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Sanzione penale inevitabile e nessuna possibilità di applicare la “particolare tenuità del fatto” per il datore di lavoro che commette omissioni sul fronte sanitario.

Lo ha ribadito con forza la Corte di Cassazione nella sentenza n. 9948/21 depositata il 15 marzo 2021 con cui ha definitivamente rigettato il ricorso di un imprenditore edile. Per fortuna, questa volta, il caso non riguarda un infortunio ma è conseguente ad un controllo svolto dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Crotone il cui personale ispettivo, il 26 giugno 2014, si era recato, unitamente ai carabinieri del gruppo Tutela del lavoro di Napoli, in un cantiere di Crucoli, dove erano in corso lavori di tinteggiatura e rifinitura di una struttura da adibire a Bed & Breakfast.

 

Datore di lavoro condannato per la presenza in cantiere di un lavoratore di fatto “abusivo”

Nella circostanza era stato rinvenuto un lavoratore, chiaramente in abiti da lavoro, intento ad effettuare delle misurazioni per il montaggio di infissi in alluminio. Il datore di lavoro non era stato in grado di di fornire alcuna documentazione rispetto alla posizione lavorativa dell’addetto, nei cui confronti non erano state dunque avviate le procedure di sicurezza previste dalla legislazione antinfortunistica.

L’imprenditore era quindi finito sotto processo e il tribunale di Crotone l’aveva condannato alla pena di 1.500 euro di ammenda avendolo ritenuto colpevole dei reati, unificati sotto il vincolo della continuazione, di cui agli art. 18, comma 1 lett. g), 36 commi 1 e 37 del d. Igs n. 81 del 2008, contestatigli rispettivamente ai capi A, B e C per avere, in qualità di datore di lavoro, omesso di inviare i lavoratori alle visite mediche previste dalla sorveglianza sanitaria (capo A), di informare i lavoratori circa i rischi per la salute e sulle procedure di cui all’art. 36, commi 1, 2, 3 e 4 del medesimo decreto (capo B) e per avere omesso altresì di assicurare ai lavoratori una formazione adeguata in materia di salute e sicurezza (capo C).

L’imprenditore ricorre per Cassazione

Il datore di lavoro, per il tramite del suo legale, ha quindi proposto appello avverso la sentenza del Tribunale calabrese, convertito in ricorso per cassazione, sollevando due motivi. Con il primo ha obiettato di non aver violato alcuna norma del d. Igs. n. 81 del 2008, in quanto la persona che si era presentata in cantiere in abiti da lavoro non era un suo operaio o dipendente, ma un lavoratore autonomo, che in quel particolare momento era stato chiamato per effettuare delle misurazioni per realizzare gli infissi della struttura ispezionata, per cui il reato contestato non poteva ritenersi adeguatamente provato. E inoltre il ricorrente ha invocato l’applicazione dell’art. 131 bis cod. pen., dovendosi qualificare i fatti contestati, a suo dire, in termini di particolare tenuità.

La Suprema corte rigetta il ricorso

Per la Suprema Corte, tuttavia, il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza. Secondo gli Ermellini, il giudice monocratico aveva operato un’adeguata ricostruzione dei fatti di causa sulla base dell’attività investigativa della Direzione Provinciale del Lavoro, che aveva portato al giudizio sulla configurabilità dei reati contestati, rispetto ai quali, osservano i giudici del Palazzaccio, l’imputato nel ricorso “non ha fornito alcun serio elemento di smentita, limitandosi a negare la condizione di lavoratore dipendente di (omissis)”: questione che tuttavia, aggiunge la Cassazione, aveva formato oggetto di un specifico accertamento di polizia giudiziaria, “la cui attendibilità non è suscettibile di essere messa in discussione in questa sede, per cui la doglianza appare manifestamente destituita di fondamento”.

 

Il mancato rispetto delle norme antinfortunistiche non è fatto di “particolare tenuità”

Rigettato anche il motivo riguardante la particolare tenuità, sia perché innanzi al tribunale la difesa dell’imputato “non aveva invocato la causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen., risultando dunque inammissibile la censura sollevata in questa sede”, sia nel merito, “ove si consideri che nell’odierno atto di impugnazione non sono illustrate le ragioni per cui i fatti oggetto di causa dovrebbero essere qualificati in termini di particolare tenuità, a fronte peraltro dei precedenti penali dell’imputato richiamati dal Tribunale, che invero inducono a qualificare i reati per cui si procede come non occasionali”.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Infortuni sul Lavoro

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