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E’ indubbio che il riflesso del sole rappresenti un grave disagio per chi guida, e infatti una delle giustificazioni addotte più di frequente da quanti  causano incidenti è quella di non aver visto in quanto abbagliati.

Ma questa scusante non fa venire meno la responsabilità per i danni causati a persone o cose perché l’abbagliamento da raggi solari del conducente di un veicolo è un fenomeno atmosferico ben noto che non ha nulla di imprevedibile e, dunque, non integra un caso fortuito. In queste situazioni, chi è al volante è tenuto a ridurre la velocità o anche ad  interrompere la marcia, adottando opportune cautele per non creare intralcio alla circolazione o ingenerare pericoli a scapito di terzi.

Questo concetto era già stato chiarito dalla Cassazione, ma al riguardo risulta interessante anche una recente sentenza, la n. 1098/2021, pronunciata dal Tribunale di Bergamo, terza sezione civile.

 

La causa civile collegata a un tragico sinistro

I giudici si sono occupati di un caso tragico, l’investimento di un pedone, una donna, che, a causa dei traumi riportati, era deceduta – sinistro successo a Ponteranica il 27 dicembre 2026 -, e alla relativa causa civile per il risarcimento dei danni: anche il giovane motociclista che aveva investito la vittima, cadendo aveva riportato gravi lesioni.

Alla fine il Tribunale ha giudicato entrambi i coinvolti responsabili, sia pure in diversa misura. La responsabilità maggioritaria dell’incidente è stata attribuita al pedone, che aveva attraversato la strada fuori dalle strisce pedonali, nonostante vi fossero appositi attraversamenti a una distanza di meno di cento metri, e che, pur avendo avuto la possibilità di scorgere il motociclo, o non se ne avvide per distrazione o non ne soppesò adeguatamente l’avvicinarsi.

Ma la “pericolosa e imprudente condotta del pedone”, spiegano i giudici, “non esonera dalla responsabilità residuale” l’investitore.  Secondo il tribunale, al di là dello specifico chilometraggio orario e del limite in corrispondenza dei dossi presenti in quel tratto di strada, “l’andamento del motociclo non è stato rispettoso dell’obbligo di adeguamento della velocità allo stato dei luoghi, della visibilità e delle circostanze nel caso di specie, non consentendo la velocità del mezzo il subitaneo arresto ed onde impedire l’investimento del pedone.

I giudici ribattono alle giustificazioni del centauro di essere stato abbagliato dal sole

E al riguardo, nella sentenza si controbatte anche alla giustificazione dell’abbagliamento del sole addotta dal conducente della moto, “che non ne inficia l’affermazione della responsabilità, considerato come  l’art. 141 del D.Lgs. n. 285 del 1992 considera altresì la “visibilità” quale parametro di adeguamento dell’andatura, alla stregua di quanto affermato dalla giurisprudenza analogicamente applicabile al caso di specie”.

 

L’abbagliamento del sole non rappresenta un caso fortuito

I giudici citano, tra le altre, la sentenza 17390/18 della Cassazione:In tema di circolazione stradale, l’abbagliamento da raggi solari del conducente di un automezzo non integra un caso fortuito e, pertanto, non esclude la penale responsabilità per i danni che ne siano derivati alle persone. In una tale situazione (di abbagliamento) il conducente è tenuto a ridurre la velocità e anche ad interrompere la marcia, adottando opportune cautele onde non creare intralcio alla circolazione ovvero l’insorgere di altri pericoli, ed attendere di superare gli effetti del fenomeno impeditivo della visibilità”. Del resto, opinare diversamente, osservano i giudici, “significherebbe giungere all’esito costituzionalmente inaccettabile di consentire la circolazione dei veicoli anche a discapito della vita e/o della salute altrui”.

Il fenomeno non è stato improvviso e il conducente avrebbe avuto il tempo di frenare

Il Tribunale sottolinea altresì che “l’abbagliamento non fu improvviso ed in tale prossimità al pedone da non consentire il prudenziale arresto (se non rallentamento) del mezzo prima dell’investimento”. Anche a voler ignorare l’indirizzo giurisprudenziale più rigoroso, e secondo il quale “in tema di reati colposi l’abbagliamento provocato dai raggi solari è una circostanza irrilevante agli effetti della configurabilità della colpa, trattandosi di un fenomeno naturale e prevedibile”, per citare Cass. pen., Sez. 4, Sentenza n. 8928 del 16/06/1992, i giudici rilevano come il centauro avesse dichiarato di essere stato colpito dai riflessi del sole “pochi metri dopo il dosso”, e “tra quest’ultimo e il punto del sinistro vi era tempo anche per rallentare o, se necessario, arrestare prudenzialmente la marcia”.

Più precisamente, il conducente della motocicletta avrebbe avuto “ben tre secondi per modificare l’andatura a seguito dell’abbagliamento, arco temporale da ritenersi sufficiente, considerato che un secondo è il tempo medio di reazione per una reazione preventivata e prevedibile, come l’arresto del mezzo a fronte di un – sempre possibile – attraversamento pedonale in zona residenziale”.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Incidenti da Circolazione Stradale

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