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Il terzo trasportato su di un ciclomotore 50 di cilindrata, non omologato per un secondo passeggero, è considerato corresponsabile per i danni subiti a seguito della caduta. Pur tuttavia, conserva il diritto ad essere parzialmente risarcito dall’Ente gestore della strada se l’incidente è avvenuto a causa della cattiva manutenzione della stessa. Lo ha stabilito la Corte d’Appello di Lecce, con la sentenza n. 1085 del 9 novembre 2016, appena pubblicata, accogliendo il ricorso dei genitori di un ragazzo, diciassettenne all’epoca dei fatti.

In primo grado la domanda era stata bocciata dal Tribunale per intervenuta prescrizione. La Corte territoriale però, preliminarmente, ha affermato, con riferimento al danno da lesioni personali da incidente stradale, che secondo l’articolo 2947 comma 3 del codice civile, qualora il fatto sia considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche all’azione civile. E nel caso esaminato, sussistono gli estremi del reato di lesioni colpose (mentre non ha rilievo la mancanza di querela), per cui si applica il termine quinquennale di prescrizione e non quello biennale, valido in ambito civile.

Riguardo poi alla questione del terzo trasportato, la sentenza afferma che dall’istruttoria è emersa la perdita di controllo del mezzo da parte del conducente con la conseguente rovinosa caduta dei due ragazzi. Ciò, prosegue, comporta una corresponsabilità nella causazione del sinistro del passeggero poiché il ciclomotore era abilitato alla guida del solo conducente. Infatti, secondo l’orientamento giurisprudenziale maggioritario di Cassazione (n. 10526/11), «qualora la messa in circolazione di un veicolo in condizioni di insicurezza sia ricollegabile all’azione o omissione, non solo del conducente, il quale prima di iniziare o proseguire la marcia, deve controllare che questa avvenga in conformità delle normali norme di prudenza e sicurezza, ma anche del trasportato, il quale ha accettato i rischi della circolazione, si verifica un ipotesi di cooperazione colposa dei predetti nella condotta causativa del fatto evento dannoso». «Pertanto – prosegue la citazione –, in caso di danni al trasportato medesimo, sebbene la condotta di quest’ultimo non sia idonea di per sé ad escludere la responsabilità del conducente, né a costituire valido consenso alla lesione ricevuta, vertendosi in materia di diritti indisponibili, essa può costituire nondimeno un contributo colposo alla verificazione del danno, la cui quantificazione in misura percentuale è rimessa all’accertamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità».

Tuttavia, prosegue la Corte, si è anche dimostrato che il conducente (che era stato già risarcito dal comune di Lecce, proprietario della strada) aveva perso il controllo «a causa di una buca colma d’acqua, presente sul manto stradale». E, sempre secondo la giurisprudenza, è pacifica la responsabilità (per cose in custodia ex articolo 2051 Cc) dell’ente gestore della strada quando l’incidente è da ascrivere alla negligenza nella manutenzione, anche sotto i profili della scarsa illuminazione e dell’assoluta mancanza di segnalazione delle “insidie”. Dunque, conclude la decisione, nel caso specifico, da un lato, è stata provata la verificazione del sinistro e l’addebitabilità della responsabilità in capo al Comune, proprietario della strada, con esclusione della responsabilità del conducente e quindi della compagnia assicurativa; dall’altro, l’attore appellante, ha assolto l’onere in ordine alla prova dell’avere subito un danno, che è stato determinato in 16.918 euro complessivi. Nella liquidazione però la Corte ha detratto il 30% della cifra a causa della accertata corresponsabilità del terzo trasportato.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Responsabilità della Pubblica Amministrazione

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