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Diritto di precedenza

Non autorizza a violare i limiti di velocità

Se il conducente di un veicolo, avente diritto di precedenza, resta coinvolto in un incidente stradale a causa del mancato rispetto dei limiti di velocità, non è esente da responsabilità. A riaffermare con forza tale principio la Corte di Cassazione, IV sezione Penale, con la recente sentenza n. 7669/18, depositata il 16 febbraio scorso, con cui ha rigettato il ricorso di un’automobilista, confermando la decisione della Corte di Merito.

Con sentenza del 21 aprile 2017, infatti, la Corte d’Appello di Messina aveva confermato integralmente quella del Tribunale di Messina, riconoscendo la ricorrente colpevole del reato di omicidio colposo per avere cagionato, l’11 dicembre 2006, un sinistro stradale nel quale aveva perso la vita un altro automobilista, “con imprudenza negligenza ed imperizia e violazione degli artt, 141 e 145 C.d.S. in quanto, non adoperando la necessaria prudenza, in prossimità di un’intersezione, e procedendo alla guida della sua autovettura ad una velocità non consentita (94 km orari ove vigeva il limite dei 50 km orari), travolgeva l’autoveicolo condotto dalla vittima che, provenendo dalla corsia di marcia opposta, impegnava una svolta a sinistra, omettendo di dare la precedenza alla stessa”.

L’automobilista ha proposto ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte territoriale, affidandolo a un unico motivo articolato in due profili. Qui, in particolare, è di interesse il secondo profilo, laddove il suo difensore ha obiettato che il compendio probatorio acquisito dimostrava che la tipologia della strada percorsa dall’imputata non poteva qualificarsi come riferibile ad un “centro abitato”, con conseguente limite orario pari a 50 km/orari, trattandosi di una semplice strada di collegamento, mentre la velocità tenuta dall’auto della sua assistita non poteva dirsi di per sé causa del sinistro, addebitabile in modo esclusivo all’imprudente condotta di guida della vittima che aveva impegnato una svolta a sinistra senza curarsi della tipologia dei luoghi e del sopraggiungere di auto nella direzione opposta avendo diritto di precedenza.

Secondo la Suprema Corte, tuttavia, doglianza è manifestamente infondata. “La ricorrente – esordisce la sentenza – non mette in dubbio le modalità dì accadimento (ricostruite dal giudice di primo grado sulla base degli esiti degli accertamenti eseguiti nell’immediatezza dai Carabinieri ed acquisiti all’istruttoria dibattimentale e sulle deposizioni dei testi oculari, escussi in giudizio), ma sostiene che l’incidente ebbe luogo per esclusiva imprudenza della vittima, che effettuò una svolta a sinistra, senza dare la precedenza ai veicoli procedenti in senso contrario. La manovra del (…), infatti, dovrebbe essere considerata causa interruttiva del nesso causale fra la condotta dell’imputata, cui erroneamente si rimprovera l’eccessiva velocità non trattandosi di centro abitato, e l’evento morte. Ora, la sentenza affronta la questione correttamente rilevando che la condotta consistita nel tenere una velocità inadeguata ai luoghi, trattandosi comunque di un tratto di strada con intersezioni, non consente di attribuire efficacia causale esclusiva all’imprudenza certamente commessa dalla vittima che omise di dare la precedenza, perché la condotta di guida deve essere tale da consentire di fronteggiare una manovra scorretta di altri utenti della strada”.

Gli Ermellini ricordano che si tratta di una motivazione “del tutto coerente che recepisce il modo di declinare il cosiddetto principio di affidamento come maturato in ambito di circolazione stradale, ove l’esclusione o la limitazione di responsabilità in ordine alle conseguenze alle altrui condotte prevedibili o, in altri termini, il poter contare sulla correttezza del comportamento di altri, riduce i suoi margini in ragione della diffusività del pericolo, che impone un corrispondente ampliamento della responsabilità in relazione alla prevedibilità del comportamento scorretto od irresponsabile di altri agenti. Ed invero, in tema di circolazione stradale, il principio dell’affidamento trova un temperamento nell’opposto principio secondo il quale l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché questo rientri nel limite della prevedibilità (…), tanto che “l’obbligo di moderare adeguatamente la velocità, in relazione alle caratteristiche del veicolo ed alle condizioni ambientali, va inteso nel senso che il conducente deve essere in grado di padroneggiare il veicolo in ogni situazione (Sez. 4, n. 25552 del 27/04/2017 )”.

Quello che va valutato, nella specifica situazione di fatto, secondo la Cassazione, è la “ragionevole prevedibilità della condotta della vittima, ma anche la propria capacità di porre in essere la manovra di emergenza necessaria ad evitare l’evento, per il caso del concretizzarsi del pericolo temuto, dovuto al comportamento imprudente o negligente altrui, così come alla violazione delle norme di circolazione da parte della vittima o di terzi. D’altro canto, il comportamento richiesto al conducente, in questa ipotesi, era proprio quello descritto sia dal secondo comma dell’art. 141 C.d.S, secondo cui “Il conducente deve sempre conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l’arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile”, sia dall’art 145 C.d.S. che stabilisce l’obbligo dei conducenti, che si approssimino ad un’intersezione di “usare la massima prudenza al fine di evitare incidenti“.

E la Suprema Corte chiarisce che non può dubitarsi che “fra gli ostacoli prevedibili vi sia un’auto che, ad un’intersezione, svolti a sinistra, senza controllare se si siano veicoli che sopraggiungano, cui deve essere assicurato il diritto di precedenza, il che implica di per sé che l’approssimarsi ad un’intersezione tenendo una velocità che impedisce di porre in essere una manovra di emergenza, tale da evitare il pericolo costituito dalla prevedibile altrui condotta imprudente, costituisca condotta causalmente connessa con l’impatto e con le sue conseguenze”.

La Cassazione ha dunque dichiarato inammissibile il ricorso, condannando anche la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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