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Studio3A incarica un medico legale per comprendere al meglio le cause del decesso per l’incendio in ospedale a Tivoli

L’Area Manager Lazio Angelo Novelli è stato intervistato dalla Rai in seguito al tragico incendio avvenuto nell’ospedale di Tivoli l’8 dicembre intorno alle ore 23.

Il consulente ha spiegato che Studio3A-Valore S.p.A. ha incaricato un medico legale per l’autopsia del proprio assistito. L’accertamento tecnico si è svolto oggi, 11 dicembre 2023, alle ore 12 nel Palazzo della Procura di Tivoli. 

Chiesto il processo per il giovane di Castiglione del lago che, con una sciagurata uscita di strada, ha causato la morte, a 23 anni, di Luka Cifci

Al termine delle indagini preliminari sul tragico sinistro sulla Pievaiola del 14 ottobre la Procura di Perugia ha chiesto il processo per l’imputato: prima udienza, il 4 aprile

Il Pubblico Ministero della Procura di Perugia, dott. Gennaro Iannarone, titolare del procedimento penale per la tragica morte, ad appena 23 anni, dell’incolpevole Luka Cifci, al termine delle rapide indagini preliminari ha chiesto il rinvio a giudizio per il reato di omicidio stradale per D. A. S. R., 24 anni, anche lui residente a Castiglione del Lago come la vittima, il conducente della vettura su cui il giovane cuoco era trasportato, iscritto fin a subito nel registro degli indagati e che, uscendo rovinosamente di strada, ne ha causato il decesso, “per colpa consistente in imprudenza e negligenza nonché per violazione dell’articolo 141 commi 2 e 11 del Codice della Strada”, per citare l’atto del magistrato. Riscontrando la richiesta, il Gup del Tribunale di Perugia, dott.ssa Natalia Giubilei, ha fissato per il 4 aprile 2023, alle 10.45, l’udienza preliminare di un processo da cui i familiari del ventitreenne, assistiti da Studio3A-Valore S.p.A., si aspettano giustizia per il loro caro.

Il terribile incidente è accaduto all’alba del 14 ottobre 2022 lungo la Strada Regionale “Pievaiola”, nel territorio comunale di Corciano. Cifci, che era seduto sul sedile posteriore, e altri tre giovani stavano rientrando da una serata passata in discoteca a Perugia sull’Alfa Romeo 147 guidata dall’imputato, che procedeva in direzione Perugia-Città della Pieve. Il conducente però, giunto in corrispondenza della rotonda nella quale si immette sulla Pievaiola via Tritoni del comune di Corciano, “mantenendo una condotta di guida non adeguata alle condizioni di tempo (orario notturno) e di luogo (presenza di una rotatoria e del cordolo che la delimitava), perdeva il controllo del veicolo che, con la fiancata destra, impattava contro il guardrail che si trovava sul margine destro della carreggiata, non riuscendo a porre in essere le manovre richieste dalla circolazione e di conservare il controllo del veicolo” prosegue il Sostituto procuratore nella sua richiesta di processo.

Il resto, purtroppo, è tristemente noto. A causa del tremendo urto Luka ha sbattuto violentemente il capo riportando un gravissimo trauma cranio-encefalico che non gli ha lasciato scampo, come confermato dall’esame autoptico disposto sulla salma dal Pm ed eseguito dal medico legale dott. Massimo Lancia. Alle operazioni peritali ha partecipato anche il dott. Sergio Scalise quale medico legale di parte messo a disposizione da Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini a cui si sono rivolti i congiunti di Luka per fare piena luce sui fatti, attraverso il consulente legale Matteo Cesarini e con la collaborazione dell’avv. penalista Cristian Rosa, del Foro di Arezzo. Studio3A assiste peraltro anche un altro dei giovani passeggeri della vettura che si è miracolosamente salvato, riportando però seri traumi psico-fisici.

All’epoca la tragedia aveva destato profonda commozione e non soltanto a Castiglione del Lago, dove Cifci era cresciuto ed era conosciutissimo, ma anche nella vicina provincia di Arezzo, in particolare a Cortona, dove aveva frequentato l’istituto superiore Angelo Vegni delle Capezzine, mettendo poi a frutto i suoi studi e intraprendendo con successo, da più di due anni, l’attività di chef presso il ristorante Squad Garden, nel centro storico della sua cittadina. Il giovane ha lasciato in un dolore senza fine la mamma Marsela, che con lui ha perduto l’unico figlio, e la nonna Aferdita che vive in Albania, il Paese di origine del ragazzo, nato in Grecia ma stabilitosi in Italia fin da quando aveva 12 anni. Le due donne ora si aspettano una risposta dalla giustizia penale, pur sapendo che nessuna pena sarebbe mai commisurata a ripagare la loro perdita, anche per poter quanto meno chiudere al più presto il capitolo giudiziario di una ferita che per il resto non si rimarginerà mai.

Un anno all’automobilista che ha causato l’incidente in cui ha perso la vita zita Rampado ed e’ rimasta gravemente ferita una sua amica

Francesco Munarin, 80 anni di Robegano, ha patteggiato la pena giovedì in Tribunale a Venezia: il terribile frontale era accaduto nella stessa frazione di Salzano a luglio 2020

Giovedì 23 febbraio 2023, in tribunale a Venezia, avanti il giudice dott. Antonio Liguori, ha patteggiato la pena di un anno di reclusione, commutata con il lavoro di pubblica utilità, Francesco Munarin, oggi ottant’anni, di Robegano di Salzano (Ve), accusato e ora anche condannato per i reati di omicidio stradale e lesioni personali stradali gravissime quale unico responsabile del tragico frontale accaduto nella stessa Robegano l’8 luglio 2020 e in seguito al quale ha perso la vita l’incolpevole Zita Rampado, 77 anni, ed è rimasta gravemente ferita l’amica Annamaria Costantini, pure lei oggi ottantenne, entrambe del posto anche loro. All’imputato è stata altresì inflitta la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, sempre per un anno.

Munarin, iscritto da subito nel registro degli indagati dal Pubblico Ministero titolare del relativo procedimento penale, la dott.ssa Daniela Moroni, quella mattina stava procedendo lungo via XXV Aprile, tratto della Provinciale 38 Mestrina, verso Robegano, alla guida di una Mercedes E200, a una velocità stimata di 78 chilometri all’ora, quando, giunto all’altezza di un’ampia curva a destra in prossimità del civico 119, “perdeva il controllo del veicolo e invadeva la corsia di marcia a sinistra, in violazione degli articoli 141 e 143 del Codice della Strada (che impongono al conducente, rispettivamente, di conservare il controllo del proprio veicolo e di circolare sulla parte destra della carreggiata)” ha scritto il Sostituto procuratore nella sua richiesta di rinvio a giudizio “spiccata” al termine delle indagini preliminari.

Purtroppo, proprio in quel mentre, nella corsia opposta, in direzione Maerne, sopraggiungeva la Smart Fortwo condotta da Annamaria Costantini e nella quale era trasportata, sul sedile del passeggero anteriore, Zita Rampado: a causa del terribile impatto tra le parti frontali sinistre dei due mezzi, la piccola utilitaria, dopo una rototraslazione antioraria, è finita all’interno del fossato a bordo strada, con conseguenze drammatiche. Le due anziane sono state estratte a fatica dalle lamiere contorte della loro auto dai vigili del fuoco di Mestre, ma per la signora Rampado non c’è stato nulla da fare, troppo gravi i politraumi subiti: è spirata poco dopo il suo arrivo, in condizioni disperate, all’ospedale dell’Angelo, dov’era stata subito trasportata dai sanitari del Suem. La conducente invece si è miracolosamente salvata, ma anche la sua vita è rimasta per giorni appesa ad un filo e ha riportato lesioni molto serie. Pressoché illeso, invece, l’imputato.

Il magistrato ha anche disposto una consulenza tecnica cinematica per accertare la dinamica, le cause e le responsabilità del sinistro e il perito incaricato, l’ing. Mario Piacenti, ha concluso che l’unica causa del sinistro, per citare la perizia, “è individuata nel comportamento di Munarin che, per cause non individuabili, perdeva il controllo del proprio veicolo finendo per invadere l’opposta corsia di marcia”, aggiungendo anche che “non sono invece emersi elementi di censura per quanto riguarda la condotta della signora Costantini, che stava procedendo a una velocità di 62 chilometri all’ora, ampiamente entro i limiti, e che al momento dell’insorgenza della turbativa, rappresentata dalla Mercedes in invasione di corsia, non aveva tempi e spazi adeguati per porre in atto un’efficace manovra di emergenza”. Alle operazioni peritali ha partecipato anche l’ing. Enrico Dinon messo a disposizione da Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini a cui, attraverso l’area manager Veneto Riccardo Vizzi, si sono rivolti i familiari della vittima per essere assistiti, unitamente all’avv. Andrea Piccoli del foro di Treviso.

La richiesta di rinvio a giudizio è stata riscontrata dal Gip con la fissazione dell’udienza preliminare e si è quindi arrivati alla condanna. I congiunti di Zita Rampado sono già stati da tempo integralmente risarciti attraverso Studio3A e non si sono quindi potuti costituire parte civile nel processo, ma si aspettavano comunque un po’ di giustizia per la loro cara e una risposta anche dalla giustizia penale, per quanto parziale, è arrivata.

Condannato ad un anno e sei mesi l’automobilista modenese che ha tamponato in a14 l’utilitaria di Alessia Grimaldi causandone la morte

La 23enne di Castel Maggiore, rimasta in panne con la sua Fiat 500 in autostrada, era stata

travolta dalla macchina dell’imputato, che ha patteggiato la pena oggi in tribunale a Bologna

Nessuna condanna sarebbe mai stata commisurata alla loro immensa perdita, ma i familiari di Alessia Grimaldi, che aveva solo 23 anni, hanno quanto meno potuto renderle un po’ di giustizia. Ieri, venerdì 24 febbraio 2023, in Tribunale a Bologna, avanti il Giudice per l’Udienza Preliminare dott. Letizio Magliaro, ha patteggiato la pena di un anno e sei mesi, con la sospensione condizionale, Francesco Ricciardi, oggi 74 anni, di Modena, l’automobilista accusato e ora anche condannato per il reato di omicidio stradale per aver tamponato con violenza con la sua vettura, senza abbozzare alcuna frenata, l’utilitaria della giovane di Castel Maggiore, rimasta in panne in autostrada, causandone la morte: la tragedia si è consumata il 27 agosto 2022 sull’A14, tra i caselli di San Lazzaro e Castel San Pietro.

Com’è tristemente noto, quel maledetto giorno d’estate, alle 19, la ragazza mentre procedeva sulla carreggiata Sud dell’autostrada A14 (Bologna-Bari-Taranto), all’altezza del km 34+667, nel territorio comunale di Castel San Pietro Terme, è rimasta bloccata nella terza corsia di marcia a causa di un guasto nella sua Fiat 500. Non riuscendo a spostarsi, ha cercato di mettersi in salvo, ma purtroppo non ha fatto a tempo: da tergo è sopraggiunta, nella stessa direzione, la Kia Sportage condotta da Ricciardi il quale, pur essendo ancora chiaro e una bella giornata di sole, non ha visto l’ostacolo in tempo e ha tamponato in pieno con violenza l’utilitaria, non lasciando scampo alla sua conducente, deceduta praticamente sul colpo per i gravissimi politraumi riportati. A causa dell’incidente era rimasta seriamente ferita anche la moglie di 65 anni dell’imputato, trasportata nella vettura che egli conduceva.

Il settantaquattrenne è stato iscritto fin da subito nel registro degli indagati dal Pubblico Ministero della Procura felsinea titolare del relativo procedimento penale, il dott. Giampiero Nascimbeni, anche sulla scorta del rapporto degli agenti della Polizia Stradale di Bologna, intervenuti per i rilievi, i quali, oltre ad averlo deferito all’autorità giudiziaria, l’hanno sanzionato in via amministrativa per la violazione dell’art. 141 comma 2 del Codice della Strada. E a conclusione dell’indagini preliminari il Sostituto procuratore ne ha chiesto anche il processo imputandogli di aver causato la morte della giovane per “colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia (ometteva di prestare attenzione alla circolazione e alla strada) e violazione dell’art. 141 comma 2 del Codice della Strada, omettendo di mantenere le distanze di sicurezza dal veicolo che lo precedeva in modo tale da essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizioni di sicurezza, specialmente l’arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del proprio campo di visibilità dinanzi ad un ostacolo prevedibile” per citare l’atto del magistrato, che concludeva. “In particolare, non avvedendosi per distrazione dell’ostacolo costituito dalla Fiat 500 ferma dinanzi a lui nella terza corsia a causa di un guasto, e non mantenendo la distanza di sicurezza che gli avrebbe consentito di arrestare il proprio mezzo evitando la collisione, la tamponava violentemente senza porre in essere alcuna azione frenante, determinando così, a causa del violento urto, l’immediato decesso di Alessia Grimaldi”. La richiesta di rinvio a giudizio del Sostituto Procuratore è stata quindi riscontrata dal Gup con la fissazione dell’odierna udienza preliminare, all’esito della quale l’imputato ha per l’appunto patteggiato la pena di un anno e mezzo.

All’epoca la tragedia aveva destato profonda commozione. La ventitreenne era conosciutissima, ben voluta da tutti e piena di amici e anche il noto cantautore Cesare Cremonini, di cui la ragazza era una fan e non si perdeva un concerto, le aveva dedicato un commosso ricordo. La mamma e il papà di Alessia, che hanno perduto la loro unica figlia (la giovane ha lasciato anche il fidanzato Michele), attraverso la consulente legale dott.ssa Sara Donati, si sono rivolti a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, che ha già chiuso l’iter risarcitorio per i suoi assistiti, con la collaborazione dell’avv. Dario Eugeni del Foro di Bologna. I suoi genitori, in quanto già risarciti, non hanno quindi potuto costituirsi parte civile nel processo, ma si aspettavano comunque una risposta anche dalla giustizia penale che, per quanto parziale, è arrivata.

Segnalata con un cartello di avvertimento, un chilometro prima, la buca sulla Regionale 308 costata la vita, a soli 21, anni a Giordano Sanginiti

Al solito troppo tardi, dopo il fatto, è stato installato un segnale ad hoc, in diretta ammissione di responsabilità di Veneto Strade. Per i familiari un passo avanti, “ma la strada va sistemata

Attenzione, buche tra un chilometro”, buche che però restano ancora lì. Con un’indiretta amissione di responsabilità grande come una casa, nei giorni scorsi Veneto Strade ha apposto un cartello di avvertimento lungo la Regionale 308 (la “nuova” strada del Santo), prima dell’uscita per Bragni-Bagnoli, per avvisare per tempo gli utenti della presenza degli insidiosi avvallamenti sull’asfalto nel tratto sotto Campodarsego, nel Padovano, a causa di uno dei quali, sabato 4 febbraio, il giovane miranese Giordano Sanginiti ha perso il controllo della sua moto Guzzi, perdendo purtroppo anche la vita nella rovinosa caduta, a soli 21 anni.

Per i suoi genitori, che per essere assistiti nella loro battaglia per la verità e la giustizia si sono affiati a Studio3A-Valore S.P.A. e all’avv. Davide Ferraretto, del Foro di Padova, avendo puntato fin da subito il dito sull’estrema pericolosità di quel pezzo di strada gravemente dissestato, una prima risposta per una maggiore sicurezza, soprattutto per gli utenti “deboli” come i motociclisti, e quanto meno un passo in avanti rispetto all’unico “cartello-beffa” che c’era prima dell’incidente, piazzato proprio nel punto in cui il ragazzo è caduto, con preavviso praticamente zero: il padre e la madre del ragazzo, l’indomani del fatale sinistro, avevano percorso per chilometri la SR 308, registrando in un video tutto il viaggio, e non avevano riscontrato alcun altro cartello che segnalasse il dissesto stradale, cartello apparso invece dopo alcuni giorni.

Rimane però il tragico rimpianto che, come capita spesso, l’Ente gestore dell’arteria ha “fatto ammenda” ed è intervenuto troppo tardi per Giordano. E, soprattutto, spiegano Elena e Antonio, la mamma e il papà del giovane, e ribadisce Riccardo Vizzi, Area Manager Veneto di Studio3A, “questo segnale stradale non è chiaramente sufficiente per rendere sicura quella strada e la speranza è che Veneto Strade non pensi di cavarsela solo così. La Regionale 308 va completamente sistemata e riasfaltata, e al più presto”. Adesso, infatti, l’obiettivo della famiglia della vittima è di evitare che la nuova strada del Santo provochi altre tragedie, perché la morte di Giordano almeno non sia stata del tutto vana, oltre ovviamente a quello di rendere giustizia al loro caro. E in tal senso la tardiva installazione del cartello di pericolo è un elemento che sicuramente terrà in considerazione nella sua inchiesta il dott. Andrea Girlando, il Pubblico Ministero della Procura di Padova che ha aperto un procedimento penale, per ora contro ignoti, sull’incidente costato la vita a Sanginiti e sul quale la famiglia auspica che quanto prima possa essere disposta anche una perizia cinematica per fare piena luce sull’esatta dinamica, le cause e tutte le responsabilità, nel qual caso Studio3A è già pronto a mettere a disposizione un proprio ingegnere cinematico quale consulente tecnico di parte per le operazioni peritali.

Sabato mattina al giardino di villa belvedere, a Mirano, l’ultimo saluto a Giordano Sanginiti

Amici, compagni di scuola e di università, Scout del CNGEI, la comunità tutta si raccoglieranno per salutare il 21enne vittima di un tragico incidente in moto e per stingersi ai suoi familiari

Sarà dato sabato 11 febbraio 2023, dalle ore 10, nel giardino di villa Belvedere, a Mirano, la città dove è nato e risiedeva con la sua famiglia, l’ultimo saluto in forma laica a Giordano Sanginiti, l’appena ventunenne che ha perso tragicamente la vita sabato 4 febbraio lungo la Regionale 308 (la “nuova” strada del Santo), mentre percorreva il cavalcavia in prossimità dell’uscita per Bragni-Bagnoli, al confine tra i comuni di Cadoneghe e di Campodarsego, nel Padovano, dopo aver perso il controllo della sua moto Guzzi a causa di una buca sull’asfalto totalmente dissestato.

I suoi familiari hanno scelto e richiesto appositamente un luogo ampio e un giorno prefestivo per dare modo a tutti di poter partecipare alla cerimonia, alla quale si annuncia infatti una presenza massiccia, oltre che commossa; saranno infatti moltissime le persone che vorranno salutare per l’ultimo viaggio il giovane e stringersi attorno ai suoi cari, affranti, la mamma Elena, il papà Antonio, la sorella Emma, il fratello Lorenzo, la nonna Antonietta, gli zii e la fidanzata Maddalena. Ci saranno i tanti amici e conoscenti di Mirano e di Forni di Sopra, in provincia di Udine, la località montana dove la famiglia ha una casa e che Giordano frequentava assiduamente e amava tanto, gli scout del Cngei, gli ex compagni delle superiori all’istituto Levi Ponti di Mirano, dove si era diplomato, e gli attuali compagni di università alla facoltà di Medicina di Padova: Giordano sognava di diventare cardiochirurgo.

I congiunti del ragazzo, che sono assistiti da Studio3A, ringraziano al riguardo tutti coloro che sono stati loro vicini in questi giorni di lutto e rinnovano la speranza che l’inchiesta aperta dalla Procura di Padova faccia piena luce sulle responsabilità dell’incidente e che la Strada Regionale 308 venga finalmente e immediatamente sistemata a dovere e ri-asfaltata onde evitare ulteriori tragedie.

La procura di Sassari chiede il processo per i responsabili della casa di riposo “San Nicola” per i tanti pazienti contagiati e morti di covid

All’origine del procedimento l’esposto di una quarantenne che ha perso la mamma di 68 anni e che si costituirà parte civile all’udienza fissata per il 26 ottobre 2022

 

La sua battaglia per rendere giustizia alla mamma, una delle innumerevoli, incolpevoli vittime del Covid nelle case di riposo italiane, e per dare voce in particolare a tutti gli anziani degenti dell’Isola, ha trovato finalmente una risposta. Non solo la denuncia di Stefania Rubelli, 40 anni di Sassari, prima mediatica e poi formale, con il supporto di Studio3A, ha portato all’apertura di un procedimento penale da parte della Procura cittadina a carico di cinque persone tra medici, tecnici e manager, ma ora si apprende che il Pubblico Ministero titolare del fascicolo, uno dei tanti sul genere sulla sua scrivania, il dott. Paolo Piras, ha chiesto il rinvio a giudizio, con udienza preliminare fissata per il 26 ottobre 2022.

La vicenda della madre della signora Rubelli, Margherita Ceseracciu, che aveva 68 anni ed era del tutto non autosufficiente, è simile a quella di tanti altri anziani. La donna era affetta da sclerosi multipla e, per assicurarle la miglior assistenza possibile, da due anni era ricoverata nella Rsa San Nicola di Sassari, del gruppo Korian. Tra fine febbraio e inizio marzo 2020, quando la pandemia ormai si sta manifestando, la casa di riposo chiude le porte ai parenti degli ospiti, in applicazione del DPCM del 04/03/2020: da allora i contatti con la mamma si riducono a una breve telefonata quotidiana, e le video-chiamate sono possibili solo con l’ausilio del personale. E’ durante una di queste chiamate che la donna nota come l’operatore sanitario che aiuta la madre sia sprovvisto dei più elementari Dpi, come la mascherina.

Il 19 marzo la figlia della paziente viene informata, dal personale amministrativo della struttura, che all’interno sono stati effettuati quattro tamponi, tre dei quali risultati positivi: degenti che, non potendo essere trasferiti, sarebbero rimasti in isolamento nella stessa San Nicola. Sono le prime avvisaglie di quello che diventerà uno dei più gravi focolai della Sardegna, con giornate drammatiche come quella del 28 marzo, quando si contano cinque morti in 24 ore, o del primo aprile, nella quale è l’Assessore Regionale alla Sanità, Mario Nieddu, in persona a comunicare il primo bilancio-shock dei tamponi, a cui sarebbero poi stati sottoposti tutti i 120 ospiti: 44 positivi sui 55 test effettuati. Quasi tutti.

Stefania Rubelli nel frattempo si mobilita, attraverso i media, per sollecitare le autorità competenti all’adozione di “necessarie misure di tutela di operatori e pazienti, senza le quali il virus diventerà presto sinonimo di sterminio” scrive in una toccante lettera alla stampa, con una profezia che purtroppo si avvererà. Il suo accorato appello pubblico agli Enti preposti, Prefetto di Sassari in primis (“aiutateci a poter rivedere e riabbracciare vivi i nostri cari”), per estendere l’obbligo della copertura del tampone a tutto il personale sanitario regionale, anche a quello asintomatico, rafforzare i laboratori per le analisi e dotare il personale dei dispositivi di protezione individuale necessari, qualche risultato lo produce. Ma non basterà a salvare mamma Margherita.

Dal 19 marzo non arrivano altri aggiornamenti ufficiali dalla struttura, se si eccettuano le rare comunicazioni (a titolo privato) da parte del personale, ma si apprende che la San Nicola ha almeno modificato la distribuzione di spazi e ospiti, creando tre diverse zone: una rossa per i pazienti già risultati positivi al Covid-19, una intermedia per pazienti che già presentano alcuni sintomi, e un’altra “pulita” che ospita i soli pazienti asintomatici. E, soprattutto, intervengono anche le Autorità, in particolare quelle mediche militari, rifornendo di Dpi la struttura e iniziando la somministrazione a tappeto dei tamponi, tra cui quello che il 29 marzo viene effettuato alla signora Ceseracciu, che risulterà puntualmente positiva. La paziente in poche ore palesa un peggioramento delle sue condizioni e nella stessa giornata è trasportata d’urgenza in ambulanza al Pronto Soccorso del SS. Annunziata, e poi trasferita nella sezione Covid-19 del Reparto Pneumologia delle Cliniche San Pietro di Sassari. Sembra possa farcela, è stabile, tanto che si decide di trasferirla, il 6 aprile, al Policlinico di Sassari. Ma qui la 68enne accusa un nuovo e ulteriore peggioramento, tanto che lo stesso giorno viene ricoverata nel reparto di Terapia Intensiva dello stesso nosocomio, dove spira la sera del 19 aprile.

A fronte delle responsabilità di natura contrattuale delle strutture per la terza età, che dovrebbero assicurare tutela e protezione ai pazienti che vengono loro affidati, ed essendosi profilate nello specifico varie lacune da parte della Rsa, sia nella fase di prevenzione dell’emergenza sanitaria sia nella gestione dell’epidemia, la figlia della vittima, per fare piena luce sui fatti e ottenere giustizia, tramite il responsabile della sede di Cagliari dott. Michele Baldinu si è rivolta a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e tutela dei diritti dei cittadini, unitamente all’avv. Cinzia Tirozzi, del Foro di Sassari, ed è stata presentata una denuncia querela alla stazione dei carabinieri di Sassari, chiedendo all’autorità giudiziaria di effettuare tutti gli accertamenti del caso per verificare i profili di responsabilità in capo ai medici, agli operatori, al Direttore Sanitario e alla società di gestione della Rsa: per mamma Margherita, ma anche per tutti gli ospiti della struttura che non ci sono più, una trentina nella prima fase. 

Il dott. Piras ha aperto un procedimento penale per l’ipotesi di reato di “omicidio colposo – violazione delle norme di sicurezza negli ambienti di lavoro – epidemia”, iscrivendo nel registro degli indagati M. F. B., la direttrice sanitaria della Rsa, C. P. ed F. G., medici, A. R., responsabile del servizio di prevenzione e protezione, e B. D. P., presidente della Saccardo, la cooperativa sociale che gestisce questa e altre strutture del gruppo Korian. E ora dopo tante richieste di conoscere lo stato dell’arte dell’inchiesta, la Procura ha risposto che è stato chiesto il rinvio a giudizio con prossima udienza il 26 ottobre in Tribunale a Sassari, nella quale la figlia della vittima si costituirà parte civile. 

Tutti a processo gli imputati per la morte bianca di Laila El Harim il GUP di Modena accoglie le richieste di rinvio a giudizio del PM

Il datore di lavoro dell’operaia rimasta schiacciata all’interno di una fustellatrice alla Bombonette, il delegato alla sicurezza e la ditta dovranno comparire in aula il 17 gennaio

Tutti a processo per la morte di Laila El Harim. Oggi, giovedì 13 ottobre 2022, in Tribunale a Modena, si è tenuto il prosieguo dell’attesa udienza preliminare del procedimento penale per la tragica morte bianca dell’operaia quarantenne di origine marocchina, ma in Italia da oltre vent’anni, residente a Bastiglia, rimasta incastrata e schiacciata in una fustellatrice alla Bombonette di Camposanto, grossa azienda attiva nel settore packaging, il 3 agosto 2021: l’ennesimo infortunio mortale sul lavoro aveva avuto vasta eco, la donna era stata ricordata dalle più alte cariche dello Stato e il Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, aveva avviato anche un’indagine ministeriale parallela all’inchiesta dell’autorità giudiziaria.

Dopo una breve camera di consiglio il Gup, dott.ssa Barbara Malvasi, accogliendo in toto le richieste del Pubblico Ministero che ha ereditato il fascicolo, la dott.ssa Claudia Natalini (il precedente Sostituto procuratore titolare, la dott.ssa Maria Angela Sighicelli, è andata in pensione), ha rinviato a giudizio tutti e tre gli indagati e ora formalmente imputati, ossia Fiano Setti, 86 anni, di Camposanto, fondatore e legale rappresentante della ditta nonché datore di lavoro, il nipote Jacopo Setti, 31 anni, di Finale Emilia, in qualità di delegato alla Sicurezza, e la stessa Bombonette srl in quanto soggetto giuridico. 

L’ipotesi di reato contestata è l’omicidio colposo in concorso con l’aggravante di essere stato commesso con la violazione delle norme antinfortunistiche. Ai due imprenditori si imputano gravi violazioni: in sintesi, di non aver minimamente considerato il rischio di contatto dei lavoratori con gli organi in movimento durante l’uso delle fustellatrici; di più, per un risparmio sui tempi di lavorazione, e quindi per trarne profitto, di aver fatto installare nel macchinario, al posto della prevista protezione statica fissa, dei “pareggiatori” regolabili manualmente, consentendone così l’avvio anche in presenza di un operatore al suo interno; di non aver fatto seguire alla dipendente il corso di formazione di legge non addestrandola all’utilizzo di quella macchina così pericolosa e di cui lei stessa aveva fatto presente più volte i rischi.  

I loro difensori, che per ora non hanno richiesto riti alternativi per i loro assistiti, hanno chiesto il non luogo a procedere esponendo una serie di argomentazioni, che però il Gup non ha giudicato accoglibili: i due imprenditori e l’azienda dovranno comparire in aula il 17 gennaio 2023 avanti il presidente del Tribunale, dott. Pasquale Liccardo, per quella che sarà però solo un’udienza cosiddetta “filtro” e di smistamento nel corso della quale sarà definito il calendario delle udienze del dibattimento vero e proprio. 

Nella precedente udienza del 16 giugno il giudice aveva accolto tutte le richieste dell’avv. Dario Eugeni, del Foro di Bologna, che assiste i genitori, i fratelli e le sorelle della vittima unitamente a Studio3A-Valore Spa, società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, a cui tutta la famiglia di origine di Laila si è rivolta attraverso la consulente legale Sara Donati. Allora erano state ammesse sia la costituzione di parte civile nei confronti di tutti e tre gli imputati sia la citazione del responsabile civile, ossia la compagnia di assicurazione dell’impresa, Allianz, ma nel frattempo i congiunti della vittima sono stati tutti risarciti: il rinvio, allora, era stato concesso proprio per consentire ai legali degli imputati di esaminare gli atti di costituzione e le relative istanze. 

L’avv. Eugeni quest’oggi ha conseguentemente revocato la costituzione di parte civile e ritirato l’istanza di citazione del responsabile civile, “ma anche se la legge ci impedisce di stare e di incidere nel processo – commentano i familiari –, ciò non toglie che continueremo a seguirlo da vicino nella speranza che vengano riconosciute e perseguite tutte le pesanti responsabilità dei datori di lavoro, che sia fatta giustizia e che Laila, e con lei tutti noi, possa ottenere almeno un briciolo di tutto quello che si merita. Per noi è come se fosse successo ieri”.

 

Non ce l’ha fatta Carlo Morelli, il 72enne salernitano rimasto coinvolto in un grave incidente l’8 settembre scorso a Fisciano

LUOGO INCIDENTE

Il pensionato, travolto col suo scooter da un trattore e giunto gravissimo al San Giovanni di Dio, è spirato il 26 novembre in una casa di cura di Cava dei Tirreni

Non ce l’ha fatta Carlo Morelli, il settantaduenne di Salerno rimasto coinvolto in un grave incidente stradale lo scorso 8 settembre a Fisciano: il pensionato, che di fatto non si è mai risvegliato dal coma, è spirato il 26 novembre, dopo più di due mesi e mezzo di agonia, presso la casa di cura Villa Alba di Cava dei Tirreni.

L’uomo, che risiedeva in via Salvo d’Acquisto con la compagna, l’8 settembre verso le 10.30 stava procedendo lungo via Giovanni Paolo II, tratto della Strada Provinciale 24a, a Fisciano in sella al suo scooter e, giunto in prossimità del distributore di carburante della Ip, ha superato un trattore il cui conducente però, nonostante la linea continua di mezzeria, ha improvvisamente svoltato a sinistra travolgendolo.

Morelli è stato trasportato in ambulanza in condizioni gravissime all’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, con emorragie celebrali multiple causate dal violento trauma cranico riportato nell’impatto con il mezzo agricolo e poi con la rovinosa caduta al suolo, oltre a fratture varie tra cui al bacino. E’ stato ricoverato in Neurochirurgia in stato di coma e poi trasferito in Nefrologia per effettuate il trattamento di dialisi trisettimanale a cui si sottoponeva già prima, ha subìto varie complicanze tra cui delle infezioni batteriche curate con terapia antibiotica, e alla fine, l’11 novembre, è stato trasferito in stato di minima coscienza in una struttura riabilitativa dedicata, Villa Alba appunto. Dove però, a causa di un quadro clinico ormai compromesso, è deceduto alle quattro del mattino di sabato 26 novembre.

La sua compagna, per fare piena luce sul tragico incidente di cui è rimasto vittima Morelli e su tutte le responsabilità sulla sua morte, attraverso il consulente legale dott. Vincenzo Carotenuto si è rivolta a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, che ha già fatto richiesta di acquisire il rapporto del sinistro della polizia municipale di Fisciano, intervenuta per i rilievi, ed è in attesa de provvedimenti degli inquirenti.

La Procura di Salerno, infatti, da prassi dovrebbe aver aperto un procedimento penale diventato ora per il reato di omicidio stradale a carico del conducente del trattore e il magistrato incaricato con molta probabilità, considerato l’ampio lasso di tempo intercorso tra l’incidente e il decesso, disporrà l’autopsia sulla salma, che si trova infatti sotto sequestro dell’autorità giudiziaria presso l’obitorio dell’ospedale di Salerno. I funerali si potranno celebrare solo dopo l’arrivo del nulla osta alla sepoltura.

Tutti a processo gli imputati per la morte bianca di Laila El Harim il gup di Modena accoglie le richieste di rinvio a giudizio del pm

El Harim

Il datore di lavoro dell’operaia rimasta schiacciata all’interno di una fustellatrice alla Bombonette, il delegato alla sicurezza e la ditta dovranno comparire in aula il 17 gennaio 

Tutti a processo per la morte di Laila El Harim. Oggi, giovedì 13 ottobre 2022, in Tribunale a Modena, si è tenuto il prosieguo dell’attesa udienza preliminare del procedimento penale per la tragica morte bianca dell’operaia quarantenne di origine marocchina, ma in Italia da oltre vent’anni, residente a Bastiglia, rimasta incastrata e schiacciata in una fustellatrice alla Bombonette di Camposanto, grossa azienda attiva nel settore packaging, il 3 agosto 2021: l’ennesimo infortunio mortale sul lavoro aveva avuto vasta eco, la donna era stata ricordata dalle più alte cariche dello Stato e il Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, aveva avviato anche un’indagine ministeriale parallela all’inchiesta dell’autorità giudiziaria.

Dopo una breve camera di consiglio il Gup, dott.ssa Barbara Malvasi, accogliendo in toto le richieste del Pubblico Ministero che ha ereditato il fascicolo, la dott.ssa Claudia Natalini (il precedente Sostituto procuratore titolare, la dott.ssa Maria Angela Sighicelli, è andata in pensione), ha rinviato a giudizio tutti e tre gli indagati e ora formalmente imputati, ossia Fiano Setti, 86 anni, di Camposanto, fondatore e legale rappresentante della ditta nonché datore di lavoro, il nipote Jacopo Setti, 31 anni, di Finale Emilia, in qualità di delegato alla Sicurezza, e la stessa Bombonette srl in quanto soggetto giuridico. 

L’ipotesi di reato contestata è l’omicidio colposo in concorso con l’aggravante di essere stato commesso con la violazione delle norme antinfortunistiche. Ai due imprenditori si imputano gravi violazioni: in sintesi, di non aver minimamente considerato il rischio di contatto dei lavoratori con gli organi in movimento durante l’uso delle fustellatrici; di più, per un risparmio sui tempi di lavorazione, e quindi per trarne profitto, di aver fatto installare nel macchinario, al posto della prevista protezione statica fissa, dei “pareggiatori” regolabili manualmente, consentendone così l’avvio anche in presenza di un operatore al suo interno; di non aver fatto seguire alla dipendente il corso di formazione di legge non addestrandola all’utilizzo di quella macchina così pericolosa e di cui lei stessa aveva fatto presente più volte i rischi.  

I loro difensori, che per ora non hanno richiesto riti alternativi per i loro assistiti, hanno chiesto il non luogo a procedere esponendo una serie di argomentazioni, che però il Gup non ha giudicato accoglibili: i due imprenditori e l’azienda dovranno comparire in aula il 17 gennaio 2023 avanti il presidente del Tribunale, dott. Pasquale Liccardo, per quella che sarà però solo un’udienza cosiddetta “filtro” e di smistamento nel corso della quale sarà definito il calendario delle udienze del dibattimento vero e proprio. 

Nella precedente udienza del 16 giugno il giudice aveva accolto tutte le richieste dell’avv. Dario Eugeni, del Foro di Bologna, che assiste i genitori, i fratelli e le sorelle della vittima unitamente a Studio3A-Valore Spa, società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, a cui tutta la famiglia di origine di Laila si è rivolta attraverso la consulente legale Sara Donati. Allora erano state ammesse sia la costituzione di parte civile nei confronti di tutti e tre gli imputati sia la citazione del responsabile civile, ossia la compagnia di assicurazione dell’impresa, Allianz, ma nel frattempo i congiunti della vittima sono stati tutti risarciti: il rinvio, allora, era stato concesso proprio per consentire ai legali degli imputati di esaminare gli atti di costituzione e le relative istanze. 

L’avv. Eugeni quest’oggi ha conseguentemente revocato la costituzione di parte civile e ritirato l’istanza di citazione del responsabile civile, “ma anche se la legge ci impedisce di stare e di incidere nel processo – commentano i familiari –, ciò non toglie che continueremo a seguirlo da vicino nella speranza che vengano riconosciute e perseguite tutte le pesanti responsabilità dei datori di lavoro, che sia fatta giustizia e che Laila, e con lei tutti noi, possa ottenere almeno un briciolo di tutto quello che si merita. Per noi è come se fosse successo ieri”.

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