Articolo Pubblicato il 5 novembre, 2020 alle 20:00.
Come si temeva, con sentenza n. 496/2020, depositata nella giornata il 30 ottobre 2020, il Tribunale di Milano, ha dichiarato il fallimento di Dentix Italia S.r.l., che lascia dietro di sé svariati milioni di euro di danni (solo nella “piccola” Umbria se ne stimano un milione) in lavori non terminati, ma anche, quel che è peggio, pagati e mai iniziati. Ma i pazienti rimasti vittima del crack, la maggior parte dei quali hanno acceso dei finanziamenti per pagare ratealmente i piani di cura e si sono già visti addebitare nei loro conti correnti diverse rate, non devono demordere e hanno non solo il diritto ma anche il dovere di far valere le loro ragioni e di riottenere quanto meno i soldi perduti. Il caso è scoppiato la scorsa primavera quando migliaia di clienti, che aspettavano la fine del primo lockdown da coronavirus per riprendere o per cominciare le cure odontoiatriche, alla riapertura delle varie attività si sino invece ritrovate tutte chiuse le cinquanta cliniche in Italia della “catena low cost” specializzata nell’implantologia. I centralini della strutture prima hanno abbozzato qualche scusa, poi non hanno nemmeno più risposto, e la crisi della multinazionale con sede in Spagna è emersa in tutta la sua evidenza. Dentix Italia, con una mossa della disperazione in cui confidavano in pochi, aveva presentato domanda di ammissione al concordato preventivo, con l’asserito obiettivo di arrivare alla riapertura delle cliniche in condizioni di sicurezza, prestare le cure necessarie ai pazienti, ristrutturare il debito finanziario, tutelare i creditori, i dipendenti e collaboratori. L’azienda aveva presentato un piano di ristrutturazione del debito e di rilancio della società, ma il Tribunale meneghino lo ha rigettato, reputandolo evidentemente non affidabile, e dichiarandone appunto il fallimento. In Italia, è bene precisare, anche se pure in Spagna si sta andando verso lo stesso epilogo. Il tribunale di Milano ha altresì fissato per il 17 febbraio 2021 l’udienza per l’esame dello stato passivo davanti al giudice delegato Francesco Pipicelli e ai curatori fallimentari Patrizia Pietramale, Beatrice Bompieri e Simone Allodi: entro il 18 gennaio, come per legge trenta giorni prima, è fissato il termine per presentare le domande insinuazione al passivo. Anche Studio3A sta assistendo decine di pazienti, per i quali ha subito ottenuto il blocco di tutte le rate dei mutui e si sta battendo con gli istituti di credito e le finanziarie per ottenere la completa restituzione dei soldi già versati per le cure mai prestate o solo parzialmente fornite. Il consiglio ai clienti danneggiati è quello di non pensare a priori che i propri soldi siano ormai andati in fumo ma di perseguire tutte le strade possibili per ottenerne la restituzione, facendosi possibilmente seguire da degli esperti. Laureato in Lettere, giornalista dal 2001, ho collaborato con varie testate, in particolare con “Il Gazzettino”, e lavorato per 15 anni in Camera di Commercio a Venezia come capo ufficio stampa. Metto al servizio le mie professionalità di Studio3A e di tutti i suoi assistiti come responsabile dell’ufficio relazioni esterne.A maggio le cliniche della catena dentale non hanno più riaperto
Respinto dal tribunale il piano di ristrutturazione: decretato il fallimento
Il 17 febbraio la prima udienza per l’esame del passivo