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Nel diritto dell’Unione Europea rileva la qualità di vittima su quella dell’assicurato-responsabile: se queste due qualità si concentrano nella medesima persona, prevale il diritto dell’assicurato a ottenere il risarcimento. E’ quanto ha stabilito dalla Cassazione, III sezione Civile, nella recente ordinanza n. 1269/18, depositata il 19 gennaio.

La Suprema Corte si è trovata ad affrontare un caso molto particolare, oltre che tragico, quello di un incidente causato dal fratello del proprietario dell’autoveicolo, anch’egli a bordo e rimasto ucciso nel sinistro. In particolare, il proprietario del mezzo aveva autorizzato il fratello a guidare, sebbene fosse consapevole che quest’ultimo fosse in stato di ebbrezza e privo patente di guida.

La madre ed i fratelli del proprietario e del conducente agirono in giudizio per ottenere il risarcimento dalla società assicuratrice. Quest’ultima, tuttavia, a sua volta, ha esercitato nei confronti della moglie e del figlio del deceduto l’azione di rivalsa ex art. 18, L. n. 990/1969 (ora art. 144, d.lgs. n. 2009/2005), rilevando che la polizza assicurativa non copriva i sinistri causati da conducenti non abilitati alla guida ovvero in stato di ebbrezza, per cui ciò le attribuiva il diritto di rivalersi verso gli eredi dell’assicurato. Le richieste della compagnia assicuratrice sono state accolte in primo grado e in appello, ed avverso quest’ultima decisione gli eredi hanno proposto ricorso in Cassazione, chiedendo una lettura conforme a quanto previsto dal diritto dell’Unione Europea dell’azione di rivalsa dell’assicuratore verso l’assicurato.

Nello specifico, con il primo motivo (violazione dell’art. 18 l. n. 990/1969; degli artt. 1 e 2 Direttiva) i ricorrenti hanno censurato la decisione impugnata per non aver tenuto conto delle regole contenute nelle Direttive 84/5/CEE e 90/232/CEE, successivamente inserite nella Direttiva 2009/103/CE, le quali, tra l’altro, escluderebbero che, alla persona trasportata su un veicolo e vittima di un incidente stradale, venga negato il risarcimento del danno per il solo fatto di essere proprietaria del mezzo, anche nel caso in cui fosse stata consapevole che il conducente versava in stato di ebbrezza e senza patente di guida.

Dunque, la Corte di Giustizia (in foto) ha evidenziato che l’unica distinzione riconosciuta dalla normativa dell’Unione in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per gli autoveicoli, è quella tra conducente e passeggero, nel senso che, ad esclusione del conducente, tutti gli altri passeggeri, anche quando siano proprietari del veicolo, devono avere una copertura assicurativa. Pertanto, il soggetto assicurato per la guida del veicolo, contemporaneamente passeggero dello stesso al momento dell’incidente, si trova in una situazione giuridica assimilabile a quella di qualsiasi altro passeggero e tale posizione va dunque posta sullo stesso piano dei terzi vittime dell’incidente.

Sulla base di tali considerazioni, la Corte di Giustizia ha precisato che le disposizioni contenute nelle Direttive del Consiglio 30 dicembre 1983, 84/5/CEE, e 14 maggio 1990, 90/232/CEE, devono essere interpretate nel senso che esse “ostano ad una normativa nazionale la quale produca l’effetto di escludere in modo automatico l’obbligo dell’assicuratore di risarcire la vittima di un incidente stradale, qualora tale incidente sia stato causato da un conducente non assicurato dalla polizza assicurativa e detta vittima, passeggero del veicolo al momento dell’incidente, fosse assicurata per la guida di tale veicolo e avesse dato a tale conducente il permesso di guidarlo“.

Pertanto, sulla scorta delle citate determinazioni della Corte di Giustizia, la Cassazione ha rilevato che, nel diritto dell’Unione Europea, in tema di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli, ai fini del diritto ad ottenere il risarcimento dall’assicuratore, la qualità di vittima-avente diritto al risarcimento prevale su quella di assicurato-responsabile. Nel caso in cui tali qualità si concentrino sulla medesima persona, la prima prevarrà sulla seconda e deve pertanto riconoscersi all’assicurato il diritto ad essere risarcito dalla compagnia assicurativa, come se si tratti di qualsiasi altro passeggero vittima dell’incidente.

Inoltre, la Suprema Corte ha evidenziato che, ai fini della copertura assicurativa, è irrilevante il fatto che la vittima si identifichi con il proprietario del veicolo, il quale, al momento del sinistro, sia sul mezzo come passeggero, dopo avere autorizzato un’altra persona alla guida, la cui posizione giuridica va assimilata a quella di qualsiasi altro passeggero vittima dell’incidente.

Pertanto, il diritto alla copertura assicurativa dell’assicurato-proprietario del veicolo che sia anche passeggero, non può essere escluso per via della sua corresponsabilità nell’aver causato il danno, a meno che questi abbia concorso, con la propria condotta colposa, alla diminuzione del risarcimento, ai sensi dell’art. 1227 c.c.

Secondo la Cassazione, la Corte di merito non ha tenuto conto di questi principi nell’accoglimento della domanda di rivalsa, svolta dalla società assicurativa nei confronti degli eredi del proprietario-assicurato dell’automezzo. In effetti, per la preponderanza del diritto dell’Unione Europea (art. 11 Cost.), le norme poste dalle fonti di tale ordinamento acquistano efficacia obbligatoria diretta nell’ordinamento interno, per cui il giudice nazionale deve verificare d’ufficio la compatibilità delle regole del diritto interno con quelle del diritto comunitario, interpretando le prime in conformità alle seconde e, laddove l’interpretazione conforme non fosse stata possibile, in conformità alla diretta applicazione della norma Europea con contestuale disapplicazione della norma nazionale contrastante.

In definitiva, la Corte d’Appello, in considerazione della doppia qualità del defunto quale proprietario-assicurato (e dunque responsabile in solido con il conducente ex art. 2054, terzo comma c.c.) e quale vittima-avente diritto al risarcimento, avrebbe dovuto ritenere prevalente quest’ultima qualità sulla prima, e dunque riconoscere il diritto dei suoi eredi a non essere privati totalmente o parzialmente del risarcimento loro dovuto dall’assicurazione, non essendo rilevante, in senso contrario, la circostanza che questi fosse consapevole di avere affidato la guida del veicolo ad una persona che si trovava in stato di ebbrezza ed era priva di patente.

Inoltre, tenuto conto della prevalenza, in capo al defunto, della qualità di vittima di quest’ultimo su quella di assicurato, la Corte di merito avrebbe dovuto interpretare l’art. 144 d.lgs n. 2005 (già art. 18 l. n. 990/1969) in senso conforme al diritto dell’Unione Europea, negando la legittimazione passiva dei suoi eredi all’azione di rivalsa dell’assicuratore, atteso che il riconoscimento alla compagnia assicurativa della possibilità di esperire contro di loro tale azione si sarebbe tradotto in un’automatica esclusione del loro diritto al risarcimento. Per tali motivi, la Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso, cassando senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione di accoglimento della domanda di rivalsa proposta dalla compagnia assicurativa.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Incidenti da Circolazione Stradale

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