in particolare, la sussistenza di una volontà del soggetto che ha rilasciato la quietanza di rinunciare, con la stessa, a suoi diritti determinati, o almeno determinabili, in presenza di una sentenza di primo grado ancora impugnabile, dovrà (ovviamente) attribuirsi rilievo non solo all’avvenuto riconoscimento dell’an della responsabilità ma anche alla determinazione del quantum del danno conseguente”.

E, soprattutto, aggiungendo che la rinuncia da parte del danneggiato a pretendere ulteriormente l’intera somma richiesta con la domanda introduttiva di un giudizio pendente, solo parzialmente riconosciuta in primo grado, “può infatti costituire in linea di principio rinuncia ad un diritto determinato e, quindi, ben può – sempre in linea di principio – integrare una concessione, così come può esserlo, di converso, il pagamento dell’importo (inferiore a quello originariamente preteso dall’attore) riconosciuto dalla decisione di primo grado ancora appellabile, specie qualora il pagamento stesso avvenga senza alcuna riserva di eventuale impugnazione e/o di ripetizione degli importi versati e, anzi, addirittura richiedendo all’attore una dichiarazione di quietanza a tacitazione di ogni suo diritto, ragione o pretesa, con espresso riconoscimento di non avere più nulla a pretendere”: non si capisce infatti perché l’assicurazione UnipolSai abbia preteso dalla controparte la rinuncia a ulteriori azioni in cambio della firma dell’accordo e della somma erogata e poi possa sentirsi autorizzata ad agire diversamente.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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